Monthly Archives: Luglio 2008

Realtà

L’avevo già scritta, una scena così. Quel parco umido, minacce di temporale, e me di sotto, che non me ne voglio andare. L’avevo scritta anni fa, in quell’inizio di quindici pagine che resteranno sempre solo un inizio.

Così – sembrava buffo – mi sono seduta proprio nella mia pagina, cioè, panchina, a lasciarmi piovigginare addosso leggendo il blog di Pessoa (Il libro dell’inquietudine. Ditemi se non pare un blog!). Magari poi sarebbe accaduto anche tutto il resto.

Ma alla panchina hanno divelto un’asse; il tappo di birra, conficcato da anni ai suoi piedi, s’è arrugginito e non si legge più. Non arriva nessuno dal viale, e sul prato non calano orchestre sbucate dall’emmepitré.

Soltanto, seguivo con gli occhi il rauco rotolare dei tuoni tra i grigi, e poteva bastare.

[Nel mentre: estive serate Kubrick, divani a parlare di sogni e neuroni, Amici che s’appiccicano, colloqui ed esaltanti progetti di futuro, garage imolesi, domani parto.
A presto.
]

Due filologi e un post

[Libere interpretazioni dell’ultimo ermetico parto di Tartufone]
[Abbiamo proprio tempo da perdere]

…Capitoli:

 

I – secondo te cosa vuol dire l’ultimo incomprensibile post di tartufone? necessita studio filologico molto approfondito
G – crudamente?
I – mm.
G – parole messe insieme in base al suono.
I – dài, un senso deve esserci. Ora, solo perché è tartufone e non petrarca.
G – non necessariamente… tartufone adora stupire con i suoi trucchi.
petrarca non lo faceva semplicemente perchè non voleva farlo, ma avrebbe potuto.
burchiello lo ha fatto.

Tasso alcolemico e tappeti rossi 

I – ma dai. secondo te chi è il tu? dio?
G – una lei. Clamore in fa diesis, la cascata di marmo insanguinata dal reccàrpet
e la luce di prosecco magnifica e pendente. questo è vino.
I – a parte il prosecco, nel resto dov’è il vino?
G – la cascata di marmo insanguinata
I – ecco, cos’è?
G – in fa diesis… un’atmosfera musicale e giocosa.
la cascata di marmo… un ambiente raffinato, dove si suona e si beve.
un ritrovo, un convito magari in un palazzo
I – e reccàrpet?!
G – …wikipedia?
I – ma dev’esser un gioco di parole
G – sicura?
I – se cerchi su google non trovi granché
G – mm
I – potrebbe essere red carpet!
G – forse un altro vino?
I – tappeto rosso, red carpet con la festa ci sta
G – stiamo ingranando :D vediamo il resto.
Tutto il languore di Verlaine più 0,43, una leggera assenza sinaptica, una lacuna.
quella cifra m’inquieta. e avvalora la mia ipotesi che siano suoni.
verlaine = maledetti francesi = feste, droghe, assenze sinaptiche
I – mm.. sì lo 0.43 mi resta ignoto però. dài, non sarà a caso.
G – suoni vuoti. o forse allucinazioni dovute alla droga.
I – 0,43. tasso alcolemico?
G – hai ragione. il vino ha un tasso alcolico il che, connesso con verlaine etc etc…
insomma, un festino alcolico poetico drogaiolo
I – sì, ma non il tasso alcolico del vino, sarebbe troppo basso. il tasso alcolemico nel sangue.

DD per gli amici

G – si, ancora più azzeccato. Scendi tu come da nube. Chi ministra gli astri e spartisce le maree?
Chi ti condurrà oltre l’atrio e il mio sguardo assassino? La folla degli invitati recalcitra e ondeggia.
nube, astri, maree = donna o Dio. comunque presenza divina, nomotetica
I – sì esatto lui mischia spesso le due cose. "lui", poi. diciamo che copia illustri precedenti.
G – però questa presenza deve abbandonare il festino.
l’io poetico non sembra avere un rapporto placido con lei.
(montale, non rivoltarti nella tomba)
I – (perché non dante, allora)
G – (ma sarebbe di seconda mano, è montale il coinvolto)
I – (cioè?)
G – (la donna folgore)
I – (mm, già.) ma torniamo a noi.
G – si. tartuf… l’io poetico. non sembra avere un rapporto tranquillo con la donnaDio.
chiamiamola donnaDio.
I – DD per gli amici.
G – DD sia. ma sembra Dylan Dog!
I – ahahahha
G – ah, no, quello è DYD. dunque lo sguardo assassino…
apparentemente la folla degli invitati al festino rumoreggia
perchè non vuole che la DD venga allontanata. o lo vuole?
recalcitra… cioè, non vuole. ma cosa?
I – che DD arrivi?
G – l’atto che sancisce l’inimicizia tartufone – DD è già stato compiuto?
ah, ma la DD è GIA’ alla festa, penso.
I – scende come nube
G – al party verlainesco.
I – poi c’è un’altra entità – quella che dovrebbe amministrare astri e maree –
che dovrebbe condurre anche lei
G – Scendi tu come da nube. Chi ministra gli astri e spartisce le maree?
Chi ti condurrà oltre l’atrio e il mio sguardo assassino?
La folla degli invitati recalcitra e ondeggia. ma aspetta, non sono la stessa?
I – non è esplicito. non è da dare per scontato, secondo me.
G – non ha il gusto di evitare lo iato.
I – anche perché dice "Chi ti condurrà…" quindi c’è un chi e un tu
G – però, dai, siamo sul fonosimbolismo spinto: minISTRA gli ASTRI
I – beh, è tartufone
G – a me pare che colui che ministra etc. sia colei che è invisa a tartufone.
la stessa che scende dalla nube. come nube, anzi.
I – lascia sospeso che sia invisa… non ne sono affatto certa
G – la connessione è stretta, tra nubi, astri e maree… è invisa: lo sguardo è assassino.
c’è un conflitto. o forse è erotismo.
I – ma più tardi l’aspetta
G – eeehi, a quel punto ci arriviamo DOPO.
I – e si convince della sua perfezione
G – mo’ passo per passo.
Scendi tu come da nube. Chi ministra gli astri e spartisce le maree?
Chi ti condurrà oltre l’atrio e il mio sguardo assassino?
La folla degli invitati recalcitra e ondeggia.
la DD se ne deve andare (dopo essere stata condotta da chi ministra etc.)
ma il pubblico non vuole che se ne vada.
I – non sono d’accordo
G – spiègati.
I – leggi attentamente. ci sono due entità: un TU che scende, che arriva,
e un CHI evocato – ma assente – che avrebbe il compito di condurre il TU
G – esatto. e fin qui.
I – non c’è nessuno, per ora, che la conduce. nemmeno la folla: infatti recalcitra e ondeggia.
G – eh, la folla non vuole che se ne vada condotta dal CHI.
I – ma da dove trai che se ne sta andando?! sta arrivando: scende
G – OLTRE l’atrio: via. scende, ma se ne va subito.
…no, a pensarci bene scende ed ENTRA. hai ragione.
I – esatto. alè!!!
G – epperò lui ha lo sguardo assassino. ma dunque la folla è sconvolta dall’apparizione di lei.
I – può darsi. fin qui abbiamo abbastanza chiarito, direi di andare avanti e capiremo meglio
G – m. asp. è assodata la tensione erotico-sanguigna dell’io poetico nei confronti della DD?
I – secondo me sì, ma soprattutto in virtù delle strofe successive.

Benzoino: l’orzata da festino

G – Mi sfiori, il benzoino. Già ti pèrdono i silenzi, ti pèrdono i seduti, ti pèrdono i voltati.
Per quell’unico palpito solo mi convinci della tua perfezione.
E se perfetta circolare, tornerai qui, dove ti aspetto. benzoino?
I – profumo
G – "Benzoino, nome scientifico: Styrax benzoin Dryander o Stirax benzoides
Craib della famiglia delle Styracaceae.
Pianta arborea o arbustiva, odorosa, delle Policarpali, con fiori a ombrella o capolino e frutto a drupa;
da esso si estrae un olio odoroso usato in profumeria. Del benzoino si utilizza la resina, Benzoe F.U.,
che contiene benzoato di coniferile, leggermente tossico, che viene impiegato per la cura di dermatiti
da contatto e la cura dello herpes simplex labiale.
Le aree di produzione sono quelle Siam, Laos, Vietnam, Cambogia, e Thailandia.
Dal benzoino viene estratta l’essenza principale con cui si produce l’orzata in Italia."
ORZATA, ILA! BEVANDA DA FESTINO!
e siam sempre lì! certo, ANCHE il profumo, correlativo oggettivo di lei.
ORZATA, ILA! BEVANDA DA FESTINO! e siam sempre lì! certo, ANCHE il profumo, correlativo oggettivo di lei.
I – da dizionario: "resina profumata estratta da tale albero, ricca di acido benzoico,
usata in medicina e profumeria"
…scusa, ma da quando l’ORZATA è da festino!?
G – l’orzata è una bibita gassata da fighetti
I – …a me ricorda più una specie di tisana.
G – …ma è tipo gazosa, ve’. …o no?
I – "L’orzata si presenta sotto forma di sciroppo di colore bianco lattiginoso
da allungare in acqua fresca". non credo.
G – (wikipedia, io ti venero)
I – e poi scusa
G – ma è a base di mandorla, ila… come il latte di mandorla
I – si sfiorano… cosa gli trasmetterà, l’orzata o un profumo!?
G – e vabbè, ambivalenza… certo che il profumo
I – ok, vada per l’ambivalenza
G – ma anche la bibita… l’atmosfera da festino
I – cmq secondo me c’è sicuramente una citazione dietro che noi non sappiamo
G – ovvio che il significato principale è il profumo
I – non ha messo proprio il benzoino a caso. chissà chi lo cita.
G – sicura?
I – no, ipotizzo. ma qui non ci possiamo arrivare, andiamo oltre

Il conflitto delle interpretazioni

G – il congiuntivo.
I – quale?
G – mi sfiori (dio, questi iato)
I – congiuntivo!?! io pensavo (tu ) mi sfiori, come scendi tu
G – mi sfiori, il benzoino. la virgola. congiuntivo esortativo o concessivo, penso.
"mi sfiori pure, quell’odore".
I – …secondo me è "mi sfiori, (sento) il benzoino"… beh sono possibili entrambe
G – un po’ ardita, questa sintassi.
I – non avevo pensato alla tua
G – l’usus?
I – e poi è tutto rivolto a un tu, sia lo "scendi tu" della strofa precedente
sia i verbi successivi, "già ti perdono…"
quindi anche "mi sfiori" lo vedrei rivolto al Tu
G – può essere e può non essere. non sento pencolare verso uno dei poli.
I – sì teniamole entrambe
G – ma quella virgola…quella virgola… è la virgola del concessivo, vedi…
mi sfiori pure, quel benzoino!
I – massì ci può stare boh andiamo avanti
G – andiamo. Già ti pèrdono i silenzi, ti pèrdono i seduti, ti pèrdono i voltati.
I – vediamo… chi è che la perde? i silenzi, i seduti, i voltati.
quindi tutti quelli che… sono in qualche modo passivi.
G – si. che non reagiscono a lei
I – esatto
G – c’è un’indifferenza generale
I – esatto… d’altra parte prima la folla recalcitrava e ondeggiava
G – il colon trimembre anaforico crea un senso di definitivo.
I – anche lì c’era diffidenza
G – recalcitrava e ondeggiava per lo stupore. poi si cheta.
I – in ogni caso non va verso di lei, si tiene a distanza
G – si sono spenti. COLON TRIMEMBRE ANAFORICO.
peccato per tutti quegli iati! mi torturano la bocca
I – ma che cazzo è ‘sto iato!?
G – amen. incontro tra due vocali. di due parole diverse. una alla fine, una all’inizio.
I – ah ok. cmq DD provoca un palpito con cui il nostro si convince della perfezione.
una specie di illuminazione
G – per quell’unico palpito solo mi convinci della tua perfezione.
E se perfetta circolare, tornerai qui, dove ti aspetto.
I – DD ha un "movimento" circolare: è scesa, l’ha sfiorato, se ne sta andando ..MA tornerà
G – palpito a chi??? a chi l’ha provocato?
I – all’io
G – al Nostro, presumo.
I – esatto
G – manca un verbo in ‘e se… circolare’
I – e se (in quanto) perfetta (sei) circolare… dato che il cerchio è notoriamente forma perfetta
G – …sintassi ardita… il cerchio degli etereni ritorni.
I – conosco il mio pollo.
G – ooooh tenerezza ^^
I – comunque.
G – si.
I – lui sta lì, aspettando il ritorno. e poi descrive quest’attesa

Assassinii

G – quando il cerchio si chiuderà.
In piedi, timido e orante, e i grani del rosario le scalfiture del tamburo della colt tra le mia dita
sotto il doppio petto (sotto pelle) sotto il vociare e il trapestio (sotto tutto).
I – già. aspetta in un modo che avvalora l’associazione donna-dio;
però ritorna il motivo dell’assassino che dobbiamo ancora spiegare bene.
G – la vuole uccidere. ma perchè.
I – questo è inspiegabile, credo. cosa c’è "sotto"?
G – nell’intimo. interiori intimo meo.
I – ma cos’è che sta sotto… la colt? non vedrei il senso.
anzi forse sì, beh, una colt sotto al doppio petto ci sta.
e metaforicamente la voglia di uccidere sotto pelle, nell’intimo ecc
e sotto la confusione quotidiana del vociare e del trapestio.
G – si.
I – mm. ok. resta da capire perché uccidere DD!
G – i grani del rosario… le scalfitture…
I – beh, è nel parallelismo donna-dio e assassino-orante
G – minme percezioni tattili. di nuovo, estenuazione delle percezioni dovuta al festino drogaiolo
I – già
G – e la sua volglia di uccidere è sotto tutto, è il massimo segreto, la massima intimità.
I – sì
G – perchè uccidere.
I – ..conoscendo tartufone, potrebbe essere semplicemente
la trasposizione poetica dell’ultimo film d’azione che ha visto -.-
G – comunque è fin troppo astratto e fonico. sa molto di accattivazione gratis.
I – ahahah… beh sarebbe coerente col suo stile

…Ma CHI è Tartufone?!

G – ma chi è tartufone, ila?
I – cioè?
G – chi è?
I – non ne ho idea. è chiusissimo e impenetrabile nella sua identità, il modo in cui scrive lo dimostra
G – già. come sfondarlo?
I – ahahah ma no, perché sfondarlo. ha diritto alla sua privacy.
G – ennò. noi si deve INTRUDERCI! santo cielo.
I – giulione, mòderati
G – io sono immoderato, via.
I – lo so bene -.-
G – ma via, vo bene così.
I – eh che dobbiamo fare. io quasi quasi gli mando questa conversazione
G – siiii la postiamo come commento?
I – sarebbe troppo lunga… ero indecisa se farne un post io, o mandargliela via mail
G – … ok, anch’io voglio farci un post. mettiamoci d’accordo.
I – no, tesoro, l’idea è mia, uè U.U
e IO so formattare il testo in modo che sia leggibile mwuahuahauha
G – … ANCHE IO! >.< …eppoi l’idea l’ho avuta quando l’hai avuta tu.
mentre analizzavamo la prima strofa. tiè.
I – beh possiamo sempre postare a reti unificate.

 

 …E così fu. Controllate su Monte Analogo.

Festa G.

Esser chiamata ad andare per prima, a preparare i panini, ed esser pregata di restare per ultima, a supporto morale.

Accorgersi a un tratto di essere altrove, lontano dal cerchio di sedie, e come non vista spostare lo sguardo fra gli invitati che parlano a coppie – in numero dispari, naturalmente.

Giocare alla conversazione, osservandola spalmarsi placida nella formina, mentre asseconda curve di battute tristi (troppo insicuri per deviazioni originali) e trovare nella debolezza altrui una specie di sollievo: non sarò condannata per imperfezione.

Un pendio di abeti neri contro la notte abbagliata – c’è la luna alle spalle – una testa ruvida sulle ginocchia e un bacio in fronte.

Cose molto semplici

Beccarsi per caso in un parchetto sovraccarico di simboli, appoggiarsi a un cancello verde e riassumersi le vite, tormentando col pollice il chiavistello arrugginito.
("Non torno a prendere i ricordi". Io, sempre)

Scambiarsi confidenze impreviste dietro una finestra – di msn – e trovarsi ad ammettere lucidamente carnali, impoetiche verità. Tipo quella che si diventa liberi da un desiderio solo dopo averlo soddisfatto, e scoperto insufficiente.

Il reale interesse

Se Berlusconi vuole garantirsi l’immunità per la durata del suo mandato non è perché ha paura della galera, ma perché si rende conto che una eventuale condanna lo costringerebbe alle dimissioni, e bloccherebbe sul nascere quell’opera di rinnovamento e di rilancio che è riuscito ad avviare […].
Ora, io mi domando quale sia il reale interesse dei cittadini: vedere condannato il premier per una oscura vicenda di corruzione risalente a molti anni fa, o addirittura per avere raccomandato, da capo dell’opposizione, alcune attricette alla Rai, o permettergli di portare avanti senza l’incubo di una continua persecuzione giudiziaria un progetto di governo che – forse – ci aiuterà a stare tutti un po’ meglio?
(Livio Caputo su “Il Bologna” del 2/7/2008)

E’ quasi convincente. Via, lasciamo che rubacchi per i fatti suoi – tanto lo fanno un po’ tutti – basta che non rompa le scatole a me, che non s’infili nel mio giardino.
E andrebbe pure bene. Bandiamo ogni moralismo, spazziamo l’etica sotto il tappeto (da risollevare in fretta e furia in caso di aborti ed eutanasie) e diamoci al più essenziale utilitarismo. Guardiamo solo al nostro giardino. Ma guardiamoci davvero.

Il giardino intero, dico, non i quattro fili d’erba sulla soglia. E accorgiamoci che impedire le intercettazioni serve a Silvio ma manda a puttane quasi tutte le indagini italiane (anche quelle sul ladro ch’è entrato nel mio giardino), che bloccare i processi serve a Silvio ma ne ferma altri centomila, che se non possono indagare su Silvio non solo non sapremo se manda sgualdrine a corrompere senatori (pagati coi nostri soldi ed eletti coi nostri voti e che legiferano sulla nostra vita), ma nemmeno se usasse il suo potere per compiere qualunque tipo di reato che va contro il nostro “reale interesse”: ipoteticamente, dal vendere il Ponte sullo Stretto a una banda di mafiosi che lo costruisce in sughero per cui ci crolla sotto il culo, al raccomandare come primario d’ospedale un chirurgo deficiente che ucciderà tua madre.

Questo è il nostro giardino. E se il nostro interesse è tenerlo pulito, non possiamo togliere le forbici ai giardinieri.

Certo, da sempre la grande aspirazione dell’uomo è una vita senza giustizia, no?

"Il problema di questo paese è la giustizia che influisce nella vita di tutti i giorni di ogni cittadino e va anche dritto dritto nel cuore dell’economia". (Silvio B.)

…Magari.

Manca giusto il ragazzo del vicolo.


Sigur Ros, Ara batur (Barca a remi)

“E’ commovente, ma se chiudo gli occhi vedo te. è proprio la tua musica.
cioè, fa paura.
mi sembra di vederti, che fissi la gente con quel tuo sguardo da gioconda
e sotto la musica che cresce
e tu che te ne vai con un ragazzo in un vicolo
mentre la musica cresce, e cresce, e cresce, e la tua vita ha un senso.”

(Giulione)

La felicità

 

è un concerto dei Sigur Ros (a che serve drogarsi, quando si può chiudere gli occhi e sentir vibrare la pedana di legno e i bassi dentro le ossa e i flash oltre le palpebre e i coriandoli sparati sulla gente e l’alternarsi – così vero – di tromboni scanzonati, battimani follettosi e cosmica acutissima malinconia?)

un ritorno a Ponte Vecchio, molti anni (sì, sempre di quelli che si contano in sé stessi lasciati alle spalle) dopo quella fotografia

tre virgola tre chilometri di solitaria libertà

e un tè freddo in un bar vuoto lungo l’Arno – con Rino Gaetano a deridermi dall’altoparlante, per non farmi poetar troppo sul paesaggio.


(Sigur Ros, Fljotavìk)

(…Ma non vi viene da piangere? é.è)

Michele Mari, da Cento poesie d’amore a Ladyhawke

Fedeli al duro accordo
non ci cerchiamo più.
Così i bambini giocano
a non ridere per primi
guardandosi negli occhi
e alcuni sono così bravi
che diventano tristi per la vita intera.

Sarà per caso

tra moltissimi anni – di quelli che non si misurano in giorni, ma in se stessi gettati alle spalle – passerai svelto in via Zamboni, e ti chiamerò
E siederemo magari allo stesso posto del primo giorno, per raccontarci – ma stavolta con le spalle dritte e un sorriso azzurro senza più paura
Riderai un poco di te, e io di me; sarà passato abbastanza tempo – abbastanza se stessi – per non vergognarsi, e poter dire ma guarda che scemo che ero, lì ad aspettare
mentre fuori passava veloce una vita – un po’ come al negozio di tabaccheria

"Ma ora sono innamorato", dirai, "di una ragazza, della vita e perfino – ridendo – perfino di me stesso
Non so com’è stato e perché, ma un giorno che stavo alla finestra sul mio paesaggio infinito, contando le nuvole
a un tratto mi son dato un ceffone in fronte, mi sono voltato e ho sceso le scale"

I compaesani avran visto un omino correre urlando sui monti, quel giorno, avran detto "che pazzo", e invece era proprio il giorno
che lui guarì
e imparò finalmente a rotolarsi nel fango – ma senza diventarlo mai; ad affondare la faccia in poltiglie di terra e di carne – senza smettere di guardare in alto

"E quando alzi la testa e le vedi ancora, le nuvole" chiedo "non hai un po’ di nostalgia?"
"Perché dovrei, le nuvole, non potevo abbracciarle. E in tutto quel tempo che le ho guardate, nemmeno una di loro è scesa da me".

Sarà per caso, tra moltissimi te, o forse domani; intanto io guardo il mio paesaggio infinito, e prego ogni volta di veder correre urlando, laggiù, un omino col tuo profilo.