Vita universitaria – 3

Durante una pausa pranzo la collega toscana mi ha introdotto nella sua compagnia, abbandonata sui gradini di un bar dove svendevano aperitivi a un euro. C’era il suo triennale fidanzato, un buffo omino minuscolo e identico a lei, che studia per diventare educatore sociale; poi mi si sono presentati calorosamente tre o quattro ragazzoni variopinti, in un’incoerente mescolanza di dialetti, stili e capigliature. Dopo i convenevoli di rito mi hanno gentilmente offerto qualcosa da bere – che non ho accettato – per poi raccontarmi gli allegri postumi dell’ultima devastante serata alcolica a casa loro. Entro venti minuti ero già invitata a cena per quella sera.
Ho avuto la rapida visione di una matricola astemia sola e sperduta, borghesemente vestita, schizzinosa e un po’ impacciata, che faceva lo slalom tra sconosciuti ubriachi distesi sul pavimento in una nube di fumo. Ho detto che i Galvanini m’aspettavano per il pranzo e sono fuggita.
Naturalmente, entro un minuto me n’ero pentita. Se mi invitano un’altra volta ci andrò.

Poco prima dell’esame di geografia economica* c’è stato un fugace scambio di appunti. Con Samuele ci si è limitati a un toast dall’indiano in una giornata piovosa. Lui ha un look più comunemente normale, e péndola (cioè fa il pendolare) da un qualche paese emiliano che non ricordo. Fa teatro come me e gli piacerebbe diventare sceneggiatore. 
Ambra invece ha avuto l’onore di essere il primo soggetto universitario a calcare il parquet di camera mia. Entrando ha sùbito stretto la mano a mio padre, e per un attimo mi sono chiesta quale reazione chimica sarebbe avvenuta al contatto tra un sovrintendente in giacca e cravatta e una proletaria con un anello al naso.
Durante il piacevole pomeriggio ho avuto modo di scoprire che condividiamo una buona percentuale di opinioni etico-politiche sinistre (nell’accezione parlamentare del termine) e che lei auspica l’eliminazione del latino da tutti i corsi moderni.

Breve digressione sul latino, con insulto estemporaneo al prof. D.

Come far incazzare una matricola di lettere in pochi semplici passaggi:

– Annunciare che la prova scritta di latino si può dare una sola volta, quindi, se va male, sono solo cazzi tuoi.
– Convincere un’innocente matricola di lettere che se vuole un voto decente è meglio dare latino tra mooooolti mesi.
Il giorno dell’esame, cui l’innocente matricola non è andata, spiegare che hanno cambiato idea, per cui concedono di dar latino due volte.
– Far fare una versioncina di Eutropio che il Ceres ci avrebbe dato in seconda liceo, la cui proposizione più complessa era un cum e congiuntivo.

Ora.
Come dire.
Ecco, ci siam capiti.

* (Ah, ho preso 30. Ma comincio ad aver l’impressione che non significhi molto. C’è un po’ d’inflazione in questa facoltà…)