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S. Giacomo

I – Tu dici che sono timida?
B – Ahah! TU timida? Ma va là! Sei venuta così dal nulla in un gruppo dove non conosci nessuno, e in due giorni hai fatto amicizia con tutti… E poi hai una faccia tosta che va da qui a San Lazzaro!

B – Com’è che sei così stranamente silenziosa?
I – “Stranamente”?
B – Ma sì! Abbiamo parlato tanto in questi tre giorni!

 

Sono stata a Palazzuolo, in un agriturismo al confine toscano; mi sono infiltrata nel campo per giovani organizzato da una parrocchia imolese, San Giacomo. O meglio, dev’esserci andata un’altra me, una non molto conosciuta in giro. Ma una che c’è sempre stata, sotto sotto, anche se non se ne accorgevano in tanti.

Il gruppo abituale è formato da una quarantina di persone, quello allargato un centinaio. A questa tre giorni sono potuti venire in pochi, perciò eravamo solo circa quindici. Per me che sono abituata a un gruppo di tre-quattro componenti annoiati più due educatori depressi, era una legione.
Un’accozzaglia eterogenea di gioventù dall’età indefinibile: il nero palestrato, l’educatore folle, l’universitaria logorroica, le gemelle timidine, la coetanea nasona quasiquantome, un po’ di coristi gospel e una serie di coppiette improbabili – tra cui l’educatore ventinovenne che si fa l’ex alunna di otto anni in meno. Domenica, è arrivato pure il prete che dice messa in venti minuti saltando gloria e credo, mentre ripete le solite formuline fisse s’interrompe per spiegare che significano, e lascia che ci passiamo le ostie fra noi.

Diciamo, originale.
Comincio a capire perchè in quell’oratorio vanno centinaia di ragazzi mentre la mia parrocchia langue.

Si riuniscono, di solito, leggendo i fogliettini che contengono frasi più o meno provocatorie partorite da don Beppe, su cui poi riflettono. Punto in comune col mio gruppo tradizionale: i lunghi silenzi, in cui si aspetta che qualcuno dica cosa ne pensa. Ma mentre nella mia parrocchia l’attesa sarà inevitabilmente vana, fra quelli di San Giacomo i silenzi, prima o poi, vengono rotti. Per dire qualcosa di sensato. Non per far sentire a tutti la nuova suoneria del proprio cellulare.
Ah, ovviamente ho detto la mia. Beh, normale, ho fatto qualche domanda, mi sono fatta raccontare le loro esperienze. Ne consegue che, se al mio gruppo non parlo, non è per timidezza cosmica; semplicemente, l’ambiente è sfavorevole.

Zana – il diseducatore folle fidanzato con l’exalunna – ha cominciato a chiedermi se avevo amici. Non oso immaginare cosa gli abbia raccontato mio padre, parlandogli della fallimentare esperienza nel mio gruppo. Dev’essere rimasto stupito dalle mie capacità di socializzare mediamente come ogni comune mortale.
Così ho dovuto spiegargli che non sono un’asociale disadattata.

Ma la cosa veramente strana, e per me nuova, è quell’aria di vaga solidarietà comune dei sangiacomini. Certo, li conosco da tre giorni, non ho idea degli scontri sotterranei che di certo ci saranno, come in ogni comunità. Eppure, da certi discorsi si coglieva come un problema personale diventasse un po’ un problema di tutti.

Mi hanno chiesto qualcosa di me, ho pensato: perchè me lo chiedi, che t’importa. Sei un educatore, stai dall’altra parte della cattedra, anche se non hai cattedra e non siamo a scuola – ma sicuramente anche tu crederai in qualche teoria pedagogica per cui ognuno ha il suo ruolo e sta’ attento a non uscire dal ruolo mischiandoti ai minorenni sennòchissàqualetrauma.
Poi mi sono guardata attorno, e ho visto mescolarsi una folla di gente senza età, ciascuno facendo la sua parte. Chi di guida, chi di guidato, ma uno scambio a doppio senso, pure nelle differenze; dove i confini sono molto sfumati, del tutto privi di muri e barricate; soltanto, si sta insieme.
Allora mi è venuto in mente che anche ascoltare una guida può essere interessante. E mi son detta che strano, questo posto odora tanto di famiglia.

[Credo mi farò adottare]

Bivio

[Cronache dalla Panchina]

Capitano a volte quelle irripetibili occasioni in cui per rarissima coincidenza si presentano tutte le condizioni più inverosimili. Cose impensabili. Come se contemporaneamente si allineassero tutti i pianeti, io prendessi un tre in latino e Berlusconi si facesse francescano. Cose che se non carpi il diem quando ne hai la possibilità, non ti ricapiteranno mai più.
Eppure accadono. Può succedere, ad esempio, che mentre rotoli tranquillamente verso il parco meditativo, ti si affianchi d’un tratto un biondino alto, e ti saluti. Allora tu sfogli istantaneamente l’album di fotografie mentali e gli associ la scarna descrizione disponibile: è quello che venne al dibattito su Dio che si fece a scuola, lo stesso che un mese dopo ti ha incontrato a messa e ti si è seduto vicino, chiedendoti se eri proprio tu quella dell’incontro filosofico al Fermi.
A questo punto inserisci il risponditore automatico per espletare i convenevoli di saluto, e intanto rifletti su un punto interessante: costui ha una vaga idea di come funzioni il tuo pensiero. Perché sai perfettamente di non poter contare sul fisico né sulla prima impressione, ma hai abbastanza fiducia nelle funzionalità del tuo cervello. Purtroppo però, se escludiamo gli amici veri, è piuttosto difficile che dei conoscenti sconosciuti abbiano un’idea delle tue capacità intellettive. Tale biondino invece, probabilmente ne aveva avuto un assaggio, sentendoti parlare di Dio – và, mica quisquilie.
Mentre proseguite fianco a fianco, consideri inoltre che il ragazzo, se è andato fino a una scuola non sua per un inutile filosofeggiamento, dev’essere anch’egli un folle pensatore come te. Al che ti ricordi che ti stai portando dietro 1984 di Orwell per rileggerlo (la seconda volta) al parco, e già pensi che sicuramente lo noterà, pregustando un possibile argomento di conversazione.

Tutto ciò ti attraversa la mente nel giro di un secondo e mezzo. La metà di secondo rimanente la impieghi facendogli la domanda più originale:
"Come va?"
"Bah, si tira avanti".
In quel momento, non pensi che una risposta del genere è più adatta a un settantenne che a uno studente universitario. Ti si accende piuttosto l’efficientissima lampadina umanitaria, e noti che le coincidenze di condizioni favorevoli non potrebbero essere migliori: hai una particolare affinità coi depressi. Sei un asso ad ascoltare e consolare la gente. Se riesci a fargli sputare il perché di quest’aria abbattuta, guadagni diecimila punti in un colpo.

Ma, doveva accadere l’imponderabile. Eravate ormai arrivati al terribile bivio ove sarebbe stato deciso il vostro destino.
"Io devo andare a comprare il gelato per mia madre, giro di qua. Tu che strada fai?"
Mai ci fu domanda filosofica di più difficile risposta. Avevi decine di alternative davanti: "dai ti offro un gelato", oppure "ti accompagno", o ancora un più vigliacco "ehm sì anch’io devo andare per di lì".
E invece no. Ti vedi passare tutta la vita davanti e rispondi:
"Ah… io devo andare al parco, dall’altra parte".

 

<E per la via si spande grave il Requiem mozartiano (Lacrimosa)>

Bene. Se ti accadono cose del genere, poi non lamentarti dello zitellaggio vitalizio.

[Ahahahha… io non capisco chi si lamenta di essere adolescente. A pensarci con un po’ di ironia, è la cosa più folle e divertente che ti possa capitare. Solo allora puoi essere così irrimediabilmente imbranato]
[Non capisco neanche quelli a cui non piace scrivere. E’ un’ora che ghigno come un’ubriaca scrivendo questo post]

L’ingiustizia dell’amore

Non ho mai voluto scrivere di questo, nonostante ultimamente sia un tema di frequente dibattito, con gli altri e con me stessa. Temo di non trovare le parole adatte per potermi spiegare davvero, di essere fraintesa e finire in un’eterna dissertazione senza uscita, spesso troppo teorica, come già è capitato.
Forse stavolta, però, ci siamo avvicinati abbastanza ad esprimere quel che penso.

[dai Dialoghi Giovannei]

I – beh ieri una mia conoscente mi ha raccontato di essersi dichiarata al suo migliore amico
G – ah… e lui?
I – e… beh, questa è.. effettivamente… brutta gio, una di quelle bruttezze quasi oggettive ^^
G – ah…porella
I – e si veste male, in effetti
G – sarà bella dentro se ha un migliore amico
I – e lui le ha detto di no… adducendo proprio questa motivazione: "perchè sei brutta e ti vesti male". E.. dopo questa mi domando che razza di migliore amico sia
G – ma com’è delicato st’omo
I – che ora questa ragazza ci sta male, si farà milioni di pare, ecc ecc… perché ha avuto a che fare con una persona che giudica il suo aspetto fisico
G – ……..cogito. Mmmh… Beh…tanto per cominciare…anche un pezzo di merda della miglior risma troverebbe una falsità per dire che non gli piaceva; cmq è evidente che il fisico conta…è evidente che far contare solo il fisico sarebbe da superficiali… ma sta ragazza poi… com’è di carattere? e poi cmq…ce l’hai una foto sua? me ne faccio un idea migliore…
I – mi sa di no. Cmq è brutta sul serio, in più non si cura per niente ^^
G – O.O beh vabbè se la cerca però! Cioè…volevamo un esempio per assurdo e questo lo è!
I – giovà… certe cose si possono cambiare, altre no
G – si si
I – magari potrebbe anche curarsi di più, ma la gobba non se la leverà mai, nè gli occhi incavati, nè la pelle brufolosa ecc ecc. E fino alla fine dei suoi giorni lei potrà innamorarsi di persone che la rifiuteranno per il suo aspetto. Magari ne saranno più o meno consapevoli, magari alcuni si nasconderanno meglio di questo ragazzo, ma non saranno fisicamente attratti da una come lei
G – la descrivi come il gobbo di notredame…beh…senti ti posso ripeter una cosa che t’ho già detto se vuoi. L’amore non è l’amicizia, cioè io posso diventare amico di questa ragazza, scherzarci e fare tutte le cose che due amici affiatati possono fare…ma non potrò mai amarla perchè se la amassi ingannerei me stesso e fare dell’ipocrita beneficenza (sta a parlà er bellone poi). L’amore è una cosa che succede solo a due e ahinoi concerne anche la bellezza e non ci si può fare nulla, per quanto egoistico o superficiale si possa considerare l’amore è una questione di attrazione. Se fosse il contrario sarebbe ipocrisia. E mi dispiace, perchè ci sono milioni di persone imparanoiate dal fatto che si sentono brutte magari perchè forse lo sono e hanno paura di provare a forzarsi… perchè…in fondo…è vero che anche la bellezza conta ma a volte ci sono anche altre cose. Tanto per dirla con un po’ di qualunquismo tutti in qualche modo hanno qualcuno da ritrovare. Tutti, anche questa cozza che mi dici tu, e anche tu. E se vuoi saperlo vedendo il video non sembri una da mettere tra lo scaffale dei brutti… tanto non ci crederai ne sono sicuro -.-
I – (uhuhuh)
G – uff…interrompimi!
I – no mi piaceva ascoltarti
G – ma tanto non la pensi come me
I – e poi.. per cosa dovrei interromperti… per dirti… che l’amore, almeno a quest’età, probabilmente è proprio come dici tu. E allora adesso capisci perché sono restia a innamorarmi… o almeno ad ammetterlo. Perché penso che questo tipo di amore sia ingiusto. Ti lascio questa canzone.

 

QUASIMODO

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Bello in lui e brutto in me
Io la luna te la prendo
Ma non strappo amore a te

Lui, con quella sua freddezza
Senza te nei suoi pensieri
Trova in te la tenerezza
Là, nei tuoi occhi neri

E tu gli aprirai il tuo corpo
Entrerà coi giuramenti
Tu l’ami, ma l’ami intorno
Non sai che non c’è niente dentro

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Io nessuno e lui Signore
Ti dà, senza che domandi
L’universo dell’amore

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Ama il tuo bel cavaliere
Tu sei liscia come un onda
E io sponda di miserie

Con la mia bruttezza insulto
La bellezza tua insolente
La natura sbagliò tutto
Mi ha fatto male, mi ha dimenticato

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Zero a noi e tanto a loro
Se la nostra razza è immonda
Di che razza è il loro cuore?

Sono nati nei merletti
Per far l’amore e la guerra
Ma anche a noi, stracci della terra
La vita piacerebbe bella

Ma da quale parte è Dio
Se ne sta con gli ostensori
O qui, dove lo prego io
Dal mattino fino a sera

Gesù Cristo che adoriamo
Quali figli preferì?
I Re Magi e il loro oro
O noi, che strisciamo qui?

Dio, com’è crudele un mondo
Che non sa legare i cuori
Sono brutto e tu sei bella
E mai mi amerai mai

Avanti, Tempo

foto di classe

Buffo e un po’ triste, scontornare sagome passate per attaccarle a una fotografia. Volevo metterceli tutti, nella foto di classe, anche chi è stato bocciato o se n’è andato. Compresi quelli che, forse, dimenticherò presto. Li ho fissati a uno a uno: c’è chi resta piatto e silenzioso dietro il monitor, chi invece salta fuori dalla foto a sbattermi davanti il suo ricordo irrisolto (qualcosa, in fondo, brucia ancora); altri restano tranquilli, salutando sorridenti da un presente ancora vivo.

Soffia un’aria strana, dalla finestra aperta sull’estate – dev’essere il Tempo, avrà scalato la notte per salire fin qua.
Cosa c’è, ti sei acquattato sul balcone per sussurrarmi forse qualche piccolo rimpianto, o un po’ della tua solita nostalgia? No, vedi, stasera il passato non deve gridare troppo forte. Vieni avanti piuttosto – avanti, Tempo, è quella la tua strada; la nostra, ineluttabile strada – siediti adesso, e comincia a raccontare.

E si sovrappongono anni di voci diverse e immagini dissolte una nell’altra, bufera polverosa di milioni di ricordi in affannoso inseguimento, rincorrendo disperati un posto in salvo dall’oblio.
Quant’è passato, da quando hai iniziato a raccontare? Minuti, giorni o anni forse – là dov’ero, gli orologi impazziscono e discordi segnano date fittizie – ma non importa, ora so che è tardi (un coniglio bianco corre via dietro la porta: è tardi!); e poi là fuori ti rivogliono, Tempo.
Grazie di esserti fermato un poco. Ora scendi i gradini della notte, non voltarti, e fuggi via.

Come il respiro

Non credo che certi doni, siano questi della mente o del carattere, si possano pesare come lo zucchero o il burro; nemmeno a Cambridge, dove son tuttavia così bravi nel dividere la gente in classi e nel mettersi un cappello in testa e una quantità di lettere e iniziali dopo i loro cognomi. Tutto questo attribuire superiorità a se stessi e inferiorità agli altri, appartiene a quella fase scolastica dell’esistenza umana.

No, per quanto sia delizioso il passatempo di misurare, è sempre la più futile delle occupazioni, e sottomettersi ai decreti dei misuratori, il più servile degli atteggiamenti. Finchè scrivete ciò che volete scrivere, questa è la sola cosa che conta, e se conti per un giorno o per un’eternità, nessuno può dirlo. Ma sacrificare un capello della vostra testa, della vostra immagine, una sfumatura del suo colore, per far piacere a qualche direttore di scuola con un vaso d’argento in mano, o a qualche professore con il suo campione di misura nascosto nella manica della giacca, quello è il più vile tradimento.
(Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé)

Quindi, scrivete. E non badate a tutti quei solerti misuratori che non vedono l’ora di timbrarvi in fronte il loro insindacabile giudizio.
Ma non sto parlando solo dei professori – alcuni dei quali, forse, sono più aperti di quanto riescano a dimostrare coi loro balbettati boiamondo.
Più o meno tutti abbiamo l’innata tendenza a giudicare, etichettare, inscatolare gli altri in qualche comoda definizione. Ci si orienta meglio, dopo; le nostre quattro futili Verità si guadagnano la maiuscola e non si perde troppo tempo a interrogarsi.

Eppure qualche volta, mentre conservavo tranquillamente in tasca la mia verità, m’è capitato di sbattere il naso (cose che capitano spesso a noi De Bergerac) sul Portone davanti alla Personalità di qualcuno. Allora mi sono messa a cercare l’etichetta giusta – sicuramente c’era! Si trova sempre, un’etichetta. Ma poi… ho sentito qualcosa. Eh, a far proprio silenzio, si riusciva a sentire una voce, da là dentro.
Balle. Attaccaci ‘sto cartello al portone, anzi scrivici proprio "Rompicoglioni", così non ti verrà in mente di tornare da queste parti – ché in ‘sto quartiere abitano Personalità fastidiose. Però… però… forse…
Ho dato un’occhiata da una fessura. E ho visto un tale guazzabuglio là dentro – volgarmente, un casino incredibile  – che le mie fiere verità sono saltate fuori dalla tasca impallidite, fuggendo con la coda fra le gambe.
Allora ho bussato piano, qualcuno lentamente ha aperto, e io ho scoperto che è spettacolare viaggiare nella gente. Ma questa, è un’altra storia.

[Ho letto da qualche parte:
"La persona coerente difende ogni nazionalità, anche quelle che contano solo due persone.
Entra negli altri come il respiro".
…Ma affinché il respiro possa scivolare nella serratura di ciascuno, deve farsi sottilissimo e leggero, abbandonando la zavorra del giudizio.]

Felicità

Presentatrice – Si’ori e Si’ore, vi presento un nuovo ospite! Abbiamo oggi qui con noi…
Felicità – Ma SEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!
Presentatrice – Ahem! Mi lasci almeno finire di presentarla…
Felicità – Eh? Perchè? Non si vede chi sono? Eh? Eh? Eh? <saltella da una parte all’altra del palco>
Presentatrice – Una rompic.. ehm! Sì dicevo ch…
Felicità – <spingendo via la presentatrice>…E la vita è BELLA!!!
Presentatrice – Oh allora si arrangi! Io me ne vado! Che qui il mio lavoro… sniff.. non è mai valorizzat… sigh… buaaaaaaah!
Felicità – Sì levatemi di torno ‘sto piagnone! Ché oggi si sorride, gente! Perchè… perchè…

<dal pubblico>
1° spettatore – Scusi… posso farle una domanda?
Felicità – Ma prego!
1° spettatore – Con quale faccia tosta lei crede di esistere?
Felicità – Cos… no guardi, lo spettacolo della Fra l’hanno già fatto… ha sbagliato serata…
2° spettatore – No no! Non si tratta di filosofare! Lei, Felicità, non è altro che una stupida illusione!
Altri spettatori – …E un’ipocrita!
– Una traditrice!
– Senza rispetto! Come fa a sorridere! Ma dico, lo sa dei bambini in Africa?
– E delle guerre?
– Per non parlare delle ingiustizie!
– Già! A me per esempio, la Movia s’è inventata un quattro!
– E poi, lo stress! Dico, lei lo sa com’è il maggio della quarta liceo?
– Studiare, studiare sempre! Come fai a goderti la vita se la passi sui libri?
– Già, facile per te, che abiti in una secchia raccomandata!
<la Felicità indietreggia, pallida>
– E le preoccupazioni! Lei che ne sa della scaga che mette la Capo? Eh?
– …E ci manca anche di rispetto! Insomma non lo vede come ci trattano?
– Tzè! E ha perfino il coraggio di… esistere, la Felicità!
– Vorrebbe che sorridessimo, la sfrontata!
– E che non ci lasciassimo abbattere, addirittura!
– Ma cosa crede ch..

Felicità – Oh.. OH! BASTA! SILENZIO! Io… ehm… lo so… vi capisco. Ci sono tante cose… tante piccole ottime ragioni per essere sfiduciati, delusi, scazzati, nervosi. Eppure… io credo che sorridere sia anche una decisione. Non parlo di sorrisi ipocriti, non si tratta di far finta di essere felici. Si tratta di sceglierlo.
Navigando sul nostro pezzo di mare, a volte incontriamo tempeste tali che anch’io, davvero, fuggo a rintanarmi sottocoperta pregando che passi presto. Ora sono qui proprio perchè una di queste tempeste è passata. Altre volte però, ci rannicchiamo a guardare quel sedile un po’ sfilacciato, ci riempiamo le orecchie di qualche scricchiolio della barca; e mentre siamo intenti a lamentarci delle mezze stagioni, ecco che sopra di noi qualcuno rovescia un secchio di acquarelli sulle nuvole, o forse da una zattera vicina ci salutano gli amici – ma noi non sentiamo.
Basterebbe sollevare un po’ la testa, e stupirsi ancora. Certo che la barca continuerà a scricchiolare, i sedili a sfilacciarsi e il vento a scrollarci! Ma non sarà più tanto importante. Ci lasceremo cullare dalla brezza che lenta ci trasporta avanti; e ascolteremo questa immensa vita sciabordare sullo scafo, aguzzando lo sguardo per intravedere l’ombra del futuro dietro la foschia, all’orizzonte.

Basta un attimo

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

(Montale)

Che dite… scriviamo su un blog?

Entusiasta – Sì Sì Sì dai!!!
Razionale – Perchè? Dimostrami che è giusto.
Disfattista – Naaaa… tanto non ci legge nessuno. Non gliene frega niente a nessuno. Ecco. Maaamma… <pollicione in bocca>
Filosofa – Scrivere? Ma cosa significa scrivere?
Rinco – Scrivere? Ma cosa significa scrivere?
Filosofa – Era la battuta mia!
Rinco – Eh?
Poetica – …ed è dolce lasciare alle parole, che non costano nulla ed hanno l’ali, di lenire e incantare il nostro cuore…
Sistica – Zerto che posciamo scrivere! Perchè qui z’è zente che ne sa!
Archimedica – Datemi una penna e vi solleverò l’anima
Incazzosa – Se scrivo o no? Cazzi miei!
Sindacalista – Scrivere è un nostro diritto!
Timida – Un blog? E loro leggono? Loro loro? Quei cattivoni che giudicano? Io paura!!!
EgoObeso – Io sono bravissima a scrivere. Questo sarà il blog migliore di tutti. Io sono la migliore di tutti.
Incazzosa – E tu chi minchia sei? Non è questo il tuo corpo! Tornatene dall’Ele!
Paranoica – Scrivere… Machissàcosapensano… Esepoifacciounafiguradimerda? Esesembrostupidapateticanoiosalogorroica? E se.. <STUD><TumpOuchAiutLiberatmAzzMmmmmmmppfffff..!!!>
<La folla attonita si volta verso la personalità Paranoica, legata e imbavagliata>
Tutti – Chi è stato?
EgoObeso – <sfregandosi le mani con nonchalance> Io… Un lavoretto da nulla… 
Tutti – Seeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!! Feeesta!!!
<La folla porta l’EgoObeso in trionfo>

Presentatrice – Ahem. Ssà Ssà…Prova… prova… Uhm.. Ok. Coff coff. Ah – ehm. Signori e signore,
eliminati elementi di disturbo…
Secchiona – Ehi! Un’allitterazion..
Presentatrice – AH-EHM. Signori e signori, dopo aver eliminato elem.. cioè.. le personalità di disturbo; considerati i pro, i contro, i se, i ma e i purtuttavia; eseguita un’iniezione di fiducia nella vena creativa…
Disfattista  – …"Un’iniezione nella vena creativa"… oddio… era una gag…?
Presentatrice – UFFA! Insomma, presentatelo voi ‘sto blog del cazz…!
Sintetica – Subito.
<prende in mano il microfono>

Ecco a voi
il blog.

<sipario>

– Pssst… Ma che, è già finita così?
– Naaa. E’ appena cominciata.