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Svolte

[Settima parte. Vedi parti precedenti]

– E quindi.
– Già.
Non mi chiedi più se sono contenta?
РForse perch̩ non credo sapresti rispondere.
– Come?
– O avresti paura della risposta vera.
– Che sarebbe?
РAh, non lo so. Credo qualcosa di troppo banale perch̩ tu lo ammetta a te stessa.
– …
– Specialmente dialogando con un amico immaginario su un blog Importante e Sconsolato.
– Tu sei contento?
– Io. Che c’entro, io.
– Così. Ti sento spento.
– Sarà la disoccupazione incombente.
– Ma smettila.
– Pensa se tutti facessero come te. Niente più richieste al mio sportello.
– Non credo
– Ma certo. Nessuno a lasciarmi poetiche descrizioni di uomini o donne inesistenti, pregandomi di trovarli, nessuna telefonata di sollecito da ventennali zitelle frustrate,
– Ti mancano eh!
– …e soprattutto niente più chiamate in servizio nel cuore della notte. Erano le più belle. Il sistema rileva all’improvviso una corrispondenza e tac, giù dal letto a portare la notizia al fortunato, prima che sia troppo tardi, prima che un sogno diverso lo porti lontano.
– Cos’è questo romanticismo?
– Sarà per compensare il tuo cinismo. Ogni tanto si scambiano i ruoli.
– Non sono cinica.
– Ti sei rassegnata.
– Non c’entra.
– “Abbastanza relativista. Amante delle diversità, socievole”.
– Senti, sono cose diver
– “Non materialista. Con una sua spiritualità autogestita, ecco”.
– Senti, ho capito che ricordi la mia richiesta punto punto e hai un’ottima memor
– “Con capacità critica. Consapev
– Hai finito? Hai intenzione di farmi pesare la differenza tra i sogni e la realtà ancora per molto?
– Allora visto che ti pesa?
– No, è un’altra cosa. Ascoltami.
– …
– Secondo me avrai anche più lavoro di prima.
– Impossibile.
– Invece sì. Più uno si accontenta della realtà, più vorrebbe poterla evitare. E sogna. E manda Curricula Sentimentali al tuo sportello. E aspetta. E’ solo che intanto vive.
– …
– Semplicemente, ho deciso di tenere i sogni… su una linea parallela.
– Sì come no, non sai spegnerli nemmeno mentre t
– Finiscila! Quella è una debolezza. E’ il vestito che si mette la paura per sembrare più giusta, per riuscire a entrare dove non deve.
– Se lo dici tu.
– Oh… accidenti, credimi una buona volta.
РPerch̩, tu ti credi?
– …
– Ah, mi pareva.
– Io credo ci siano tante voci dentro, e non sempre bisogna fidarsi di ciascuna.
– Schizofrenica?
– Umana?
– Confusa.
– Ok, facciamo confusa.
– Ma felice?
– Ah, alla fine me l’hai chiesto se sono contenta.
– E naturalmente non sai rispondere.
РFelice non ̬ un aggettivo abbastanza banale. Avevi ragione tu, la risposta ̬ probabilmente molto banale.
РE cio̬?
– …Sto come prima. In sostanza, non è stato niente di strarilevante.
– Mi sembrava che qualche tempo fa considerassi parecchio rilevante la Vita Quadretto che hai appena triturato, tesoro.
– Quella da raccontare ai nipotini?
– Esatto.
– Ecco. E’ lì il punto.
– …?
– Ho capito che, se non avessi cominciato sfasciandola, forse non avrei mai avuto proprio niente da raccontare.

Aspettare

[Sesta parte. Vedi parti precedenti]

– Mi hanno chiamato dall’ufficio
– A quest’ora?
– Eh, quando trovano due richieste che si corrispondono, chiamano anche fuori orario
– Ma c’è tempo.
– Mica tanto. Sai come vanno queste cose. Un giorno uno è disponibile, l’altro chissà.
– E che dovresti fare?
– Telefonare immediatamente a entrambi, e avvertirli che si sono trovati.
– Oddio. Tipo “Salve, sono dello Sportello Curricola Sentimentali, si ricorda quando è venuta qui minacciando il suicidio perché suo marito era sceso a prendere le sigarette senza più tornare, e noi l’abbiamo convinta a tentare una Richiesta Partner? …Si rallegri: il nostro sistema informatico ha trovato l’uomo della sua vita!”
– Smettila
– “Ah… scusi… lei è la figlia? Ah.. sua madre… dal cornicione… capisco… eh ci dispiace, ma avevamo dei tempi tecnici… sa, la burocrazia…”
– …
– “Ma lei è fidanzata? Perché guardi c’è un’offerta per under 25..”
– Sì sì… ironizza.. devo ricordarti che anche TU ti sei presentata al mio sportello?
– A volte dalle cose stupide ne nascono di interessanti.
– Tipo?
– Te.
– Ecco, ora si creerà un momento imbarazzante.
– Probabile.
– Odio l’autrice quando mi mette in queste situazioni.
– Io me la godo di brutto.
– …E’ bello che ci tieni tanto a mettermi a mio agio, eh.
РSe tu hai problemi coi complimenti, non ̬ colpa mia.
– I complimenti ingannano
РPerch̩?
– Illudono.
– Sei tu che non ti fidi.
РNo no, ̬ che mi conosco. Mi si compra con poco, e poi mi faccio il viaggione.
– Magari stavolta arrivi a destinazione.
– No, ho un’esistenza buzzatiana
– Poetica.
– Incompiuta.
– L’incompiutezza è poetica
– E frustrante.
– Ma apre possibilità
– …Ontologicamente fallimentari.
– L’incompiutezza è fallimento?
– Se lo scopo è la destinazione…
– E se lo scopo fosse il viaggio?
РDipende da quanto desideri la m̬ta.
РCio̬?
РSe la m̬ta ̬ importante, corri e ignori il panorama.
– Ti perdi qualcosa.
– E’ un qualcosa che non t’importa affatto. Anzi, distrae e rallenta.
– Pensa se t’importasse la mèta sbagliata.
– In che senso?
– Dài, è buzzatiano anche questo. Non è che aspettare i Tartari fosse granché come scopo.
– …Ecco, brava. Io vorrei solo saperlo.
– Cosa?
– Se ne vale la pena. E se aspetto qualcosa che esiste.

Fughe

[Quinta parte. Vedi parti precedenti]

("Qualche tempo dopo")

– Ok, credo che la mia Vita Quadretto sia ancora intatta, sai.
– Saranno contenti i nipotini.
– Stupido.
– Tu sei contenta?
– Forse.
– Rifacciamo. Guardami negli occhi. Sei contenta?
– Che tu mi guardi negli occhi?
– Di quello sei contenta senz’altro
– …E questa marpionata?
– Hai alluso tu per prima. Vedi come ti ribalti le cose.
– Mi sgami troppo facilmente
– Infatti mi adori per questo.
– …Ancora?
– Perché, non è vero?
– …
– Tu aspetti solo che qualcuno ti guardi abbastanza dritto negli occhi per costringerti a dire la verità
– Perché, a te non piacerebbe?
– Sì che mi piacerebbe. Ma tu guardi altrove
– Magari mi vergogno
– Buffo come si abbia paura proprio di ciò che si desidera.
– Assolutamente sì.
– O forse è che in realtà non lo si desidera davvero.
– Certo che si desidera. Ma non proprio così. Il problema è sempre nel non proprio.
– La discussione sullo scarto aspettative/realtà l’abbiamo già fatta, non ripeterti, che i lettori ci mollano
– Non saresti contento se ci lasciassero soli?
– Stai diventando peggio di me.
– Sono le pessime frequentazioni di questo periodo. C’è gente un po’ affamata, in giro.
– Che vuoi dire?
– Niente.
– …Ora vai con la risposta vera.
– Uff. Senti, quanti secoli dovrei aspettare principi azzurri inviati dal tuo maledetto ufficio? Intanto, ci si tiene vivi.
– Bella roba! Trenta battute fa eri lì a sbrodolare idiozie idealiste, la perfezione sognata e il ricordo per i nipotini, e adesso
– Sei geloso?
– …Cosa c’entra. E’ che secondo me… non ti fa bene.
– Dicono che aumenti l’autostima.
– Lo sai benissimo che ti deprime soltanto
– Poi sono io quella che ha paura, che scappa dalla vita vera, bla bla, allora, deciditi!
– Spiegami cosa c’è di vero in
– Zitto, che qui ci leggono!
– Stai fuggendo.
– Diciamo che fuggire è un’abitudine un po’ diffusa.
– Non l’ho capita
– Vuoi la lista dei fuggiaschi? Te l’avevo raccontato, l’ultimo è proprio di poco fa, un
– …Quello che non è scappato.
– Sì invece. Ha impiegato solo un po’ di più del previsto
– …Perché ti lamenti? Mi sembravi convinta che non corrispondesse.
– A cosa?
– Alla richiesta. Te l’ho registrata io, credi l’abbia dimenticata?
– Ah… già. Non la ricordavo nemmeno più
– E’ la realtà che prende il sopravvento
– Smettila
– …ma la Vita Quadretto è ancora lì, non
– Finiscila con questa espressione ridicola. Ha esaurito la sua comicità nel dialogo precedente
– “Pippa mentale” mi sembrava troppo prosastico.
– Idiota.
– Poi mi spiegherai esattamente perché te la prendi con me.
– Beh, se me la prendessi con me stessa saprei già le risposte di tutto il battibecco, sai che palle.
– Meglio creare un amico immaginario
– Assolutamente sì.
– Hai detto “assolutamente sì” un’altra volta. Lo dici spesso.
– Eh, sai che me l’aveva fatto notare anche lui
– Ah, ecco perché l’autrice mi ha messo in bocca un’osservazione così superflua.
– Dovrebbe finirla di disseminare i suoi testi di trappole nostalgiche, vero?
– Ma quella ama farsi del male.
– …Assolutamente sì.
– Un po’ come te.
– Ora cosa c’entra?
– E ri-fugge.
– …
– Non mi hai ancora guardato negli occhi
– …
– Sei contenta?

Quadretto

[Puntate precedenti:  e ]

– Dunque, eravamo rimasti al “ma non dovevamo darci del tu?”, vero?
– Già. E stavamo andando a un pub.
– Quello è irrilevante, ho idea che non ci arriveremo.
– Credo anch’io. Ma il viaggio è più interessante, non trova?
– Quindi ha deciso per il lei.
– Non possiamo rompere certe convenzioni narrative. Poi il pubblico non ci riconosce.
– Invece così sa che siamo sempre quei due coglioni.
– Esatto.
– Però a volte capitano cose strane.
– Sarebbe?
– Inaspettate. Fuori dalle convenzioni narrative. Vabbè, lei che ne sa, vegeta sempre allo stesso sportello Accettazione Curricula Sentimentali.
– Guardi che se ne vedono delle belle anche lì. Tipo lei.
– Io non sono “delle belle”…
– Non fa ridere.
– Uff. Bisogna concedere alle donne un po’ di vittimismo. Comunque, parlo proprio del genere di cose che di certo ai suoi utenti non capiteranno mai
– Perché?
– Perché loro sono accartocciati in sogni di carta come dentro al piumino di un letto freddo.
– Questa se l’è preparata?
– Vantaggi di esistere nella scrittura, tesoro.
– Comunque, non ho capito.
– Svantaggi di essere stato creato stupido, tesoro.
– Sei una stronza.
– Ehi, mi hai dato del tu.
– E’ una forma di ribellione alle convenzioni narrative. Così la smetti di dire che stiamo accartocciati nonsobenedove.
– Non era mica un’offesa. Era una tristezza.
– Eh?
– …Pensi mai… che si potrebbe non riconoscersi
– Cioè?
– Cioè io vengo da te no, ti descrivo la persona che cerco e ce l’ho bene in mente. Ti lascio anche il mio curriculum e tu o qualche tuo collega frustrato mi appendete in graduatoria. 
– Mh.
– Ma magari la persona che cerco non esiste. E ne esiste invece un’altra, che incontrerò senza badarci.
– Eh grazie, te l’ho detto dal primo giorno.
– Noi Bovary abbiamo i nostri tempi per capire.
– Spero che il tuo sia più breve e finisca meglio
– Anch’io. Ma capitano mai errori?
– Nella vita? Un casino.
– No, dicevo che so, uno scambio di schede e mandano la persona sbagliata a quella sbagliata.
– Vorresti la persona sbagliata?
– Oddio, perché? No!
– Secondo me sì. L’hai detto con uno sguardo speranzoso.
– Ti pare. La manderei via e sarebbe inutile.
– No. La terresti per vedere che succede. E saresti affascinata dallo scoprire che tutta questa storia di aspettative e romanzi è un’enorme minchiata.
– Scherzi? Vivrei nel rimpianto. Mi aggrapperei con tutte le forze al piumino di carta, e piangerei ogni sera leggendoci sopra una storia troppo diversa da quella reale.
– Mah…
– Avrei fallito la mia vita-quadretto. Certe cose non si correggono. Le prime volte non ritornano: la prima volta è una, e te la giochi lì. Il ricordo da narrare ai nipotini sarà uno soltanto.
– Poveri nipotini. Sai che palle, la Nonna dalla Vita Quadretto.
– Senti, se passi tutto il giorno a confrontare quello che hai con un tuo vecchio sogno,
– …E’ ovvio che ti prendi il palo nei denti. Il Vecchio Sogno si chiama Vecchio Sogno appunto perché non esiste.
– No! O sì… ma comunque rappresenta un bisogno.
– Sogno, bisogno. Buffo.
– E se la realtà non lo soddisfa, sogno o no, ci starò male.
– Avrai il rimpianto della vita-quadretto.
– Già.
– Così invece avrai il rimpianto della vita vera.
– …
– Oh, sono scelte.
– ……Non è così facile.
– No, non lo è. Nessuna scelta lo è, quando ti metti a pensarci.
– Meglio non pensarci?
– Mah, tu pensaci finché ti pare. Il fatto è che tanto poi la scelta accadrà da sola.
– Per qualche motivo futile.
– Esatto.
– Un po’ come darsi del tu. 
– Un po’ come darsi del tu.

Niente di che

[Per i nuovi arrivati: vedere 1° e 2° parte] 

– Sa che credo di aver dimenticato un aggettivo
– Ancora? No, basta, ho chiuso lo sportello, stavamo andando a berci qualcosa, no?
– …Sì… beh, era per fare conversazione.
– Altri argomenti?
– Uhm, vede, qui una volta era tutta campagna…
– Scema
– Grazie
– Vabbè, mi dica l’aggettivo
– No se non le interes
– Avanti
– Ecco, non saprei come definirlo. Capace di affetto giusto.
– Giusto?
РCio̬, giusto per me. Adeguato. Lei non ha mai freddo?
– Sì considerando che le mezze stagioni ormai
– …dentro. Freddo dentro.
– Sì.
– Ecco, succede quando non c’è affetto giusto.
– Succede quando non c’è proprio affetto, mi pare.
– Ma a volte c’è, eppure non tocca, non commuove.
РPerch̩ lei ̬ indifferente
– Cosa?
– Amor c’ha nullo amato amar perdona. Non può non commuoversi.
– Lo sa, vero, ch’è il verso più famoso e più falso della letteratura
РQuindi ̬ anche cinica
– Senta, vada a raccontar l’amore stilnovista a Quasimodo. Poi vediamo se non la scaraventa giù da Notre Dame.
– Però con lei funziona.
– …
– Io l’ho assillata e lei è uscita con me.
– Sarà carenza d’affetto.
– Ah grazie. Basta che respiri, via.
– Ma no, nel senso che magari il suo affetto è quello giusto.
– E com’è quello giusto?
– Non lo so. Ne ho visti solo di sbagliati
– Poi ero io quello vittimista
– …
– Dai, scherzavo. Mi dica.
– …
– Ehi, che s’è offesa?
– …
– Dai, veramente, scherzavo. Scusi, è che… l’imbarazzo s’affoga nell’ironia
– …
– …E poi la capisco. In realtà… anch’io, credo, ne ho visti solo di sbagliati.
– …
– Però mi dica qualcosa, dai, l’ascolto! Perché non parla?
– Per risponderle
– Cosa?
– Ora sa qual è l’affetto giusto
– …
– …
– Ho solo insistito un po’, via. Niente di che.
– Ma guardi che l’affetto è niente di che. Insistere un po’, e niente di che.
– Dev’essere un niente difficile, se non ci prende nessuno.
– Non ci prendono quelli che pensano sia difficile. S’immaginano l’affetto con qualche sembianza mitica, ci mettono la A maiuscola, e aspettano l’Eroe che piombi in camera sfondando il vetro della finestra.
– E chiaramente non arriva.
– Arriva, arriva. Ma in genere dalla porta, bussando piano.
– Oppure non bussa nemmeno, sta lì ad aspettare
– Che qualcuno apra, da dentro
– Ma come fa ad aprire, se non sa chi c’è fuori
– E come fa a sapere chi c’è fuori, se non apre?
– Potrebbe guardare dallo spioncino.
– Ma lei ha paura?
– Io? Di che?
– Di aprire. Gli spioncini li hanno inventati per chi ha paura.
– Sa che quest’allegoria mi sta confondendo?
– Ah, se la prenda con l’autrice, decide lei lo stile.
– Secondo me anche le allegorie le hanno inventate per chi ha paura.
– Già, l’autrice dev’esser piuttosto vigliacca.
– Per esempio, con questo escamotage ha evitato la discussione più difficile.
– E così l’ha evitata anche lei. Lei-tu.
– Già, forse dovremmo darci del tu.
– E arrivare a questo benedetto pub.
– Ma è più bello non arrivarci, no? E’ così buzzatiano.
– Ehi, questa è una frase da uno-che-aspetta-l’eroe-che-piomba-in-camera-ecc-ecc.
– O da uno che vuole prolungare il viaggio
- Non vale, questo è spalancare la porta
– Così la smette di dire che ho paura
РPerch̩, non ne ha?
– Un sacco
– Anch’io
– …
– …
– Ma non dovevamo darci del tu? 

Insufficienza

[Segue da questo] 

– Salve
– No, sono le 19.04, sto chiudendo
– Appunto
– Sono già fuori di quattro minuti, qui non pagano straordinari, mi dispiace, arrivederci
– Ma io l’aspettavo
– Tutti qui aspettano, signorina. Da sempre. Lei aspetterà fino a domani
– No, dicevo, l’aspettavo stasera
– Eh che crede, che glielo consegnino subito? Lei inserisce la richiesta, che va nel database, poi rimane in attesa che qualcuno inserisca un curriculum corrispondent
РPerch̩ non mi guarda in faccia?
– Guardi non è che con una bella faccia si ritardi l’orario di chiusur… oh, salve.
– Non si ricordava di me?
РNo non ̬ che non mi ricordavo, cio̬,
– Non mi ha guardato
– Beh sa è che dopo una giornata che… e poi lei mi direbbe che non conta.
– Cosa?
– Non c’era “bello”, tra i suoi aggettivi. Me lo ricordo sa.
– Se lo ricorda?
– Già. Non c’erano nemmeno affascinante, attraente, avvenente, elegante, figo, occhiazzurrato, prestante, scultoreo, sensuale,
– Li sa a memoria?
– In ordine alfabetico. Sono i più richiesti. Poi ci sono i moralisti che si sentono in colpa e preferiscono usare eufemismi, allora chiedono un tipo.
– Quello dovrebbe esser facile da trovare
– Bah. Io so solo che ritornano sempre.
– Chi?
– Quelli che hanno inserito una richiesta. Anche nel raro caso in cui troviamo una corrispondenza e gli inviamo un articolo, in genere lo rimandano indietro e tornano a modificare la richiesta. Magari avevano messo premuroso e poi correggono in chemilasciimieispazi.
– E lei cos’ha scritto?
– Dove?
– La sua richiesta
– Ah… uhm.. è di tanto tempo fa
– E non l’ha mai modificata?
– No, beh… tanto non risponde nessuno comunque
– La trovo un po’ vittimista
– …
– O potremmo dire frustrato
– …Beh, io stavo chiudendo, anzi, me ne vado a casa ch’è tardi
РDai, si ̬ offeso?
– No, fuggo dalla verità
– Quindi è vero ch’è frustrato
– Vorrei vedere lei, col lavoro che faccio
– E col tempo che ha aspettato
– E col tempo che ho aspettato.
– Sa che in spagnolo si usa lo stesso verbo per aspettare e sperare?
– Uh, buffo.
– Ottimistico. Aspettare significa avere una speranza.
– O sperare significa sopportare un’attesa.
– Prima o poi le attese finiscono
– Un po’ come le speranze.
– Il suo vittimismo peggiora, lo sa? Mi sto annoiando.
– Per me può andarsene
– No, non mi ha ancora risposto
– A cosa?
– Cos’ha scritto nella sua richiesta?
– Che importa? E’ roba vecchia
– A me importa.
РPerch̩?
– Lei si ricorda bene la mia. Anch’io voglio sapere della sua.
– Ahah, ma la sua era facile da ricordare. Mai sentite richieste più assurde! Cos’era pure? Spiritualità autogestita, abbastanza relativista, consapevole… che poi devo ancora capirlo, ‘sto cavolo di consapevole, cosa fosse
– E la sua?
– La mia, la mia…
– …
– Non c’è.
– Come? L’altra volta si era incavolato dicendo che
– Avevo detto ch’ero in attesa. Ma non ho mai inviato nessuna richiesta.
– Aspetta che qualcuna cada innamorata del suo curriculum, leggendolo per caso tra migliaia? Ne ha di autostima.
– Non ho mai inviato nemmeno il mio curriculum.
– …Oddio. Lo sapevo, sto sbagliando tutto. E’ gay.
– No.
– E’ un prete.
– No.
– Seminarista. Almeno chierichetto. Ciellino, dai.
– No. Potremmo dire spiritualità autogestita.
– Ah però. E allora perché?
– Così. Insufficienza di parole.
– O di coraggio?
– Serve coraggio per elencare aggettivi?
– Per mandarli in giro, un po’ sì.
– Preferisco mandare in giro me stesso
– Infatti se ne sta dietro questo sportello tutto il giorno
– …
– E non guarda nemmeno in faccia chi si presenta
– …
РE non racconta mai niente di s̩
– …
– A parte lamentarsi e dire ch’è frustrato, certo.
– Non è vero che non parlo di me. E’ che nessuno mi chiede. Tutti qui hanno troppo da parlare.
– Io le sto chiedendo
– Già a proposito lei chiede chiede ma non mi ha detto ancora nulla. Per esempio
– Dica
– Cosa vuole?
– Nella vita?
– Da me
– E’ pure piuttosto egocentrico. La prima domanda che m’ha fatto riguardava lei. Anche Petrarca fingeva di parlare a una donna per sbrodolarci se stesso.
– Oh, vada a quel paese.
– Se mi accompagna
РPerch̩ mai, io non rispondo a mezzo punto della sua richiesta, che le frega
– Lei che ne sa
– La conosco, la sua richiesta
– Ma non conosce se stesso
– Nemmeno lei mi conosce
– Già. Appunto.
– Appunto.
– Conosciamoci.
– In senso biblico?
– Poi ero io quella invadente.
– Scherzavo.
– Una birra?
– Non bevo.
– Neanch’io.
– Allora perché me l’ha offerta?
– Frasi convenzionali.
– Insufficienza delle parole.
– Esatto.
– Vede che mi capisce.
– E’ un pezzo che la capisco.
– Però mi smerda.
– La comprensione implica verità
– La verità implica delicatezza
– …
– …
– …Scusi.
– Prego
– Allora andiamo?
– Andiamo.

Sportello

– Prego, mi dica
– Dunque… affettuoso.
– Sì, poi?
– Sentimentale… no ma anche un po’ razionale. Insomma equilibrato.
– Non c’è.
– Come no?
– Uff… D’accordo, inserisco una voce nuova. Equilibrato.
– Ecco. Poi… capace di sdrammatizzare.
– Ironico.
– Mh, sì, ma non troppo, diciamo, che capisca quando è il caso di scherzare e quando no.
– …
– Ok, ironico.
– Altro?
– Certo.
– Te pareva.
– Scusi?
– Niente. Mi dica.
– Mentalmente aperto. Abbastanza relativista. Amante delle diversità. Socievole.
– Uno per volta…
– Ah, intelligente naturalmente. Nel senso di riflessivo, profondo ecco.
– Sensibile?
– Anche. Ma, attenzione, sensibile altruisticamente.
– Eh?
– Sì, và, sensibile anche a quel che sentono gli altri, non solo a se stesso.
– Empatico.
– Ecco, empatico.
– Va bene, adesso…
– No aspetti. Determinato nei suoi scopi. Flessibile…
– C’è già “mentalmente aperto”
РMa flessibile ̬ diverso. Poi: non materialista.
– Religioso?
– Non ho detto religioso, ho detto non materialista. Con una sua spiritualità autogestita, ecco. 
– …Spiritualità… autogestita.
– Ma anche credente può andare. Però non integralista.
– …
– Specialmente riguardo…
– Riguardo a?
– …Niente. Dicevamo: capace di perdonare. Accogliente. Bravo ascoltatore. Con capacità critica. Consapevole.
– Consapevole? Di che?
– Di se stesso, degli altri, del mondo.
– Ma che significa? Senta…
– Significa che tiene contatto con la realtà che lo circonda! Su, non finga di non capire!
РMa LEI, dico, lo sa che lavoro di merda ̬ questo?
– Scusi?
– Certo! Passare la vita a sentirsi descrivere l’uomo perfetto! Ha idea di che colpo per l’autostima?
– …
– Eh, cazzo! Tutte passano di qui a lasciar la richiesta… e io prendo nota di quel che non diventerò mai
– …
– Sa da quanto tempo sono iscritto a quella lista d’attesa? Lo sa?
– Ma io non…
– E poi vengono a parlarmi di contatto con la realtà! Ma lei crede di averlo, che viene qui a descrivermi persone impossibili? Pensa che riceveremo mai un curriculum del genere?
– …
– NO! Non lo riceveremo! E lei resterà ad aspettare per sempre!
– …Come lei?
– Resterà ad aspettare qualcuno che esiste solo nella sua mente e che non potrà mai esistere e che… come me.
– …Aspettiamo.
– Aspettiamo.
- …
– …
– A che ora stacca sta sera?
– Alle 19.
– Cena fuori?
– L’aspetto.