Monthly Archives: Gennaio 2006

“Sic transit gloria mundi”

M’ha messo un po’ tristezza, pensare che anch’io avrei risposto boh. Ma in fondo, non fa più male. Quasi.

Cinque stranezze

Hanno incastrato anche me nel giochino delle cinque stranezze che gira per blog in questo periodo… et voilà.

Il primo giocatore inizia il suo messaggio con il titolo “Cinque tue strane abitudini”, e le persone che vengono invitate a scrivere un messaggio sul loro blog a proposito delle loro strane abitudini devono anche indicare chiaramente questo regolamento. Alla fine dovrete scegliere 5 nuove persone da indicare e linkare il loro blog. Non dimenticate di lasciare un commento nel loro blog o journal che dice “Sei stato scelto” (se accettano commenti) e ditegli di leggere il vostro.

1) Guardo il mondo da circa un metro sotto la media; ne consegue che, tra la folla, dispongo di ottima visuale dei culi altrui.

2) Fischietto sempre. Fischietto qualcosa che conosco o, se sono ispirata, compongo intere sinfonie. Fischietto anche per strada, se è una giornata in cui sono particolarmente coraggiosa; altrimenti quando sono da sola – e specialmente mentre traduco una versione di latino. (Oh, ci sono tanti di quei tempi morti, sfogliando il dizionario…)

3) Soffro di sindrome da disegno compulsivo. Se ho una matita in mano e un foglio nel raggio di trenta centimetri, quel foglio smetterà di essere bianco entro breve. Si va dal ghirigoro al ritratto di chi mi sta di fronte, passando per studi vari delle mie mani e paesaggi in genere. Le conseguenze sono due: a) se rivendessi i miei libri scolastici, non me li pagherebbero una cicca – almeno, finché non diventerò una famosa artista U.U. b) quando la Garelli mi sgama, s’incazza perché sono disattenta.

4) Dispongo di tre o quattro calligrafie completamente diverse, da sfoderare all’occorrenza. Vendesi lettere minatorie per ogni necessità.

5) Ho un’attaccamento maniacale ai luoghi simbolici, legati a qualche ricordo. Sono in grado di restare ore intere a contemplare ebete un posto importante, perdendomi in conversazioni immaginarie con gente che non c’è.
No, ok, non sono schizofrenica. E se lo fossi, mi piacerebbe restarlo.

Passo il testimone ai miei cinque compagni blogger – e a chiunque altro voglia raccoglierlo!

Ore buche

[Post ad Alta Concentrazione di Ironia]*

Vorrei esprimere la mia opinione favorevole alla delibera del Collegio dei Docenti, che impone ai professori di svolgere sempre lezione, anche durante le sostituzioni in classi diverse dalle loro.

Innanzitutto non capisco l’obiezione di chi sostiene che insegnanti di altri corsi non poterbbero fare lezioni utili a quella classe, non sapendo come è stato svolto il programma fino a quel momento, e non essendosi preparati l’argomento da svolgere. In fondo, i programmi sono sempre gli stessi; e se sono uguali le nozioni da imparare, che importa chi le insegna? Il prof non è che un mezzo, uno strumento anonimo e passivo che trasferisce informazioni da una mente all’altra; se cambia il mezzo, non cambia il contenuto.

In ogni caso, una lezione qualunque, anche poco coerente, sarebbe più utile di un’ora persa in chiacchiere: ma avete idea di come vengono trascorse le ore buche?
Nella migliore delle ipotesi, se l’insegnante sa farsi rispettare, i ragazzi studiacchiano per l’interrogazione dell’ora dopo; addirittura, a volte cominciano ad aiutarsi a vicenda, e, come al solito, quelli più bravi sono assaliti da un’orda di assatanata plebaglia, che cerca disperatamente di scroccare una spiegazione o – quale orrore – di corrompere i nobili Secchioni perché facciano copiare i compiti per casa. Tutto ciò provoca un passaggio incontrollato di sapere, confuse lezioni improvvisate da pari a pari, nonché un inevitabile brusio che disturba le classi adiacenti.

Ma quello descritto finora è solo il caso più fortunato. Spesso, infatti, il pigro supplente si limita a correggere i propri compiti (o a leggere il giornale, nel caso dei peggiori mangiapane a tradimento), sprecandosi in un urletto soltanto qualora il volume della confusione superi la soglia del (suo) mal di testa. Nel frattempo, gli studenti senza controllo si riuniscono in gruppetti intorno a qualche banco, dedicandosi ad innumerevoli attività sovversive. La più gettonata è senz’altro la Chiacchiera Inutile et Rumorosa. Nella mia quinquennale esperienza, ho assistito a discorsi dei generi più vari: dal grande fratello alle disquisizioni letterarie, passando per Dio, la fecondazione assistita, il pettegolezzo contro questo o quel prof, zio Ratzy, i troppi compiti per domani, maga Magò, Berlusconi e via dicendo. 
Tengo a sottolineare che questi incontrollati scambi di idee avvengono, durante le ore buche, in condizioni ardue a verificarsi altrove: trovandosi la classe intera costretta a trascorrere un’ora nullafacente nella stessa aula, senza tanti passatempi alternativi, nascono dialoghi improbabili tra persone che fuori da scuola non si incontrerebbero mai. Lì si trovano spesso i germi di nuovi rapporti umani, pronti a infettare la disciplinata attenzione del gruppo classe.

Gli studenti tuttavia non sempre si limitano a provocare confusione di voci e d’idee col semplice chiacchierare: durante le ore buche si svolgono a volte assemblee di classe non autorizzate, in cui improvvisati capopopolo istigano la folla a sostenere progetti eversivi dell’ordine costituito! Ci si occupa, ad esempio, della complessa programmazione delle interrogazioni; o, peggio, si trama alle spalle di qualche insegnante, stabilendo misure comuni per gestire un rapporto conflittuale, magari elaborando assurde rimostranze.

Comunque, non ho ancora citato la conseguenza più grave del lassismo ormai dilagante: nelle ore buche, i ragazzi sono spesso lasciati liberi di uscire dall’aula, senza controllo né sorveglianza; in certi casi, nemmeno uno per volta. Vagano così per i corridoi come anime perse, ondeggiando ebeti attorno alle macchinette del caffè; e quando gli capita di incontrare un altro compagno errante, ecco che riprende il deprecabile chiacchiericcio, disturbatore della quiete scolastica. Se poi gli capitasse di incrociare un professore, che avesse anch’egli un’ora libera, il pargolo potrebbe finire per distoglierlo dalla correzione dei dodici chili di compiti arretrati, intrattenendolo invece in qualche inutile, personale e antipedagogica conversazione!

In conclusione, vorrei invitare gli insegnanti tutti ad applicare minuziosamente le disposizioni ricevute: quando andate in una classe scoperta, non permettete che gli studenti si mettano avanti coi loro compiti, né tantomeno assecondate il loro autonomo dialogo e l’intrecciarsi di legami amicali distraenti. Impedite loro le conversazioni incontrollate, e se addirittura tentassero di coinvolgervi in discorsi estranei alla vostra materia, rimandate a dopo l’orario di lavoro!
Non lasciate che il Fattore Umano vinca sull’Efficienza!

[Quasi quasi questo lo mando al giornalino scolastico. Hi, hi, hi.] 

————
* Nota aggiunta dopo che B. travisò completamente il senso – per la serie "anni di analisi testuale mandati a puttane" :-P (ma bella sbaaaaarbara! smac!) 

Mezz’ora

Avevo mezz’ora da aspettare, ieri, prima di quel corso. Qualche giro a vuoto per i corridoi, sessanta centesimi nelle macchinette. Poi toh, mi vien voglia di fare un salto al secondo piano. Chissà com’è diventata, quell’aula.

Mi sono affacciata nel bugigattolo vuoto degli insegnanti come dovessi salutarci qualcuno; sono passata accanto al muro su cui ci appoggiavamo chiacchierando all’intervallo – quello da dove qualcuno mi lanciò un’occhiata incredula, iniziando a camminare verso di me con le braccia aperte e l’aria felicemente allibita.
Avevano spostato le sedie, attaccato un paio di foto, scrostato qualche scritta sui muri; ma io vedevo tutto come prima, con noialtri sistemati ai nostri posti, le facce un po’ più giovani – e qualcuna in più, che ora manca. Per una volta la mia memoria ha deciso di non fallire, ed è rimasta a obbedirmi finché volevo: fa’ apparire questo, rimanda indietro il nastro, e mi sono infilata dentro un film già visto, accanto alla me stessa di qualche tempo fa.
Ho spostato lo sguardo da un angolo all’altro, liberando le voci incastrate fra i banchi; ho fatto sedere i ricordi al loro posto lasciando che giocassero la loro parte, un copione già scritto che non si può sbianchettare, è accaduto in quel tempo e non era una prova – questi spettacoli si fanno una volta soltanto, improvvisi la parte e nessuno ti spiega il finale.
Allora ho incrociato un sorrisone rosso che non vedrò forse più, mi son fatta risalutare da vecchie persone, ho riso di qualche previsione sbagliata – ché adesso lo so com’è andata a finire – e ho riascoltato una certa canzone, retaggio di un ultimo giorno un po’ triste.

Eppure c’era qualcosa di sbiadito, un’interferenza nelle sensazioni; come guardando distante, non partecipe come prima. E mentre il vento sbatteva sul vetro dicendomi è ora di andare, ho sentito allontanarsi furtiva quell’altra me stessa, coi passi leggeri di un’ombra che lentamente si stacca dal suo vecchio corpo. 

Il Sorriso Psicologico

Mia madre ha proficuamente stabilito di allevare la degna erede della sua attività politico-sociale, così mi sono infiltrata in una riunione al Comune.
Partecipanti: funzionaria distrutta e assessore timoroso, assediati da cinque genitori/parenti di altrettanti portatori di handicap (buffa, l’immagine. Te li vedi, questi, che portano l’handicap in spalla). Special guest, T., interprete del linguaggio dei segni cooptata in qualche ufficio comunale.
Scopo del gioco: evitare scempi architettonici nel nuovo centro culturale dietro casa mia.

Appena infilata sotto al tavolone, mi si è piazzata accanto una giovane capelluta sfoggiante un classico Sorriso Psicologico. Ora, tale Sorriso è caratteristica peculiare di tutti coloro che tentano forzatamente di mettere il prossimo a suo agio. Tipico degli esemplari femmina di Psicologi, Pedagogisti, Educatori e Affini, viene regolarmente estratto al primo incontro; ad esso si associano movimenti morbidi, espressione conciliante, corpo proteso verso l’interlocutore e tono suadente alla Merope Generosa.
Presentarsi così è il modo migliore per guadagnarsi la mia immediata diffidenza. Considerata la situazione, tuttavia, potevo tranquillamente trincerarmi dietro una rassicurante formalità difensiva, nonché installare un mezzo sorriso falsissimo.

T – Ciaaaaao
I – …Salve
T – Ooo ma noi ci conosciamo già sai!
I – Ehm… sì?
T – Sì sì… alla festa del volontariato, ti ricordi! E poi sai che ho letto qualcosa che hai scritto?

TUMP.
(ultimo battito cardiaco. Seguono dieci secondi di terrorizzata apnea con bestemmie anti-Google)

I – …Ah…! E… c..c..cosa? (Allarme! Allarme! Rimontate il sorriso finto!)
T – Un articolo sulla memoria, hai presente?

(Tutte le sinapsi cerebrali raccolgono istantaneamente le memorie utili. Viene deliberato che trattavasi di innocuo articolo, pubblicato sul giornalino scolastico del Santa Teresa. Si ordina ai polmoni di riprendere la respirazione)

I – AAAAAAaaaaaaaah! Eh!
T – …Ti dispiace?
I – No no… nonono! ^^ (perché, cosa te lo fa pensare? Il mio colorito viola non vuol dire nulla U.U)
T – Mi è piaciuto proprio sai!
I – Ehm… grazie!

…Dopodiché mi ha smollato un volantino, cercano volontari. Non so se ci andrò; comunque, prima faranno degli incontri aperti a tutti che non ho intenzione di perdere.

Martedì 24 Gennaio e
Martedì 7 Febbraio
ore 20.30

…andrò a sentire cosa s’inventa questa volta quell’essere imprevedibile di nome Claudio Imprudente.
Vivamente consigliato a chiunque voglia farsi quattro ghigne anticonformiste!

Cratino

Domani sera, verso le nove, starò dietro le quinte di un palco rimuginando sulle mie quattro battute nei panni di Cratino – e il nome è tutto un programma – in attesa di rendermi pubblicamente ridicola.

Lo spettacolo è carino, il mio ruolo del tutto demenziale; e nonostante una parte di me si vergogni un po’, sento che demolire così spudoratamente la mia dignità mi fa bene, in qualche modo. Insegna a prendersi meno sul serio.  

[E non rompetemi l’anima, voi. Lo so che la Licia non piace a tutti come regista, che certi spettacoli sono riusciti peggio e altri meglio, che a volte, forse, ci tratta un po’ come bambini; chi cercava la partona drammatica stillante pathos da ogni battuta ha sbagliato gruppo teatrale. So anche che il significato è andato perdendosi, che nel copione c’è una frase palesemente contraddittoria a livello… ehm.. filosofico e nessuno se n’è accorto, e che di sicuro c’è di meglio.
Però, al momento, non me ne frega niente. C’è pure di peggio; questa è una buona esperienza – a livello teatrale, ma anche umano – e non ho intenzione di fare la schizzinosa. Vorrei, semplicemente, divertirmi un po’.
]  

 

Mi va di sperarlo

"Ci sono alcuni miei studenti che mi hanno fatto vedere i loro blog. Sono rimasto veramente molto colpito dall’intensa poesia che emana dalle loro pagine. Frasi bellissime, mai lette in alcun libro, idee meravigliose, diari strazianti di amori e passioni. E alcuni di loro non vanno neanche tanto bene a scuola, anzi dalla maggior parte degli insegnanti sono considerati ottusi o insensibili. Poi mi sono messo a guardare i siti degli insegnanti e alcuni loro blog. Mi chiedo ma chi sono sono gli insegnanti e chi sono gli studenti? i siti degli insegnanti (oltre ad essere veramente brutti) sembrano creati da uno che si è appena fatto un acido…sono pieni di odio, di gelosia, di discorsi politici senza senso, di cazzate insomma…"

Questo l’ho pescato in un newsgroup di insegnanti.
Ora, in effetti non è vero. Ogni tanto sbircio l’attività blogghico-letteraria di qualche prof beccato in rete, e c’è veramente di tutto, dal deluso all’idealista, dal rassegnato incazzoso all’ironico impegnato. Così come c’è di tutto fra i blog di noialtri, qualcuno posta solo canzoni biecamente copiaincollate, altri sbrodolano chilometri di problemi esistenziali o filosofeggiano; c’è chi scrive come parla, chi balbetta quattro frasi infarcite di kappa e chi perde mezz’ora a controllare se le sue dodici subordinate suonano in modo abbastanza poetico.

Qualche anima profondissima ha risposto scetticamente – per la serie tsk guarda che hanno scopiazzato tutto, ché non sono in grado di scrivere cose sensate – ‘azzo, bello avere tanta fiducia negli studenti.
Ecco, a onor del vero bisogna dire che it.istruzione.scuola pullula di frustrati che dicono di odiare il proprio lavoro, i presidi, gli studenti, Berlusconi, i comunisti, la nebbia e il governo ladro che fa sempre piovere; e considerando che su free.it.cattolicesimo il partecipante più attivo appartiene a una setta neopagana, deduco che il mondo dei newsgroup non sia necessariamente rappresentativo della realtà.
Almeno, mi va di sperarlo.

I puffi rotanti mi comprendono

I – Prof sa che ho dovuto lottare per andare in gita senza accompagnatore?
D – Coi tuoi?
I – No no, i miei son d’accordo, con la preside
D – Beh sì dai, ci sono i compagni…
I – Eh ma sa, hanno tutti paura delle responsabilità…
[Ci ha pensato un po’, ondeggiando il suo testone. Poi ha annuito, serio]
D – Hai fatto bene. Hai fatto bene

[Pare che io l’abbia vinta, questa battaglia – anche se non ci crederò finché non sarò lì davvero. 
A volte ho l’impressione di essere un po’ sola contro i miei mulini a vento, ma forse è così che deve essere, ché solo io posso sapere come e cosa argomentare, sono un’ottimo avvocato di me stessa. Però, l’altro giorno in classe, con la Gras che strippava i suoi t’arrangi e l’Ele che le rispondeva a tono, con gli altri che avevano capito, m’è sembrato che qualcosa mi si stringesse attorno. E forse, stavolta, ho vinto un po’ di più.]

 

Sono un po’ stanca,

stasera. Sono stanca di uscire dall’ufficio della preside sbattendo la porta, di dover strappare con le unghie e con i denti ogni brandello di libertà; sono stanca di saper argomentare alla perfezione un’arringa ciceroniana su qualche argomento filosofico, per poi sentirmi crollare la voce quando si parla di me. Sono stanca di litigare con dei muri sordi, di spiegare perché non posso fidarmi di chi dice “sì sì è accessibile” senza sapere di cosa sta parlando, di essere guardata dall’alto in basso, protetta, tutelata, assistita e sistemata da chi sa cos’è meglio per me ancor prima di chiedermelo. Niente per noi senza di noi.

Ma sì, domani mi passa e si torna a lottare, a incazzarsi, a cercare circolari su internet – perché non cambierà, sai, anzi sarà sempre peggio, meglio che ti abitui alla gente incapace. E poi sei una con le palle, tu, certo che te la caverai, sai difenderti e sai attaccare – è una vita che ti alleni contro i mulini a vento.
Già. Però oggi – solo per oggi, dai – avrei voglia di sfilarmi l’armatura, deporre le armi per un po’, prendere in prestito il corpo di qualcun altro e, semplicemente, fare quel che fanno tutti.

Roma

io e giovanni

(foto by Manola)

Ecco a voi l’esplosivo contatto delle migliori Teste della blogosfera (non per vantarmi, ma una è mia U.U)!

Ho rinfrescato nella memoria qualche fotografia sbiadita dei luoghi ove si accampò la gloriosa Seconda C, la via dei fori (c’è ancora quello che suona), la statua di Cesare, Benna che fa nonna Abelarda, con Juorge (robin hood e little john…), l’angolo di piazza Venezia dove una pianse e s’accorse a consolarla, ma io non sapevo come fare e rimasi lì sentendomi inutile; piazza di Spagna ricoperta di folla e la metro inaccessibile (mi accompagnarono a piedi, un paio di buone samaritane, fino alla stazione).

Ma soprattutto: lo stomaco che ti fa tutto il giro del corpo mentre aspetti al binario e finalmente si scioglie quando t’arriva incontro quella faccetta sorridente, le risate in romanesco, diaz in santa maria degli angeli, quel percorso assurdo per attraversare la strada, i sanpietrini stronzi, la fase Alberto Angela ai fori – e il tempio?, le librerie – com’è che non andiamo a fare shopping…?, “La notte dei blogger” che t’ho regalato – che altro avremmo potuto prendere, noi!, le peripezie in piazza di Spagna – no raga, ho paura!, villa borghese coi busti letterariamente inquietanti nonché decapitati, il risciò assassino e lo scatto giovanneo, le cupole dal Pincio – ‘ndo sta il Pantheon?, gli zingari – razzista!, il taxi per la stazione – hai visto… abbiamo parlato senza bigliettini^^, i saluti appannati dal finestrino.

(Uff. Te pare, Dio, di farne due con lo stampino e piazzarli a cinquecento chilometri di distanza?)

Cose che ho imparato:
1) Gli amici sono spesso utili, ma non sempre. Ci sono cose che bisogna fare da soli – e non perché gli altri siano egoisti o non disponibili o indifferenti. Solo, non puoi chiedere quel che non si sentono di dare.
2) C’è una persona su cui posso contare davvero. Anche se non ci vediamo tanto, anche se abbiamo preso strade diverse, lui c’è. Farei qualunque cosa per te – sì, l’ha detto scherzando; eppure, non è molto distante dal vero. (Grazie, Luca)
3) Prendere in mano la propria vita in questo modo dà un’ebrezza speciale. Ma la libertà vera sarebbe poterlo fare senza nascondersi.*
4) Giova’ non è timido quanto mi aspettavo; io non sono timida quanto mi aspettavo. Ed è strano, ma bello, vedere che effetto fa mescolare la confidenza interiore con la assoluta non conoscenza fisica.

*Pregasi di censurare accuratamente questo post con chiunque assomigli a un mio familiare