Monthly Archives: Marzo 2007

Quelli che partono

li riconosci sempre per i loro ciao leggeri, che non danno appuntamenti
– ci vediamo presto,
domani oppure mai –
per le promesse che dimenticano, e per come le regalano
sapendo che non contano

Quelli che partono ti raccontano in anticipo dei viaggi
e se stai attento ti puoi accorgere che è un avvertimento
Non sempre hanno bisogno di partire per andare
potrebbero sparire anche perché non hanno tempo

Quelli che partono non ti cercano, ma si lasciano inseguire 
e se restano delusi si convincono che è meglio
Una notte ti confesseranno di avere un po’ paura
che la loro libertà non faccia compagnia

Però quelli che partono non si arrenderanno
sanno bene cosa conta e che cosa diventare
alcuni non progettano nemmeno quale meta
eppure hanno deciso, e sono già partiti.

Quelli che restano, coglioni, tenteranno di convincerli
– per loro è così ovvio il terrore di lasciare –
cercheranno di legarli per paura
e gli altri, per paura
scapperanno

Quelli che restano ci litigano sempre, sulle priorità,
su cos’è importante
poi irrimediabilmente s’innamorano
e la fine della storia non la sanno raccontare.

Ecco perché non scrivo da un po’

la mia mano destra rotta

Le mie Parche hanno un notevole senso dell’umorismo:

Lunedì 19 arrivava la macchina coi comandi manuali che aspetto da mesi.
Lunedì 19 c’era lo scritto di latino. Giovedì 22, l’orale. Per preparare bene quest’esame ho lasciato indietro tutti gli altri.
Domenica 18, mentre gioco una partitella informale con la squadra di basket vicentina, un avversario commette fallo venendomi addosso lateralmente. Mi ribalto. Frattura scomposta di 4° e 5° metacarpo della mano destra. 

E qui le Parche hanno deciso di salvarmi il culo, ché poteva andarmi molto peggio.

[E potrei raccontarvi altre cose, ma digitare con una sola mano è troppo palloso per chi aveva le dita più veloci del west. E poi, devo studiare. O mi preparo storia medievale da 10 crediti in venti giorni, o, avendo perso latino, in questo cazzo di primo semestre avrò dato un solo esame.]

Come diventare paraculo in pochi mesi

Dovendo analizzare il finale dei Promessi Sposi per il seminario di preparazione alla prova scritta ecc ecc, ho pensato di riesumare il caro vecchio quaderno d’italiano di seconda (ci sono ancora tutte le sequenze di sistica memoria… sniff). [Seguono dodici paragrafi di commenti nostalgici]

Ora, fra tali antichi codici rinvenni due versioni diverse del medesimo manoscritto, databili rispettivamente all’estate 2002 e al successivo gennaio, che molto lachmannianamente mi consentono di seguire l’evoluzione in senso paraculista del giovane IlaPensiero.
Tali manoscritti riportano riassunto e commento de "Il barone rampante", e appartengono al noto genere letterario delle "schede del libro" – arma didattica che affliss.. affliggett.. beh, ha afflitto generazioni di studenti, almeno finché non discese sulla terra in loro aiuto S. Google da Stanford.

Trascurando alcune lievi differenze tra le due lezioni del riassunto, è nel commento personale che emerge nettamente la svolta paraculista. Riguardo alle cause del cambiamento, il dibattito critico è tuttora vivissimo: c’è chi propende per una spontanea riduzione dell’aggressività di origine adolescenzial-ormonale, chi sottolinea l’influenza del pensiero sistico-diplomatico, e chi addirittura ipotizza diretti interventi sistici sul testo.
Bisogna sottolineare, comunque, che la variazione è soltanto a livello stilistico: in entrambi i manoscritti, infatti, l’idea centrale resta un giudizio superficial-quattordicenne, che candidamente esprime la necessità di divertirsi con una bella trama mandando al diavolo le allegorie. (E’ bene che l’autrice se lo ricordi, quando sputerà spocchioso disprezzo verso qualche marmaglia di pargoli casinisti e annoiati, dicendo "ai miei tempi non ero così". No, no, ai miei tempi ero proprio così).
Ma ciancio alle bande, ecco le due versioni del testo:

Estate 2002
"Questo libro non mi è piaciuto per niente. Preferisco i libri realistici, logici e razionali – mentre questo racconta una storia irreale, e contro ogni razionalità. Avrà pure mille significati simbolici ma… per me è molto meglio una storia sì ricca di significati, ma anche con una trama avvincente."

Gennaio 2003
"Non sono riuscita a leggere con piacere Il barone rampante, che consiglierei a chi ha già una certa familiarità con romanzi di questo tipo, li può comprendere meglio e sa apprezzare anche parti dal ritmo lento che a me sono sembrate un po’ noiose."

[Mi rendo conto che questo post è completamente inutile, ma a me ‘sta cosa faceva troppo ridere]

Sarebbe peggio

scoprire di aver puntato tutto su una scommessa persa, o scoprire che vincere quella scommessa non importa più?

[- Sei buffamente ingenua e sedicenne quando trai conclusioni così affrettate
– Lo so, ma altrimenti non mi diverto
– In realtà tu non hai bisogno di qualcosa in particolare, ma di una speranza qualunque da inseguire
– Certo, fallita una ne invento un’altra
– E quando sperare una cosa significa fare delle scelte?
– Spero lo stesso, e scelgo sbagliato
– Dici che hai scelto sbagliato?
– Non eri tu che mi rimproveravi le conclusioni affrettate?
– Quando pensi che deciderai se ne è valsa la pena?
– Quando sarà troppo tardi per tornare indietro
– Mi sembra razionale!
– Certo: se smettessi prima di essere arrivata in fondo, mi tormenterei per sempre: chissà se la vittoria era proprio dietro l’ultima curva?
– Vedo che leggere il Deserto dei Tartari in seconda liceo ha effetti collaterali per tutta la vita
– Assolutamente
– Assolutamente cosa?
– Assolutamente e basta. E’ un avverbio stupendo: non vuol dire proprio un cazzo.
– Questa conversazione sta diventando assurda.
– Però mi diverte
– E’ la seconda volta che lo dici. Tu ti diverti con cose assurde
– Tipo sperare e scommettere?
– Tipo.
– Credo di esserne fiera
– Però con Dio non lo fai, eh?
– Oh, lascia perdere
– No, dico, su Dio ti sei rotta di scommettere, eh?
– Sì.
– …Sì?
– Sì, contenta?
– No. Tu?
– Nemmeno
– Ah mi pareva
– Ma questo ora non c’entra
– Già, non c’entra
– …
– …   .
– …?
– .

– E’ un sottile artificio letterario per portare alle estreme conseguenze l’incomunicabilità beckettiana, vero?
– Uh-uh.
– Insomma, la società contemporanea, il Novecento, la solitudine nella metropoli, i media, gli sms, le mezze stagioni.
– Esatto.
– Il riscaldamento del pianeta?
– Anche.
– L’atomica dell’Iran?
– Pure.
– Turigliatto?
– Aspetta
– Cosa?
– Aspetta, tu, guarda
– Dove?
– No, sai, mi ero voltata un secondo per bere
– …E?
– C’è il tramonto dalla finestra
– Vabbè, tutti i giorni
– …
– Oh, sì, i tetti incendiati, bla bla. Allora tiratela perché stai al sesto piano e c’hai l’orizzonte in casa.
– …Ecco, vedi.
– Cosa?
– Vedi perché tu non puoi divertirti a sperare?  ]

Una cosa so:

prima ero cieca, e lo sono ancora.

 

Bastante allarme bastante amore

[Un bosco in penombra. Un bosco aspro e montagnoso che ha visto vecchie battaglie – ci potresti trovare un elmetto, divise disfatte, ossa scheggiate rimaste sottoterra.
Qualcuno avanza incerto – cauto e rabdomante; assaggia il terreno coi piedi, attento e rispettoso, con precisione di medico e zelo da sacerdote; cerca di farsi strada tra le piante fitte che lo respingono…
E intanto parla al bosco]

Dovrebbero gli assaggi essere cauti e rabdomantici
come mosse di biopsie o di liturgie –
e per questo fecondi, come tu li accordi per tua natura
anche quando pare tu li ricalci,
quando tu falci all’
improvviso ogni cammino –
tabù
di piante invorticate e rintanate giù giù:
……………………………………
e nessuno nessuno nessuno
divinerà toccherà eviterà
con bastante allarme bastante amore
– o bosco ancora e sempre rapinatore
entro il tuo stesso vantarti fantasma-
nessuno rasenterà con adeguato rapimento
e pallore di morte e di speranza
il tuo irriccirti in divieti/avvitamenti,
i tuoi grumi di latitanza,
i crolli rabbiosi nei buchi delle tue tenebre
che sono scrolli graziosi entro gli scrigni delle tue tenebre

(Andrea Zanzotto, "Certe forre circolari colme di piante – e poi buchi senza fondo")

…non è finita; il resto si può leggere qui, verso metà pagina.

Follia interpretativa arbitraria, forzata, ingiustificata e personale:
prendete quel bosco – che era il Montello, vedi prima guerra mondiale – e rendetelo qualcos’altro. Qualcun altro, ad esempio; che so, qualcuno che vieta, che latita, che avete visto crollare in buchi tenebrosi dove però – voi lo sapete – in realtà c’è qualche tesoro. 
Fatto? Ok.

Ora ascoltate quella specie di grido infantile e disperato – nessuno nessuno nessuno – e sentite come cantano le parole così, ritmicamente – con bastante allarme bastante amore/o bosco ancora e sempre rapinatore – quindi figuratevi nella mente quel qualcosa/qualcuno, e voi a guardarlo da lontano con rassegnata empatia, pensando che nessuno, nessuno si abbandonerà a quel rapitore con rapimento, né avrà sufficiente conoscenza per predire, delicatezza per toccare, abilità per evitare gli aculei – né, soprattutto, bastante allarme bastante amore.

[Abbiamo trasmesso: "Viaggi mentali dopo Bertoni", ovvero "Quel che dà ancora un senso a questa facoltà"]

Però

Dicono che per scrivere poesie bisogna essere tristi
infatti questa non è una poesia
è solo un andare a capo senza regola
così
a
caso

Perché se per scrivere poesie bisogna essere tristi
stasera
non posso scriverne

L’altro giorno ho parlato di un palco
cui manca un’attrice, sparita fra le quinte
prima del tempo
– d’improvviso il regista
ha tagliato la parte
e i compagni rimasti
domandano
Perché?
(Ma il regista ordina e non spiega
Forse lo farà a sipario chiuso?)

Oggi ho visto un silenzio nero
raggomitolarsi fuggendo
da un’incomprensione disperata
E ho misurato la mia inutilità
inciampando nel vostro groviglio
di spiegazioni mancate
(Non posso
districarlo)

Quanto a me, m’ero convinta che non importasse
e che potessi lasciarlo confondere fra i conoscenti
Invece al rivederlo anche il mio cinismo ride
dei propri inutili buffi autoinganni
– ci restano addosso troppe parole
per essere due che si scorrono via –
(No certo, mi sbaglio
so che mancherà il tempo)

Però

– l’ho sentito subito, m’ha avvolto uscendo
dal portone di fuori
e ho respirato –

c’era proprio un bel vento, stasera. 

[Perché mai si è sempre tristi senza ragione, mentre per esser felici dovrebbe servire per forza qualche motivo?]

Avrà cambiato religione, ma il pontifex è sempre quello

"…Alla celebrazione dei diversi riti erano preposti i collegi sacerdotali: il più importante, per casta e per ruolo, era il collegio dei pontefici (collegium pontificum), con a capo il pontefice massimo (pontifex maximus), il quale non solo amministrava le cose sacre ma vigilava affinché il diritto civile non contraddicesse quello sacro".

(I. Dionigi, Verba et res, La lingua religiosa)