(Gianluca ha posato la mano sul tavolo, col palmo in alto. Non ricordo più cosa mi stesse chiedendo – forse due monete di resto, forse una penna o un accendino – ma, qualunque cosa fosse, non l’avevo. Così gli ho messo in mano la mia mano.)
Gianluca è un pugliese paffuto che parla stringendo tutte le o. Ha la mia età , ma se non si fa la barba ne dimostra anche dieci in più, tra lo stempio, le spalle larghe, lo sguardo forte che ne ha viste già abbastanza e il figlio.
Il figlio lo ha fatto un paio d’anni fa – quindi a venti, ventun anni – insieme a una ragazza con cui ha poi iniziato una convivenza turbolenta. Le spalle larghe gli servivano per fare i tre lavori al giorno necessari a mantenere la neofamiglia; quanto allo sguardo, ha già fatto in tempo a vedere un datore di lavoro che ignorava ogni regola di sicurezza, provocandogli la caduta che lo ha reso paraplegico, e la convivente che lo ha lasciato subito dopo.
L’avevo già incontrato varie volte, prima di conoscerlo davvero, ma senza la goliardica mediazione di Cesare non avrei mai iniziato a bazzicare la sua camera – con la porta regolarmente chiusa, di sera, perché potesse fumare indisturbato.
Invece, tra una presa per il culo e un’esortazione a bruciarmi (Bruciatela! Perché? Così, a pelle, a pelle…), Cesare mi aveva aperto una porta nella complicità tutta maschile che aveva costruito coi “suoi†ragazzi: Gianluca, col relativo compagno di stanza (un diciannovenne toscano, Dario) e poi il rumeno, Vlad. In breve, i tre hanno messo da parte ogni convenzionale rispetto verso le donne e mi hanno allegramente dimostrato la loro confidenza, ruttandomi in faccia e chiedendomi quanto spesso mi masturbavo.
Tutto ciò mi divertiva molto.
[…continua…]