Campo
Non ho trovato Dio, né la compagnia della mia vita, né il prete che m’ispirerà , né la decisione giusta per il mio futuro.
Ma una tonnellata d’affetto arretrato sì, e ci voleva.
Non serve chissà che per scaldarsi insieme. Un po’ d’attenzione per l’altro, il chiedersi negli occhi come va. Azzardarsi a leggere la mia moleskine. E – se accade di sentirsi attorno la delicatezza giusta – aprire botole su vecchi buchi neri, invitando l’amico a farci un giro – non scapperà , se è amico.
Così si può cercare un tramonto su per un sentiero di montagna – da lassù si vede bene, ci andiamo? – seguendo un percorso di piccole lapidi infisse nella terra, uno per ciascuna ragazza rimasta sotto l’aereo del Salvemini. Han fatto quel piccolo monumento proprio lì a Montovolo, chissà perché, a due passi da una chiesetta sopra mille tornanti. E sempre lì quasi per caso mi racconti – tu che invece mi conosci da qualche giorno appena – di un padre che c’era anche lui a salvare gli altri e ora fatica a salvar se stesso; alla fine mi ringrazi con un abbraccio che se ne frega di sembrar stonato o di non aver buone ragioni – come se servissero buone ragioni per volere un po’ di bene.
Certo non è stato il vocazionale; campo su Dossetti, più politico che psicologico, più culturale che spirituale; niente illuminazioni, né entusiasmi e innamoramenti collettivi, ma va bene così – forse quel momento è finito. Come è finito, credo, un certo percorso che per me è cominciato tardi e non ha fatto in tempo a stufarmi – mentre gli altri giustamente hanno ormai voglia di cambiare. Ci dicono: cercate! Andate fuori! Sì, e dove? Datemi un indirizzo, o almeno qualche idea, e andrò volentieri. Ma far nulla sarebbe uno spreco.
E anche l’ultimo motivo che mi serviva per mandare tutto al diavolo e dire sei volte Rinuncio.
(Forse la risposta è in quella ragazza che mi racconta di sé sui gradini di San Giacomo, e sembra dirmi ch’è ora di tornare a Imola. Ma questa è un’altra storia).