Svolte

[Settima parte. Vedi parti precedenti]

– E quindi.
– Già.
Non mi chiedi più se sono contenta?
РForse perch̩ non credo sapresti rispondere.
– Come?
– O avresti paura della risposta vera.
– Che sarebbe?
РAh, non lo so. Credo qualcosa di troppo banale perch̩ tu lo ammetta a te stessa.
– …
– Specialmente dialogando con un amico immaginario su un blog Importante e Sconsolato.
– Tu sei contento?
– Io. Che c’entro, io.
– Così. Ti sento spento.
– Sarà la disoccupazione incombente.
– Ma smettila.
– Pensa se tutti facessero come te. Niente più richieste al mio sportello.
– Non credo
– Ma certo. Nessuno a lasciarmi poetiche descrizioni di uomini o donne inesistenti, pregandomi di trovarli, nessuna telefonata di sollecito da ventennali zitelle frustrate,
– Ti mancano eh!
– …e soprattutto niente più chiamate in servizio nel cuore della notte. Erano le più belle. Il sistema rileva all’improvviso una corrispondenza e tac, giù dal letto a portare la notizia al fortunato, prima che sia troppo tardi, prima che un sogno diverso lo porti lontano.
– Cos’è questo romanticismo?
– Sarà per compensare il tuo cinismo. Ogni tanto si scambiano i ruoli.
– Non sono cinica.
– Ti sei rassegnata.
– Non c’entra.
– “Abbastanza relativista. Amante delle diversità, socievole”.
– Senti, sono cose diver
– “Non materialista. Con una sua spiritualità autogestita, ecco”.
– Senti, ho capito che ricordi la mia richiesta punto punto e hai un’ottima memor
– “Con capacità critica. Consapev
– Hai finito? Hai intenzione di farmi pesare la differenza tra i sogni e la realtà ancora per molto?
– Allora visto che ti pesa?
– No, è un’altra cosa. Ascoltami.
– …
– Secondo me avrai anche più lavoro di prima.
– Impossibile.
– Invece sì. Più uno si accontenta della realtà, più vorrebbe poterla evitare. E sogna. E manda Curricula Sentimentali al tuo sportello. E aspetta. E’ solo che intanto vive.
– …
– Semplicemente, ho deciso di tenere i sogni… su una linea parallela.
– Sì come no, non sai spegnerli nemmeno mentre t
– Finiscila! Quella è una debolezza. E’ il vestito che si mette la paura per sembrare più giusta, per riuscire a entrare dove non deve.
– Se lo dici tu.
– Oh… accidenti, credimi una buona volta.
РPerch̩, tu ti credi?
– …
– Ah, mi pareva.
– Io credo ci siano tante voci dentro, e non sempre bisogna fidarsi di ciascuna.
– Schizofrenica?
– Umana?
– Confusa.
– Ok, facciamo confusa.
– Ma felice?
– Ah, alla fine me l’hai chiesto se sono contenta.
– E naturalmente non sai rispondere.
РFelice non ̬ un aggettivo abbastanza banale. Avevi ragione tu, la risposta ̬ probabilmente molto banale.
РE cio̬?
– …Sto come prima. In sostanza, non è stato niente di strarilevante.
– Mi sembrava che qualche tempo fa considerassi parecchio rilevante la Vita Quadretto che hai appena triturato, tesoro.
– Quella da raccontare ai nipotini?
– Esatto.
– Ecco. E’ lì il punto.
– …?
– Ho capito che, se non avessi cominciato sfasciandola, forse non avrei mai avuto proprio niente da raccontare.