Niente di che

[Per i nuovi arrivati: vedere 1° e 2° parte] 

– Sa che credo di aver dimenticato un aggettivo
– Ancora? No, basta, ho chiuso lo sportello, stavamo andando a berci qualcosa, no?
– …Sì… beh, era per fare conversazione.
– Altri argomenti?
– Uhm, vede, qui una volta era tutta campagna…
– Scema
– Grazie
– Vabbè, mi dica l’aggettivo
– No se non le interes
– Avanti
– Ecco, non saprei come definirlo. Capace di affetto giusto.
– Giusto?
РCio̬, giusto per me. Adeguato. Lei non ha mai freddo?
– Sì considerando che le mezze stagioni ormai
– …dentro. Freddo dentro.
– Sì.
– Ecco, succede quando non c’è affetto giusto.
– Succede quando non c’è proprio affetto, mi pare.
– Ma a volte c’è, eppure non tocca, non commuove.
РPerch̩ lei ̬ indifferente
– Cosa?
– Amor c’ha nullo amato amar perdona. Non può non commuoversi.
– Lo sa, vero, ch’è il verso più famoso e più falso della letteratura
РQuindi ̬ anche cinica
– Senta, vada a raccontar l’amore stilnovista a Quasimodo. Poi vediamo se non la scaraventa giù da Notre Dame.
– Però con lei funziona.
– …
– Io l’ho assillata e lei è uscita con me.
– Sarà carenza d’affetto.
– Ah grazie. Basta che respiri, via.
– Ma no, nel senso che magari il suo affetto è quello giusto.
– E com’è quello giusto?
– Non lo so. Ne ho visti solo di sbagliati
– Poi ero io quello vittimista
– …
– Dai, scherzavo. Mi dica.
– …
– Ehi, che s’è offesa?
– …
– Dai, veramente, scherzavo. Scusi, è che… l’imbarazzo s’affoga nell’ironia
– …
– …E poi la capisco. In realtà… anch’io, credo, ne ho visti solo di sbagliati.
– …
– Però mi dica qualcosa, dai, l’ascolto! Perché non parla?
– Per risponderle
– Cosa?
– Ora sa qual è l’affetto giusto
– …
– …
– Ho solo insistito un po’, via. Niente di che.
– Ma guardi che l’affetto è niente di che. Insistere un po’, e niente di che.
– Dev’essere un niente difficile, se non ci prende nessuno.
– Non ci prendono quelli che pensano sia difficile. S’immaginano l’affetto con qualche sembianza mitica, ci mettono la A maiuscola, e aspettano l’Eroe che piombi in camera sfondando il vetro della finestra.
– E chiaramente non arriva.
– Arriva, arriva. Ma in genere dalla porta, bussando piano.
– Oppure non bussa nemmeno, sta lì ad aspettare
– Che qualcuno apra, da dentro
– Ma come fa ad aprire, se non sa chi c’è fuori
– E come fa a sapere chi c’è fuori, se non apre?
– Potrebbe guardare dallo spioncino.
– Ma lei ha paura?
– Io? Di che?
– Di aprire. Gli spioncini li hanno inventati per chi ha paura.
– Sa che quest’allegoria mi sta confondendo?
– Ah, se la prenda con l’autrice, decide lei lo stile.
– Secondo me anche le allegorie le hanno inventate per chi ha paura.
– Già, l’autrice dev’esser piuttosto vigliacca.
– Per esempio, con questo escamotage ha evitato la discussione più difficile.
– E così l’ha evitata anche lei. Lei-tu.
– Già, forse dovremmo darci del tu.
– E arrivare a questo benedetto pub.
– Ma è più bello non arrivarci, no? E’ così buzzatiano.
– Ehi, questa è una frase da uno-che-aspetta-l’eroe-che-piomba-in-camera-ecc-ecc.
– O da uno che vuole prolungare il viaggio
- Non vale, questo è spalancare la porta
– Così la smette di dire che ho paura
РPerch̩, non ne ha?
– Un sacco
– Anch’io
– …
– …
– Ma non dovevamo darci del tu?Â