Monthly Archives: Febbraio 2008

La rivalsa dell’anima

Secondo Peter Brooks, il vuoto spirituale creato dal razionalismo settecentesco diede vita, nella letteratura, all’immaginazione melodrammatica – cioè la tendenza a enfatizzare gli eventi quotidiani, rendendoli patetici, caricandoli emotivamente più del normale. Lì si sfogherebbe la naturale tensione umana all’emozione "forte", non più rintracciabile nel soprannaturale.

Secondo Bagnasco, l’anima si ribella al razionalismo rifugiandosi nella superstizione.

Tiziano Terzani, percependo che l’ospedale newyorkese era efficiente con le cellule ma trascurava la sua totalità, preferì andarsene sull’Himalaya col suo cancro.

Insomma, quest’anima rompe e rivendica spazi.

Se avessi tempo, scriverei qualcosa di bellissimo sull’argomento. Siccome non ce l’ho, pensatelo voi.

Contraddizioni

Trovato su un blog:

1) Forza Italia e Udc votarono l’indulto.

2) Berlusconi ha messo in libertà (o ci ha provato):

se stesso, con:

– la depenalizzazione del falso in bilancio (legge n. 61/2002) (grazie alla quale è stato assolto in varie occasioni, come il caso All Iberian nel 2005, perché il fatto non costituiva più reato) 
– l’introduzione del divieto di sottoposizione a processo delle cinque più alte cariche dello Stato tra le quali il presidente del Consiglio in carica ("Lodo Schifani", 140/2003), mai entrata in vigore in quanto dichiarata incostituzionale 
– la riduzione del tempo necessario alla prescrizione (che cancellava gran parte dei fatti oggetto di contestazione nel processo sui diritti TV verso Berlusconi) ("Legge ex-Cirielli", 251/2005) 
– l’introduzione dell’inappellabilità da parte del pubblico ministero per le sole sentenze di proscioglimento (DL n. 3600) 

Cesare Previti (fortunatamente poi condannato lo stesso) e probabilmente molti altri con

– la legge sulle rogatorie (legge n. 367/2001, vedi anche qui) (che impedisce di utilizzare prove raccolte all’estero raccolte con procedure diverse da quelle italiane). Tra i beneficiari, il boss del contrabbando Francesco Prudentino, il mafioso Giovanni Pozzi, e chissà quanti altri imputati delle migliaia di processi a rischio in seguito alla legge sulle rogatorie. Altre storie concrete reperibili su internet: tre boss nigeriani del traffico di droga e prostitute.
Non sono riuscita a trovare statistiche complessive dei processi bloccati. 
– la "legge Cirami" sul legittimo sospetto (Legge n. 248/2002), utile a rallentare il processo

Così, giusto per informazione a quelli di destra, un po’ distratti.

Da ciò discende che

– Vidmer*, comunque si scriva, è anticiellino.

– Io sono religiosa.

– La Chiesa non è credibile. 

*(noto capopopolo dei ciellini locali)

[Logiche conclusioni a partire da semplici premesse.]

Ma che genitori simpatici che ho

Biglietto in cucina: Siamo a bologna a passeggio, forse torniamo per pranzo, altrimenti, digiuno quaresimale

Etica elettorale

Il dibattito etico non è semplice, ma è semplificabile. Si può ridurre ai princìpi: e se nn tutti capiscono di economia o giurisprudenza, tutti hanno dei princìpi. 
Per difendere i princìpi non serve informarsi sui contenuti, perché i contenuti sono i princìpi stessi, che ciascuno ha in sé e conosce bene. Non si vincono i dibattiti grazie a competenze concrete, ma per abilità argomentativa e capacità di fondare teoricamente le motivazioni.
Spesso non c’è nemmeno bisogno di dimostrare logicamente le motivazioni date, perché molti, riguardo ai princìpi, hanno più fede che convinzione. I voti delle vecchiette non si conquistano razionalmente. Toccare i princìpi significa smuovere dimensioni ataviche, passioni inconsce, istintive percezioni di bene-male. Il marocchino è pericoloso, il gay è perverso, il forzitaliota è ladro. Le spiegazioni che li giustificano si elaborano a posteriori, per suffragare ciò che si sente con ragioni comunicabili; ma non sono fondamentali.
Per questo parlare di princìpi è molto più avvincente che discutere situazioni reali e dettagli legislativi.

Chi discute i princìpi può anche rivendicare l’onore di difendere le idee più importanti, da cui il resto discende. Si dice: vanno stabiliti quelli, per primi, perché i dettagli ne saranno conseguenza; e se non si concorda sulle premesse ideologiche, come ci si può accordare sui dettagli?
Sfortunatamente, le reali opposizioni su temi di principio sono pochissime. Sono i tòpoi del dibattito etico, ciclicamente risorti dalle loro ceneri referendarie. Riguardano nei fatti pochissime persone, ma la loro discussione impegna e accende tutti gli animi, grazie alla semplificabilità di cui sopra.

Affinché qualche altro tema diventi degno di attenzione, deve essere camuffato da opposizione ideologica e trasferito sul piano etico. Sarebbe piuttosto noioso analizzare i pro e i contro di una legislazione sulle convivenze, meglio difendere i valori della famiglia. Sarebbe pedantesco studiare la regolamentazione e l’utilità effettiva delle intercettazioni telefoniche, ben più appassionante gridare all’invasione della privacy. Sarebbe complesso esaminare le conseguenze culturali dei flussi migratori e sperimentare possibilità di integrazione, molti più semplice difendere le radici cristiane d’Europa. Sarebbe lungo confrontare i dati sulla recidiva dei carcerati e di chi accede a pene alternative, più immediato mostrare un bimbo trucidato in televisione e gridare che chi sbaglia deve pagare.
E si potrebbe andare avanti.

Tutto ciò per dire
che la prospettiva di un’altra campagna elettorale mi atterrisce.

Dimenticare

In un tema alle elementari scrissi ch’era impossibile.
Poi mi sono disperata perché, agli altri, riusciva troppo in fretta.
Adesso anche il mio oblio gira in background, e nessuna icona avverte della formattazione.
Ma se cerco tra i processi in corso, pesco lembi di pelle contro pelle, voci mescolate, una foglia in mezzo al diario, quel vecchio biglietto.

Lasciando fuori

quel ch’è fuori, per una volta
– parcheggio e resto dentro, spenti i fari, posati i tergicristalli, il diluvio sul vetro e nell’autoradio un vecchio Einaudi – ma guarda, è il pezzo che ascoltavo girando per quel parco, in eterna attesa – e lo stesso che ballai nella mia stanza, festeggiando un’improvvisa mail – e piaceva anche all’Ele, è vero, già lei chissà dov’è – (buffo quante cose in solo un pianista d’accatto) –

Lasciando fuori tutti loro, dicevo
e planando piano piano nel ricordo mio – un paio d’occhi sopra i tetti, la finestra spalancata per finger primavera in casa – una che affacciata fischiettando immaginava se un giorno forse mai chissà sarebbe uscita
per solo una passeggiata o un’attesa a un angolo di strada – un angolo scelto

Pensando questo al mio posto di guida – nell’attimo che ho scelto, creato e dilatato, soltanto per veder sul parabrezza che effetto fa la notte in gocce deformate – dopo un giorno come tanti di giri passaggi epifanie

vorrei incontrarmi

lì mentre ero alla finestra, e mano sulla spalla dirmi a voce bassa che il tempo passa in fretta, e inventa più di me.

Eiscafé

riflesso a berlino

Un bar di vecchie fughe, quello davanti scuola, dove la mattina ci s’accalcava nei divanetti, incontrando immancabilmente un professore in pausa caffé.
Adesso di sera, con un amico.
Apre il menu, c’è una voce insolita. Cos’è un Eiscafé?

L’Eiscafé è il tavolino sul marciapiede di un bar, dove lontano, tra le case, s’intravede la torre della televisione di Alexanderplatz. Sono io che corro su quel marciapiede fino alla fermata dell’autobus per capirci qualcosa degli orari in tedesco.

L’Eiscafé è il mio dito che scorre su un menu incomprensibile, assillando la Fra perché traduca qualcosa di commestibile; sono le foto in sequenza sconnessa e sfuocata di una lotta al tavolino del bar, e la cameriera praghese che chiede se il gelato lo vogliamo only ice

L’Eiscafé è lo Starbucks dove Eda si sporca come in qualunque altro posto,
ed è una notte che si torna per Monaco cantando ubriachi – ma io come sempre lo sono già troppo o non abbastanza, e non posso cantare.

[Flashback. Ho voglia di viaggiare]