Most peculiar men

[Per non parlare sempre di politica]

He was a most peculiar man.
He lived all alone within a house,

Within a room, within himself,
A most peculiar man.

He had no friends, he seldom spoke
And no one in turn ever spoke to him,
cause he wasn’t friendly and he didn’t care
And he wasn’t like them.

Oh, no! he was a most peculiar man.


(Simon & Garfunkel)

Ho conosciuto parecchi peculiar men, specialmente nell’ultimo paio d’anni. Non tutti corrispondono a questa decrizione, ciascuno è peculiar a modo suo; però il tratto comune, forse, è che sono profondamente within themselves, dentro se stessi – ma dentro come prigionieri.

Spersi e incapaci di farsi capire, come un curdo analfabeta spiaggiato a Lampedusa. O magari hanno imparato tre parole e le ripetono ossessivamente, aspettandosi che l’altro ci legga dietro una lingua intera. O qualcuno per scherzo gli ha insegnato che “ciao” si dice “vaffanculo”, e questi continuano a mandare a fanculo chiunque. Oppure dentro la loro cella hanno già scritto dieci volumi di poesie, ma non trovano una feritoia da cui lanciarle fuori. O forse sanno dov’è, ma ci han guardato dentro una volta, ci han visto qualche mostro e ora hanno paura.

Magari è vero che un po’ me li vado a cercare. O sarà che impiego più tempo degli altri a capire che è meglio lasciarli perdere.
Ché poi, non ne sono sempre tanto convinta, di lasciarli perdere.

[Meglio non mettere il finale della canzone, và]