Monthly Archives: Aprile 2010

Dissertazioni psicowebbiche – 4

4. Le Frasi Assurde

“Che pensi?”

Vi è mai capitato, prendendo un caffé con una persona, di domandarle: “Come sei di carattere”?
E quando qualcuno a una festa vi ha chiesto dei vostri hobby, avete mai fatto una pausa, preso un sospiro, e risposto serafici: “Mi piace passeggiare al tramonto, così, per sentire l’arietta di primavera, poi mi piace pensare tra me e me, immaginando conversazioni impossibili; oppure affondare sul divano di un amico e lasciarsi andare liberamente a discorsi assurdi…”…?

Immagino di no. Perché i discorsi normali non oltrepassano i precisi confini di certi cliché. A un’attenta analisi, non sono quasi mai veri. Ad esempio, quanto ai miei hobby, la risposta convenzionale sarebbe stata, che so: fare teatro. Eppure ci dedico un centesimo del tempo e della passione che riservo alle conversazioni immaginarie… :)

Quando si scrive, invece, si ha tutto il tempo di bypassare le risposte automatiche. Si può disegnare a piacimento un’immagine di se stessi – che non è falsa, anzi potrebbe essere ben più vera dell’altra, semplicemente rappresenta una parte di sé che, in una conversazione comune, non emergerebbe mai.

Se cade il bianco – equivalente del silenzio – si può risolvere con un: “Che pensi?”, parecchio imbarazzante da dire vis à vis. E continuare così, costruendo forzatamente una conversazione con domande come: cosa stai pensando, cosa stai facendo, dove sei…

Dissertazioni psicowebbiche – 3

3. Dichiar-Azioni

“[pallina89 si avvicina a pinco87 e lo abbraccia forte forte]
[pinco87 violenta pallina89]”

Un’aspetto tipico delle chat, e del tutto irriproducibile nella realtà, è la possibilità di dichiarare azioni. E’ un’abitudine che ho preso ai tempi gloriosi di ExtremeLot (prego, un secondo di silenzio per ExtremeLot), e che è più nota ai giocatori di ruolo; ma ci mette poco a contaminare la comunicazione di chiunque.
Per pallina89, cui si bloccano le braccia ogni volta che vorrebbe dimostrare affetto, è assai più facile tentare un abbraccio di pixel, per vedere che effetto fa. E pinco87 può così verificare senza danni se a un suo approccio reale seguirebbe denuncia o notte di fuoco.

Questo provocherà situazioni molto particolari. Perché, quando Pinco e Pallina si vedranno dal vivo, psicologicamente saranno due che si conoscono da tempo, e si sono già scambiati tutta una serie di effusioni. Perciò al primo incontro avranno già finito di corteggiarsi, e non avranno bisogno di chiedersi molti permessi.

Dissertazioni psicowebbiche – 2

2. Il Trip

“Mi piacciono le giornate di sole, in primavera”.

Può bastare una frase così per trasformare una personaqualunque in una personaffascinante. PersonaQualunque probabilmente l’ha detto solo perché ora, finalmente, può giocare a pallone tutti i giorni senza rotolarsi nel fango; ma si dà il caso che contemporaneamente, dall’altra parte del wireless, PersonaPoetica si stesse commuovendo per una fantastica nuvoletta rosa che passava di lì nel cielo azzurrissimo.
Allora PersonaPoetica esclamerà vittoriosa: “Oddio! C’è empatia!”, e comincerà a percepire una magica empatia anche in frasi come “vado in bagno”, se per caso nello stesso momento scappava anche a lei.

Dissertazioni psicowebbiche – 1

…Ma parliamo un attimo delle conoscenze virtuali.

Ho conosciuto un mucchio di gente su internet. Prima che pensiate io sia una gobba nerd, che vive in una stanza con la tapparella sempre chiusa e si alimenta di merendine, avverto che ho conosciuto anche un mucchio di gente fuori da internet.
E che la mia finestra non ha nemmeno le tende.

In questo e nei prossimi post, considerazioni sparse su alcune peculiarità di questa forma di comunicazione.

1. Le Possibilità
Immaginate di passare la vostra giornata in una biblioteca fatta solo di pause pranzo (metafora per universitari) o in una discoteca che trabocca di persone disponibili (metafora per dissoluti). Sulla porta, c’è un enorme imbutone in cui le Parche rovesciano di continuo nuova gente, di solito ben disposta a socializzare. E immaginate che questo possa capitarvi tutti i giorni, a qualunque ora vogliate.

Non abbiamo mica più bisogno di affacciarci alla finestra, stando ad osservare Silvie per lunghi anni – magari costretti a soprassedere sul fatto che Silvia ha i baffetti e il sedere un po’ grosso, perché è l’unica che passa sotto la nostra finestra. Adesso, se Silvia non ci caga o non ci aggrada, ce n’è senz’altro un’altra, appena sfornata, a cui chiedere haimsn?.

Tutto ciò è senza dubbio affascinante. E provoca dipendenza, perché proprio nel momento in cui stai pranzando di là, l’occasione giusta potrebbe lampeggiare al tuo monitor (oggi le occasioni non bussano alla porta, lampeggiano al monitor).

Non basterebbero cento vite per avere lo stesso numero di possibilità, anche supponendo di uscire tutte le sere ed essere brillanti, socievoli, interessanti e simpatici.
Cose che, di solito, non si è.

Perché non ti apri?

Io cercavo di raccontarti qualcosa di me
– ricordo la mia camera com’era allora, tu a dondolarti sulla mia sedia, e a toccare le cose, a giocare con le mie cose (che rabbia,
se le rompevi!) –

tipo: un’improvvisa scoperta sul Bene e sul Male, un’idea geniale per Cambiare Il Mondo,
o, peggio, gli ultimi due centimetri di contorno che avevo tracciato, finalmente, attorno un’emozione scoperta
– peggio ancora, un’emozione che riguardava te

e tu, lo ricordo bene, scherzavi, o cambiavi argomento.

Lo ricordo bene perché ho cambiato il tu, in sette anni, ho cambiato moltissimi tu,

ma mi sento costantemente allo stesso modo, fissata da due occhi vacui che non capiscono,
a cui non interessa

l’intimità

e che un giorno, chiacchierando di una crisi qualsiasi, chiederanno ingenui: perché non ti apri?

[Credo bisognerebbe vietare alle bambine di avere amici maschi, biologicamente più stupidi fino all’adolescenza. Provocano traumi]

L’importante è che qualcosa succeda.

Quando la vita prende una piega aggressiva, quasi graffiante, in cui ti svegli felice, a metà mattina piangi, nel pomeriggio urli di rabbia, in serata ti senti accolta, di notte giochi alle possibilità,

inizia il divertimento.

Tu sei felice?

[Questo mi è capitato veramente, stamattina]

– Ciao
(signora tarchiatella, sui quaranta, mai vista prima)
– Ehm. Salve…
(si allontana tre passi sul marciapiede, si ferma e si volta)
– Tu… tu sei di Bologna?
– Mm, sì. Ma.. cosa.. cosa le serve?
(forse “cosa posso fare per lei” era più appropriato)
– No, beh, è che anche mio figlio, sai, è…
(aaaaaaaaaaaaaah, ho capito)
РLui ̬ infelice.
– Eh… mi spiace…
Tu sei felice?
(sorrido, penso a tante cose, respiro primavera, risorrido)
– Sì.
– Eh, vedi, lui invece no, è sempre triste… così scusa se ti ho fermato eh, ma pensavo… se tu mi dai il tuo numero… poi la felicità si trasmette!
– Eh… Signora, magari. Secondo me la felicità bisogna trovarla prima di tutto in se stessi.
– Certo, certo, ma un po’ aiuta…

[Alla fine, le ho lasciato la mail]

Salvezze

“Nelle relazioni di aiuto c’è questa possibilità di capovolgere il rapporto e di scoprire che chi aiuta è in realtà aiutato. Ma tutto questo consente continui equivoci, sentimentalismi che non hanno né capo né coda e che fanno apparire il disgraziato, reso tale da eventi catastrofici, come un elemento salvifico; fanno apparire la sofferenza come una vera manna caduta dal cielo, perché permette agli altri di diventare salvatori, e il salvatore diventa a sua volta salvato da colui che ha salvato. Questo labirinto può far perdere ogni via d’uscita e può permettere qualsiasi acrobazia dialettica. Per questo è necessario cercare di ancorare la riflessione a microstorie e ogni tanto alzare gli occhi per guardare l’orizzonte, un orizzonte di storia di cui non siamo padroni, ma solo viandanti.”

(Andrea Canevaro, La relazione di aiuto)