Bivio

[Cronache dalla Panchina]

Capitano a volte quelle irripetibili occasioni in cui per rarissima coincidenza si presentano tutte le condizioni più inverosimili. Cose impensabili. Come se contemporaneamente si allineassero tutti i pianeti, io prendessi un tre in latino e Berlusconi si facesse francescano. Cose che se non carpi il diem quando ne hai la possibilità, non ti ricapiteranno mai più.
Eppure accadono. Può succedere, ad esempio, che mentre rotoli tranquillamente verso il parco meditativo, ti si affianchi d’un tratto un biondino alto, e ti saluti. Allora tu sfogli istantaneamente l’album di fotografie mentali e gli associ la scarna descrizione disponibile: è quello che venne al dibattito su Dio che si fece a scuola, lo stesso che un mese dopo ti ha incontrato a messa e ti si è seduto vicino, chiedendoti se eri proprio tu quella dell’incontro filosofico al Fermi.
A questo punto inserisci il risponditore automatico per espletare i convenevoli di saluto, e intanto rifletti su un punto interessante: costui ha una vaga idea di come funzioni il tuo pensiero. Perché sai perfettamente di non poter contare sul fisico né sulla prima impressione, ma hai abbastanza fiducia nelle funzionalità del tuo cervello. Purtroppo però, se escludiamo gli amici veri, è piuttosto difficile che dei conoscenti sconosciuti abbiano un’idea delle tue capacità intellettive. Tale biondino invece, probabilmente ne aveva avuto un assaggio, sentendoti parlare di Dio – và, mica quisquilie.
Mentre proseguite fianco a fianco, consideri inoltre che il ragazzo, se è andato fino a una scuola non sua per un inutile filosofeggiamento, dev’essere anch’egli un folle pensatore come te. Al che ti ricordi che ti stai portando dietro 1984 di Orwell per rileggerlo (la seconda volta) al parco, e già pensi che sicuramente lo noterà, pregustando un possibile argomento di conversazione.

Tutto ciò ti attraversa la mente nel giro di un secondo e mezzo. La metà di secondo rimanente la impieghi facendogli la domanda più originale:
"Come va?"
"Bah, si tira avanti".
In quel momento, non pensi che una risposta del genere è più adatta a un settantenne che a uno studente universitario. Ti si accende piuttosto l’efficientissima lampadina umanitaria, e noti che le coincidenze di condizioni favorevoli non potrebbero essere migliori: hai una particolare affinità coi depressi. Sei un asso ad ascoltare e consolare la gente. Se riesci a fargli sputare il perché di quest’aria abbattuta, guadagni diecimila punti in un colpo.

Ma, doveva accadere l’imponderabile. Eravate ormai arrivati al terribile bivio ove sarebbe stato deciso il vostro destino.
"Io devo andare a comprare il gelato per mia madre, giro di qua. Tu che strada fai?"
Mai ci fu domanda filosofica di più difficile risposta. Avevi decine di alternative davanti: "dai ti offro un gelato", oppure "ti accompagno", o ancora un più vigliacco "ehm sì anch’io devo andare per di lì".
E invece no. Ti vedi passare tutta la vita davanti e rispondi:
"Ah… io devo andare al parco, dall’altra parte".

 

<E per la via si spande grave il Requiem mozartiano (Lacrimosa)>

Bene. Se ti accadono cose del genere, poi non lamentarti dello zitellaggio vitalizio.

[Ahahahha… io non capisco chi si lamenta di essere adolescente. A pensarci con un po’ di ironia, è la cosa più folle e divertente che ti possa capitare. Solo allora puoi essere così irrimediabilmente imbranato]
[Non capisco neanche quelli a cui non piace scrivere. E’ un’ora che ghigno come un’ubriaca scrivendo questo post]