Piccolo grande uomo – 3

Nella stanza di Dario e Gianluca ho passato autentiche serate da gita scolastica, quando ci si ammassa nella camera d’albergo di qualcuno a far chiacchiere fino a tardi. In genere ci raggiungeva anche Vlad, e a volte Cesare – sempre capace di ravvivare l’atmosfera. Restavo con loro fino al limite dell’orario di visita, quando la guardia armata passava inesorabilmente a chiudere i cancelli per la notte. Nella maggior parte dei casi passavamo la serata a prenderci in giro, oppure si vedeva la tv o si ciondolava tra il letto e la macchinetta del caffé.

Gianluca era bravissimo a fingersi arrabbiato, con aria serissima, per poi riderti in faccia, e qualche volta ci sono caduta anch’io. Dario amava punzecchiarlo, accusandolo di essersi addormentato l’unica volta che lui aveva avuto bisogno di parlare seriamente con qualcuno.
Quando si esaurivano i cliché dell’amichevole violenza, spesso cadeva il silenzio, a ricordarmi di quanto, in fondo, fossimo solo estranei capitati nello stesso posto – con esperienze, cultura, interessi e argomenti di conversazione completamente diversi.
Almeno finché non abbiamo iniziato a raccontarci.

Dario era troppo diciannovenne e troppo timido per non ostentare un’allegra, triviale superficialità; Gianluca non era più fine, ma forse già aveva il coraggio di abbandonarsi, ogni tanto, a un po’ di paura; e ogni tanto ci si guardava negli occhi.

Un giorno mi invitò con lui sul balcone, mentre l’altro era a letto. Si accese la paglia, tergiversò, forse disse qualcosa sul tempo, e poi mi parlò del ritorno.
– …Paura? – gli ho chiesto.
– Timore – ha risposto, stringendo le labbra. – La mia ex… dice che non mi vuole vedere così. Che non ce la fa.
Mi ha spiegato che è venuta a trovarlo soltanto una volta, quando era ancora in rianimazione.
– Si sarà spaventata – ho risposto. – Ma vederti adesso non è la stessa cosa…
E poi col tempo diventa normale, è abitudine, gli ho detto – pur sapendo che, per alcuni, normale non diventa mai.
– Sì, certo… io ho già avuto del tempo per cominciare ad adattarmi all’idea. Ora dovranno adattarsi anche gli altri.
Pensai a questa ragazza travolta da un bambino, da una difficile convivenza con un giovane sempre al lavoro, dalla propria madre contraria alla relazione e alla fine dalla notizia che il padre di suo figlio s’è mezzo ammazzato. Che fare? Scappare.

E poi ritornare. Da qualche tempo ha iniziato a chiamarlo tutti i giorni, a chiedergli di tornare insieme.
– Ma cazzo, fa’ na prova – s’è intromesso Dario. – Che ne sai di com’è quando torni…e poi pensa a tu’ figlio
– Mio figlio starà meglio vedendomi un’ora al giorno che vivendo con due genitori che litigano – ha risposto, secco. – Io non provo più niente per lei, si è comportata troppo male…

Ho guardato questo Gianluca travolto da un bambino, da una difficile convivenza con una ragazza che non si svincolava dalla madre, reso disabile dal lavoro con cui manteneva quella stessa ragazza che poi l’ha abbandonato. Perdonare?

[…continua…]