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Baratto

– Ma è sicura?
(intonò con aria grave)
– No
(disse tremandogli negli occhi)
– Vuole pensarci ancora?
– No
– E’ un baratto senza ritorno. Ha ciò che chiedo in cambio?
– Sì
(rispose, tendendogli un amore in mano)
– Va bene. E’ libera.

(Allora le porse il corpo di mostro, lei ne indossò la testa, vi infilò le braccia, se lo lasciò scorrere addosso. Poi, non vista, corse, spalancò la porta, si gettò fuori attraversando la città, sgomitò con i passanti – che vedendola non la vedevano – e continuò a correre, dicono le leggende, continuò a correre fino alla campagna, fino all’estate e al mare, fino alla neve e all’inverno, fino a quando, malauguratamente, si svegliò.
Alzatasi, si guardò spettinata allo specchio. Delusa, ricordò che non avrebbe mai avuto quel coraggio.)

Ritardi

Quando accadrà – mettiamo che accada, via, prima o poi – e non importa che accada proprio ora, ho passato i sedici anni e anche i diciotto, ho imparato a sopravvivere e aspettare – perché potere e non volere è una situazione nuova che aumenta l’autostima

quando accadrà, dicevo, sarà per tanti versi bellissimo,
ma sarà tardi

sarà tardi e saremo grandi (io mai abbastanza, credo, ma lui sì), sarà tardi per passarsi bigliettini da un banco all’altro, per le attese forsennate davanti al telefono,

per scriversi lettere

e per un mucchio di altre cose stupide e care.

Dato che proprio mi chiedete un’opinione

mi sono informata. Ma sì, sul Papa, ecc ecc.

Non argomenterò nulla, perché il profluvio di parole sulla questione mi par già eccessivo. Cercate su internet; da qualche parte ci sarà anche la mia idea.
Piuttosto, lascio una sensazione.

Io sapevo che Dio – anzi, no, non sapevo nulla su Dio, però mi piaceva immaginarlo così – era sussurro e non grido, candela e non riflettore, omino seduto in un angolo e non folla manifestante, foglia caduta in un prato deserto e non marmo scolpito di chiesa maestosa.
Poi sapevo anche – questo lo sapevo già con più certezza – che tutti, proprio tutti un qualche giorno della loro vita, passeggiando in un silenzio sentono tremar l’aria di vetro e pregano che qualcuno lanci un ciottolo e l’infranga finalmente; o mettendo il piede per sbaglio dentro un tombino del cuore, con terrore ondeggiano sospesi sopra al vuoto che non sanno. Allora, se s’incontrasse qualcuno, si potrebbero bisbigliare illazioni, raccontarsi le storie e le mitologie, o solo accompagnarsi sulla strada, perché al prossimo tombino ci sia una mano tesa da afferrare. Credo che chiunque sarebbe contento di questo.
E se poi, continuando a passeggiare, quello vedesse sulla strada due crocchi con bandiere a urlarsi contro, riderebbe amaramente; deviando il percorso passerebbe lontano, in cerca d’un cantuccio abbastanza silenzioso per sentire ancora quell’aria scricchiolare.

E’ una sfida?

"ma guarda che è una ragazza straordinaria
cioè lascia perdere il libro… 
se leggi il suo blog capisci quanto sia intelligente
e quanto è sensibile
e anche buona sotto la scorza
il blog di melissa p batte i nostri 1000 a 1"

…il mio blog battuto da quello di melissa p. potrebbe distruggere la mia autostima per sempre.

Ho una stima immensa di voi

(ma proprio umanamente, ora che più non ci occorrono le coincidenze e le prenotazioni)

e sono davvero contenta che siate stati sulla mia strada.

[Dovrei organizzare più spesso cene coi prof]

A GiorgioMastrota

[Risposta a questo commento]

Rispondo solerte all’acre mottetto,
pronta a ingaggiar una lieta tenzone:
per nessun verso mi sento in difetto,

e non per le lodi del buon Tartufone.
Qui scrivo infatti per puro diletto,
ché non m’importa di far rime buone:

dei misuratori ho poco rispetto.
Seguo il consiglio di quella scrittrice
ch’ha nome Virginia*, ed ebbe in dispetto

chi rese l’anima sua meretrice,
e senza vergogna d’un atto ‘sì vile
rinunciò a farla del ver portatrice:

ché dei tradimenti è già il più servile
sacrificare anche un solo capello
per onorar qualche legge di stile.

Poi ragionando di cosa sia bello,
che sia soggettivo è un detto arcinoto,
però una parola aggiungere’ a quello:

non faccio verso che sia di me vuoto,
e per chi è del cuore indagator mai dòmo
nulla è più bello di un sincero moto,

amando, più delle lettere, l’uomo.
 

—- 
* "No, per quanto sia delizioso il passatempo di misurare, è sempre la più futile delle occupazioni, e sottomettersi ai decreti dei misuratori, il più servile degli atteggiamenti. Finchè scrivete ciò che volete scrivere, questa è la sola cosa che conta, e se conti per un giorno o per un’eternità, nessuno può dirlo. Ma sacrificare un capello della vostra testa, della vostra immagine, una sfumatura del suo colore, per far piacere a qualche direttore di scuola con un vaso d’argento in mano, o a qualche professore con il suo campione di misura nascosto nella manica della giacca, quello è il più vile tradimento."

(Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé)

Buoni propositi

Ma no, non voglio rivendicare legalmente la proprietà di metà casa, via, tra sorelle. Le dirò che ho pensato di utilizzare la stanza che mi spetta, e che potremmo arredarla insieme – anzi, magari è contenta d’avere una scusa per sistemare la sala; io ci metto anche i soldi, dai, poi potremmo unire le complementari conoscenze, io non ho gusto estetico, lei non distingue un mouse da un telecomando, perfetto, lei sceglie il divano, io cerco il lettore dvd; poi sai mai che sia un’occasione, via ci siamo ignorate vent’anni ma siam grandi sarà anche il caso di superare certi schemi di comportamento, e magari è la volta buona che ci ritroviamo avrà dei lati buoni che non so e sì è proprio ora di fare questo tentativo

– Se vieni a stare da me, io cambio città.

Simpatia.

Il sospetto poetico

[Banalità che si pensano leggendo Università Aperta a colazione] 
[Era un po’ che non si fabbricavano spilli per inculare mosche, eh?] 

"Arrischio questa ipotesi: Dante ha voluto non che pensassimo che Ugolino abbia mangiato la carne dei suoi figli, ma che lo sospettassimo".
(J. L. Borges)

Ora, potremmo dire che l’argentino non arrischi poi molto, dato che il De Sanctis un secolo prima aveva già notato la possibilità di interpretare in vari modi quei versi ("Tutto questo può esser concepito, pensato, immaginato; ciascuna congettura ha la sua occasione in qualche parola, in qualche accensione d’idea"), ed è noto che Dante non scriveva cose a caso.

Ma di questo non mi frega granché. Invece, volevo cogliere l’occasione per un’apologia dell’ambiguità poetica: quella cosa meravigliosa che dà lavoro a tanti mangiapane a tradimento, i quali possono scrivere tomi e tomi di congetture su un verso; quella che consente a studenti di letteratura contemporanea d’improvvisar parafrasi per poesie mai lette, e prenderci lo stesso.
E, soprattutto, quella che dà un senso al poetare.

Perché se io voglio esprimere un concetto, voglio che arrivi chiaro, definito, incontrovertibile, scrivo un paragrafetto in prosa, ci riassumo i miei credo sul mondo e tutti li comprenderanno senza equivoci. Dopodiché possiamo iniziare tranquillamente a filosofarci su.
Se invece mi sforzo ad arzigogolare versi oscuri, le possibilità sono due (sovrapponibili):
1) Sono narcisista, masochista, elitario, bisognoso di fumo per coprire mancanze d’arrosti.
2) Voglio esprimere un casìno, un guazzabuglio di sensazioni sfaccettate, una complessità poliedrica, un’incertezza, un gioco di specchi. Voglio che una parola significhi una cosa ma te ne ricordi un’altra e suoni come un’altra ancora, così con una parola sola ti accennerò tre cose, e tu lettore, se avrai la pazienza di non scappare ma aprirai un po’ l’immaginazione, in qualche modo inspiegabile nel loco d’ogne luce muto vedrai lo scotch che imbavaglia il sole e ti sentirai premere dal buio nell’accalcarsi di o e di u

Però, c’è un però che mi attanaglia.
Il gioco di specchi funziona se c’è qualcuno, di qua, a specchiarsi. Una parola può ricordarne un’altra se c’è qualcuno, di qua, a ricordare. Da ciò discende la banalissima banalità che la poesia – come un libro, come un’idea, come me – trova senso e vita nella sua comunicazione.
Cosa che, diciamocelo, non avviene. Nessuno legge poesia, via. A momenti nemmeno io, beh io un po’ sì, ma mi obbligano, e poi la colonna lì a sinistra andrà pur aggiornata ogni tanto.

A questo punto, è troppo facile dire che il popolo è bue e noi, nobili bovari, non ci possiamo far nulla (dove quel noi comprende letterandi, letterati, poeti, poetucoli, vendiparole, insegnanti, blogger, ecc.). Se anche il popolo è bue, lamentarsene non servirà a de-bovizzarlo – cosa in sé trascurabile, ché anche ruminando si può viver felicissimi. Piuttosto, mi dispiace per le pasticcerie chiuse.

Dico, immaginate di passar davanti a Fontana (pasticceria i cui effluvi nel portico vincono per un tratto quelli della via Emilia), di avvicinarvi sentendo l’odore, di sbavare spiaccicandovi sulla vetrina come un insetto smarrito, cercare spasmodicamente la porta e trovarla sbarrata, con un cartello che avverte: "Tesoro, fatti qualche anno sui libri, pigliati una laurea in Bignettologia e poi torna".
Là dentro, intanto, c’è uno chef misantropo che continua a produrre tonnellate di dolciumi senza saper dove metterli (ché a mangiarli tutti lui ci sarebbe già morto). Ogni tanto lancia uno sguardo fuori, vede la gente passare e andarsene, e bestemmia lamentandosi che a nessuno piacciono i suoi dolci. 

Capite, c’è una contraddizione.
Che naturalmente non saprei come risolvere, dato che, in effetti, anche il punto 2) di cui sopra è una realtà, e costringere lo chef a cucinare solo piadine sarebbe ugualmente frustrante. Se togliamo l’ambiguità alla poesia, tanto vale non scriverla; ma se nessuno s’azzarda a sospettare, è come non scriverla lo stesso.
Sì, ho tirato tutta questa pappardella per concludere che non so concludere.

[Quindi, dite a Vasco che "voooglio trovare un senso alla poesia" sarebbe stato ugualmente privo di risposta, ma almeno più metricamente accettabile di "aquestasituazione".]

Non sono io

v e evey ballano

 

– C’è un viso dietro questa maschera, ma non sono io. Io non sono quel viso più di quanto non lo siano i muscoli che lo abitano o le ossa ancora sotto i muscoli.

– Capisco.

– Grazie.

[In attesa di qualcuno che risponda: capisco.]

(Comunque V per vendetta, a parte la tendenza all’americanata, è proprio un bel film)

Giornata mondiale per la pace.

edificio in fiamme in kenya e, davanti, bandiera della pace
 
(senza parole)