Piccolo grande uomo – 4

Una sera ch’ero nella stanza di quei due, un’infermiera sui quarant’anni entrò in camera senza nessuna incombenza da svolgere. I ragazzi la salutarono con confidenza; lei ricambiò, chiuse la porta, prese una sedia e si sedette a fumare ai piedi del letto di Gianluca. Capii, un po’ stupita, che era una cosa abituale.
Lui stava per essere dimesso, e lei cominciò a lamentarsi di quanto le sarebbe mancato.
– Ma quando tornate, a settembre, vi faccio mettere di nuovo tutti e due nella stessa camera. Ah, non ci piove, a costo di farmi licenziare! – ha detto, sinceramente convinta.
Pensai che Gianluca e Dario dovevano essere molto legati – anche se da bravi uomini se lo dicevano insultandosi a vicenda. Dario teneva come sfondo dell’i-phone una foto di loro due.

– Mio figlio ha più o meno la tua età – continuava l’infermiera, guardando Gianluca. – Ma tu non hai davvero vent’anni. Sei un piccolo grande uomo – ha sorriso.

Ha ragione, pensai, osservando quell’omino tondeggiante dall’aria tenera, seduto sul letto. Stava sempre leggermente gobbo con le spalle, e sembrava che là sopra tenesse in equilibrio la responsabilità del mondo. Mi piaceva guardarlo negli occhi, trasmetteva qualcosa di pacifico e rassicurante, come dire: va tutto bene, ne abbiamo passate tante, passeremo anche questa.

L’ultimo giorno siamo andati al bar con gli altri, come al solito. Dario faceva i suoi commenti sulle belle stagiste del tavolo accanto, l’amico lo spalleggiava ammiccando, io li prendevo in giro per quant’erano assatanati o scuotevo la testa ostentando il mio disappunto femminista. Vlad si è acceso l’ennesima paglia, mentre Cesare gli ricordava amichevolmente che era proprio un rumeno da bruciare – ovviamente così, a pelle.
A un tratto Gianluca ha posato la mano sul tavolo, col palmo in alto. Non ricordo più cosa mi stesse chiedendo – forse due monete di resto, forse una penna o un accendino – ma, qualunque cosa fosse, non l’avevo. Così per scherzo gli ho messo in mano la mia mano, e lui l’ha presa, tenendola molto più del necessario. Poi m’ha guardato col suo sorrisetto di bronzo:
– Facciamo l’amore?