Piccolo grande uomo – 2

Solo pochi giorni prima, a un incontro per volontari, una signora si era lamentata per gli “apprezzamenti” di certi sbruffoni giovincelli, che potevano essere suoi figli. La psicologa aveva pacificamente riportato questo comportamento al normale bisogno dei pazienti di riaffermare la propria virilità.
In effetti Dario diceva a tutte le infermiere “ti amo!”, passando per i corridoi.

– Marisa, lo vuoi vedere? Eh? Ora tolgo la tenda…
Gianluca faceva lo scemo ogni volta che doveva farsi un cateterismo. Il fatto che i paraplegici vadano in bagno senza andare materialmente in bagno dà adito a situazioni potenzialmente imbarazzanti. In genere i pazienti chiedono ai visitatori di uscire dalla camera, in questi momenti, ma come visitatrice abituale e smaliziata ero stata promossa a starmene semplicemente al di là della tenda verde che divide i due letti.
A differenza della signora, però, non mi sentivo molto scandalizzata. Sarà che questo tipo di proposte sono ovviamente troppo esplicite per essere vere, sarà che rientravano coerentemente nel clima goliardico che si era creato, sarà che il mio migliore amico parla come una specie di maniaco sessuale, per cui ci sono abituata.
O sarà che mi faceva piacere, perché, in fondo, nessun altro aveva mai scherzato con me in quanto donna.

– Vedi, a esserci nati ci sono senz’altro dei vantaggi – gli ho detto un giorno. – Tipo i molti meno problemi ad adattarsi, l’assenza di rimpianti, niente traumi da incidente. Però ci sono cose che non hai mai fatto e, come dire, è molto più difficile impararle.
Gianluca ha inclinato il faccione tondo a guardarmi.
– Ma sì, dai, onestamente… – ho abbassato la voce – …ok, forse nel mio ruolo di assistente consolatoria non dovrei dirtelo, ma via… non è molto comune che un normodotato se vede una disabile… và, pensa anche a te prima, credi che quand’eri in piedi avresti mai scherzato con leggerezza su queste…
– Ho capito cosa vuoi dire – ha annuito, salvandomi dal dettagliare troppo le mie paure.

[…continua…]