4. Le Frasi Assurde
“Che pensi?”
Vi è mai capitato, prendendo un caffé con una persona, di domandarle: “Come sei di carattere”?
E quando qualcuno a una festa vi ha chiesto dei vostri hobby, avete mai fatto una pausa, preso un sospiro, e risposto serafici: “Mi piace passeggiare al tramonto, così, per sentire l’arietta di primavera, poi mi piace pensare tra me e me, immaginando conversazioni impossibili; oppure affondare sul divano di un amico e lasciarsi andare liberamente a discorsi assurdi…”…?
Immagino di no. Perché i discorsi normali non oltrepassano i precisi confini di certi cliché. A un’attenta analisi, non sono quasi mai veri. Ad esempio, quanto ai miei hobby, la risposta convenzionale sarebbe stata, che so: fare teatro. Eppure ci dedico un centesimo del tempo e della passione che riservo alle conversazioni immaginarie… :)
Quando si scrive, invece, si ha tutto il tempo di bypassare le risposte automatiche. Si può disegnare a piacimento un’immagine di se stessi – che non è falsa, anzi potrebbe essere ben più vera dell’altra, semplicemente rappresenta una parte di sé che, in una conversazione comune, non emergerebbe mai.
Se cade il bianco – equivalente del silenzio – si può risolvere con un: “Che pensi?”, parecchio imbarazzante da dire vis à vis. E continuare così, costruendo forzatamente una conversazione con domande come: cosa stai pensando, cosa stai facendo, dove sei…
Ma è più vero il mondo che c’è dietro la porta di casa in cui uno si sente ingabbiato da clichè e convenzioni sociali o quella cosa che collega milioni di computer in una relazione impalpabile che può far uscire “l’immagine” vera di quelli davanti allo schermo?
Domanda assurda? Può darsi..uno dei miei hobby è fare discorsi assurdi davanti a un caffè con uno che ha due occhi che non capiscono. (Ti ho citato un po’..mi perdonerai)
Ashley, ti perdono perché i tuoi rari commenti sono sempre fantastici.
Cava quegli occhi, però.
“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” L. Wittgenstein. Vorrei il tuo parere da letterata. Che pensi?
(Il tutto sarebbe molto più poetico se non mi rispondessi, ma, dai, eccediamo)
A chi devo rispondere, a te o a Witt?
Beh, a chi ti sembra più reale..
Indubbiamente mi sembri più vera tu, quindi risponderò a te: credo che entrambi i mondi, il cosiddetto reale e il virtuale, siano soggetti a una buona dose di equivoci, più o meno volontari. Sono solo di specie diversa, ed entrambi hanno a che fare con quel maledetto, limita(n)tissimo linguaggio.