Blog Archives

Che gente…

[Giulione vs Ila]
[
N.B.: la lettura di questo post è sconsigliata al pubblico permaloso e/o sensibile a causa dei contenuti ricchi di cinica ironia e non precisamente rispondenti al vero]

G –caaaaaaaaaaaaaaaaaara! ho letto il tuo blog
I – Quale onoreeeeeeeeeeeeeeeeeeeee <si inchina ripetutamente baciando la terra ai piedi di giulio>
G -  stupida! che dire… niente male… sembra tutto così Importante e Sconsolato.
I – mwuhauahau no lo so che sta per arrivare la stroncatura… sii sincero, tanto ho già i miei fan U.U
G – immagino. Le cose Importanti e Sconsolate, da Catullo in poi, fanno furore!
I – ahuahuahu…. no ma sono tutti fan che non capiscono un cazzo di quello che scrivo. Sai la gente vagamente affascinata dalle cose auliche e incomprensibili…

G – ah, ho pure visionato le poesie
I – >.< taci il tuo classicistico giudizio
G – classicistico? nooooo! per chi mi hai preso? in realtà farebbero i soldi, per come sono messe. danno molte impressioni indefinite, che oggi vanno un sacco. daaai, tenta la fortuna con un editore
I – ahahahahah
G – che inevitabilmente ti sposerà, e sei a posto per tutta la vita!
I – beh quello è già più interessante.
G – dimenticavo che tu preferisci i rapporti umani… (che gente c’è in giro…)

Brutto bastardo

…sono contenta che ci sei di nuovo.

:-)

[E niente, è che ho tirato su una carta importante e avevo voglia di dirlo.]

Stasera guardo quelle cadute

castello di carte crollato

e penso alla fatica impiegata per costruire, al tempo trascorso immaginando i piani da aggiungere.
Poi un soffio più forte – da dove veniva? Chi è stato? Perché? – ……………………………………..
Mandate qualcuno, gli aiuti, la ricostruzione; quaggiù fra i rottami, stavolta, potrebbe mancarmi la forza, o la voglia, o la volontà
di prender di nuovo le carte, piegarle nel palmo, trattenere il respiro
farle sfiorare quel poco, dosare la forza, tentare equilibri
lasciarle

sperare

………..

[Da dove veniva? Chi è stato? Perché?]

Impasti

[Frammenti]

“…E non è che il buono ti cade dal cielo. Il buono precisamente sta lì – in potenza - tu devi vederlo e renderlo in atto. Ma per vederlo devi cercarlo, aprire gli occhi giusti.
Il che non significa chiudere gli occhi normali o negare la realtà; significa: la realtà è una merda? Ok, cazzo, io mi ci impasterò le mani finché non trovo il positivo ch’è seppellito in fondo, e lo tiro fuori, per dare un senso a questa merda.”

Sullo specchio

“Fare propria, rispettare l’esperienza degli altri, quello che stanno provando, non ignorarla solo perché riguarda “altri” anziché noi stessi.
Perché se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti.
Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.”

(Gino Strada, Buskashì – Viaggio dentro la guerra, p. 60)

[Memo: scriverselo sullo specchio. Quello dove si guarda ogni mattina, per ricordarselo; e quello a cui si parla quando non si vede altro che se stessi, per vergognarsi]

Scatti

[Cose a caso senza alcun nesso fra loro]

Una chiesetta bianca di pietra, una terrazza d’erba e di sotto, a sbirciare fra gli alberi, l’enorme vallata di foschia e tramonto pastello.
Una preghiera corale ripetuta senza pensare, osservando la piccola facciata virare dal bianco al rosso al grigioblu, e gli alberi accendersispegnersi con lenta fretta.
Qualcuno passeggia lungo il muretto, cercando il sole in qualche buco tra le foglie. Poi si pianta nell’erba e scrive, scrive un tramonto in un quadernetto nero, ché non saprebbe a chi altri raccontarlo.

Bologna di notte, pioggerellina schivata nei portici, sotto i lampioni un velo di nebbia estiva fuori tempo. Vecchie mura umide, manifesti strappati e portoni pesanti.
Una risata chiara, musica acuta e mani piccole; gli inseguimenti, il lago d’affetto e la paura; quella timida irripetibile poesia. Da un altro tempo, all’improvviso lì – forse perché era notte nei portici, forse le gocce come aghi, le mura umide, chissà. Quando ti sarai consolato (ci si consola sempre) sarai contento di avermi conosciuto.
Qualcuno va per una stradina del centro, sospira a fondo e sorride dentro, guardando dritto davanti a sé.

Certi individui sono buchi neri

in sé divoranti parole persone luce 
e perfino te
visitatore curioso
di affacciarti sul fondo
– hai visto un lampo sfilacciato in corsa
e ti sei aggrappato pensando: dove porta?
Questi che sfrecciano qui attorno saranno brandelli
innocenti di una stella troppo grande
…esplosa… non ha colpa
se tira, io   arriverò      
in          fondo
   troverò    dove         s’ammucchialaluce          e
                                                                         le paro     le        
e
tornerò                     fuori             e
               tornerà   a
                                          bril
                                                            la
                                                                                  r    

 

Raccontano quaggiù di uno che partì 
seguendo soltanto un brandello di stella – via, una stella intera
sarebbe stato banale Рe la gente gli diceva non andare, ̬ come
le sirene Ulisse e quelli là
Ma lui non ascoltava e prometteva: tornerò

Invece non tornò, però al suo posto
qualcuno raccolse una poesia

Certi individui sono buchi neri
in sé divoranti parole persone luce
e perfino me
che m’affacciavo
per come un’intuizione d’affetto

Ho gettato una parola nel risucchio di echi in fuga l’ho seguita
vorticare tra altre voci assordarsi distorcersi confondersi
dissolversi tutte in una soltanto – non era più
la mia – poi con un rantolo
nero
ammutolire

Allora ho scritto per sfuggire al rapimento 
(Questa dovrebbe ritornarvi: o troverete
sovrascritte altre parole?)

I luoghi giusti

“Magari bisognerà cercare nei luoghi giusti…dove conta più ciò che fai…”
e poi via con l’elenco dei ghetti possibili.

Niente, è solo un po’ di malinconia notturna, quella che viene se pensi che il mondo non è un luogo giusto abbastanza.
Ma è il mio luogo.

L’altra notte pensavo ai fallimenti accumulati – sono diventati un po’, quest’anno. Ci pensavo con una specie di pacifica consapevolezza: è stata un’esperienza, impara, metti in tasca, vai avanti; tenevo un sorriso agrodolce – lo stesso che ho addosso ascoltando certe vite non mie (vite mai mie, né fra i ricordi né fra le possibilità), mentre guardo di sbieco il gelsomino notturno…
Questa notte non avevo più voglia d’inventare scuse per una consapevolezza che pacifica non è affatto.

(Ricordo una lettera rubata: t’impegnavi per non far sentire l’emarginazione cui ci condanna la nostra civiltà… oh, cazzate, se uno lotta per una vita libera poi la ottiene.
Cazzate, certo, ‘fanculo questo vittimismo.
Cazzate.
Cazzate.
…Cazzate, vero?)

Non si può dormire sapendo l’ingiustizia irrisolvibile.
Brucia sotto la coperta, brucia
anche senza ossigeno, solo perché sa
che ci sarebbe là sopra e crede
– ma s’illude – che lo troverebbe, se solo
bruciasse quanto basta per farci un buco appena –
e poi magari spegnersi per troppa fatica,
Ma almeno la soddisfazione
d’affacciarsi fuori e dire: visto,
si brucia anche qui sotto.

Ma è il mio luogo. Ed è qui che intendo cercare.

[Non vedi cheeee Quasimodo è paaaazzo, non seeeenti…]