Monthly Archives: Marzo 2006

Allo stesso tavolo

Io e mia sorella mangiamo spesso allo stesso tavolo. Non insieme: allo stesso tavolo.
Ci salutiamo solo a volte, senza una particolare ragione. Stasera, per esempio, no. Sono entrata in sala, ho preso posto in silenzio e ho cominciato a sforchettare. Non guardo mai mia sorella; sposto gli occhi dal piatto alla televisione con aria assente. Il telecomando lo tiene lei e fa zapping di continuo. Non sembra le interessi qualcosa. A me ancor meno, perciò non parliamo neanche per dirci di cambiar canale. Se non mi piace la tv guardo nel vuoto o leggo l’etichetta della bottiglia.

Poco fa, mentre mi mettevo il formaggio sulla pasta, m’è capitato di pensare a chi c’era, lì, seduta accanto. Mi sono ricordata che ha venticinque, no, ventisei anni. V-e-n-t-i-s-e-i anni. Senti come pesa ogni lettera. Se lei ne ha ventisei io ne ho diciotto. D-i-c-i-o-t-t-o. Naa, diciotto pesa meno, diciotto è ancora stupido come numero, sa di liceo, di casino e di incertezza. Ma ventisei. Dovrebbe esser grande. Avere, che ne so, una vita sociale ben piantata, un lavoro, una certa disinvoltura ad arrangiarsi fra le cose.

Ho scoperto su internet che si sta per laureare. La triennale, ancora; ma beh, lavora al museo. Quando non si fa fare il certificato medico per stare a casa, almeno. Argomento della tesi, letteratura cristiana antica.
Non sono sicura che sia normale avere una sorella che si laurea tra una settimana e scoprirlo scrivendo il suo nome nel campo ricerca laureandi.

Dicevo, stavo mettendo il formaggio sulla pasta e mi s’è fermato il cucchiaino in mano. Perché l’ho vista con la coda dell’occhio, l’ho vista per un istante più lungo del solito, ho contato i nostri anni e ho immaginato di aggiungerne ancora, di non sentire più la mamma spentolare in cucina o papà che entra coi commentini fuori luogo. 
Così mi son detta che allora, se abiteremo qui, mi siederò a quel tavolo con pensieri nuovi; magari starò rimuginando su qualche lavoro, o mi chiederò cosa dire a una persona, una che ora cammina la sua strada a svariati chilometri di futuro dalla mia. 
E lì accanto starà, zitto, il lembo più vecchio e sbiadito di una vita che non conosco, né ho mai conosciuto. Dalla cucina verrà silenzio, e noi non saremo insieme.

Vabbè

Immagino che questo dovrebbe essere un giorno da ricordare, in qualche modo.

[Segue piccolo sorriso triste]

Ma tu guarda come mi capisce Mattia Pascal

– Il cuore forse ce l’avrei; ma io sono anche giusto, signorina; mi guardo allo specchio, con questo bel pajo d’occhiali, che pure sono in parte pietosi, e mi sento cader le braccia: « Come puoi tu pretendere, mio caro Adriano, » dico a me stesso, « che qualche donna s’innamori di te? ».
– Oh che idee! – esclamò la Caporale. – Ma lei crede d’esser giusto, dicendo così? E’ ingiustissimo, invece, verso noi donne. Perché la donna, caro signor Meis, lo sappia, è più generosa dell’uomo, e non bada come questo alla bellezza esteriore soltanto.
– Diciamo allora che la donna è anche più coraggiosa dell’uomo, signorina. Perché riconosco che, oltre alla generosità, ci vorrebbe una buona dose di coraggio per amar veramente un uomo come me.
– Ma vada via! Già lei prova gusto a dirsi e anche a farsi più brutto che non sia.
– Questo è vero. E sa perché? Per non ispirare compassione a nessuno. Se cercassi, veda, d’acconciarmi in qualche modo, farei dire: « Guarda un po’ quel pover’uomo: si lusinga d’apparir meno brutto con quel pajo di baffi! ». Invece, così, no. Sono brutto? E là: brutto bene, di cuore, senza misericordia. Che ne dice?
La signorina Caporale trasse un profondo sospiro.
– Dico che ha torto, – poi rispose. – Se provasse invece a farsi crescere un po’ la barba, per esempio, s’accorgerebbe subito di non essere quel mostro che lei dice.
– E quest’occhio qui? – le domandai.
– Oh Dio, poiché lei ne parla con tanta disinvoltura, – fece la Caporale, – avrei voluto dirglielo da parecchi giorni: perché non s’assoggetta, scusi, a una operazione ormai facilissima? Potrebbe, volendo, liberarsi in poco tempo anche di questo lieve difetto.
– Vede, signorina? – conclusi io. – Sarà che la donna è più generosa dell’uomo; ma le faccio notare che a poco a poco lei mi ha consigliato di combinarmi un’altra faccia.
Perché avevo tanto insistito su questo discorso? Volevo proprio che la maestra Caporale mi spiattellasse lì, in presenza d’Adriana, ch’ella mi avrebbe amato, anzi mi amava, anche così, tutto raso, e con quell’occhio sbalestrato?
(Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal)

Uscendo da messa

ho incontrato una mia maestra elementare, dopo un paio di secoli. Senza esitare un attimo m’ha chiesto:

L – Allora hai deciso cosa fare dopo? Avvocato o giornalista?
I – …
L – …o politica?
I – Uhm… Politica sicuro, per hobby ^^ Il resto vedremo….

Apperò, si capiva già a dieci anni quel che sapevo fare: scrivere e rompere le scatole.

Niente, mi sembrava un bel colore

tetti al tramonto da camera mia

E voi li avete strappati

striscione in 5° C 

Nella nostra classe c’è una colonna, accanto alla lavagna, dove avevamo attaccato diversi fotomontaggi e un sacco di foglietti con le migliori castronerie dette dai professori. Quelli passavano, gironzolando dietro la cattedra, davano un’occhiata e sorridevano, chi più chi meno; qualcuno ogni tanto controllava se avevamo aggiunto qualche sua frase.
Non abbiamo scritto sui muri. Abbiamo attaccato un po’ di foglietti con il mio scotch da due soldi, non rischiava di venir via neanche l’intonaco.
Per darvi un’idea, a Natale disegnammo sulla finestra con la neve spray, lasciammo un post-it sul vetro avvertendo che avremmo pulito noi, e infatti durante un’ora buca s’è lavato tutto a dovere.

Sulla colonna l’altro giorno non c’era più nulla. La preside ha fatto togliere e buttar via ogni cosa.

Allora mi sono incazzata
C’è gente che sporca e smonta e distrugge senza riguardo a nessuno, noi c’eravamo inventati una cosa carina e l’abbiamo fatta in modo civile, ma questo alla ruspa dei regolamenti non interessa; né conta se quei foglietti per noi erano memoria* – sì, un po’ come quella su cui ci propinano conferenze e progetti; però la nostra è una piccola memoria di stupida vita scolastica, e allora si può strappare e gettar via, chisenefrega!
Tappezziamogli l’aula di roba, ho detto; qualcuno ha aggiunto scriviamoci queste cose, sì, lungo tutto il muro, tre lettere per foglio, bene in alto perché sia difficile toglierli.
Così, abbiamo impiegato una provvidenziale ora buca per consumare un pennarello rosso su una cinquantina di fogli.

Adesso, entrando in quinta C, si vede sul fondo, in alto, una frase lunga una parete e mezzo.

C’è chi imbratta, chi sporca, chi offende. Noi volevamo solo rendere immortali i nostri momenti che ora nessuno ci renderà.
Voi li avete strappati.
(La Lolli ha voluto aggiungere: non abbatterete lo spirto guerrier ch’entro ci rugge! ^^ )

Tiè.

[E anche se siamo riusciti a battibeccare sulla grafia con cui scrivere e altre scemate, anche se ultimamente abbiamo i nervi a fior di pelle, anche se i tre o quattro che se ne infischiavano c’erano sempre, mi è piaciuto quel mettersi lì, in catena di montaggio, a lavorare insieme per la nostra reazione. Ché nonostante tutto, alla fine, sono un po’ orgogliosa della mia classettina]

*Abbiamo cercato di recuperarla, quella memoria. A forza di rileggerle e riderci su, un po’ di frasi le ricordavamo. Se qualcuno ne ricorda altre, si faccia avanti nei commenti!

La fisica è donna, e come tale traditrice!
Cos’è una ragazza madre oggi? Una single aggressiva!
Il ping pong è la masturbazione del tennis
Quando nasce un figlio si ha il terrore che salti fuori il negretto!
L’aquila è bicipite… bicapite… bicuspide…
Dovremmo comparare questo sonetto a una poesia di Catullo… ma d’altronde anche no!
(prof Sisti): le sistole… che, per inciso, non sono mie parenti…
(prof romana dde Roma) Ma che a Bologna se dice Massini?
Sfera positiva   sfera sorridente

**Censura** …scendi dal pero! (quella di storia insulta amabilmente quella di religione)
Se fate zero fratto zero la calcolatrice vi esplode!
E’ come se Berlusconi dicesse: proletari di tutto il mondo unitevi!

Fretta

acquarello

Non ho intenzione di ingrigirmi gli ultimi mesi di scuola per colpa dello studio. Ho dato un’occhiata alla prova di matematica, ho dedotto che non potrò MAI arrivare al cento, indi anche quella infinitesimale motivazione è svanita.
Non mi resta che leggere Leopardi, cercare un argomento per la tesina che mi piaccia, sfogliare per curiosità l’ultimo tomo del Luperini (ché tanto so non ci arriveremo mai), scrivere sul blog, inviare lettere, fare l’avvocato del diavolo nei gruppi cattolici e partecipare a svariate attività socializzanti. In sintesi, godermi la vita.

‘Azzo, è un affare, non prendere cento.

[Sì, sì, mia sorella faceva la A al Galvani ed è uscita con 60/60 e lode. E chissenefrega.]