Primo giorno

Quello delle elementari non l’ho mai memorizzato, quello delle medie l’ho scordato, quello del liceo l’ho in mente appena a tratti. Quello dell’uni, dunque, lo scrivo per non perderlo.

Storia medievale

Ovvero: quei corsi che solo a guardare il titolo sbatteresti la testa contro il muro e andresti a fare Scienze della Comunicazione.
Sono entrata dopo un quarto d’ora di fila calda e pigiata – ma dicono che entro due settimane i frequentanti si dimezzino – sistemandomi obbligatoriamente in prima fila. Non perché me la tiro, giusto perché l’aula è a gradoni; posizione comunque abbastanza laterale per non avere la prof in bocca.
Accanto a me c’era una tipa dall’aria cortesemente aggressiva, faccia pulita e decisa. Mi sono presentata per prima e ho lanciato un paio di gag per rompere il ghiaccio; non raccogliendo grandi risposte, ho proseguito limitandomi a contare in silenzio i suoi piercing. Labbro, naso, collo, e qualcos’altro che mi sarò persa.
Ho sbirciato il nome dal foglio presenze e l’ho appuntato sul quaderno – so che lo scorderò: Chiara.
Nel frattempo, ho trovato un vantaggio delle aule ad anfiteatro: se ti annoi, puoi passare ore ad osservare le buffe fisionomie ed espressioni dei colleghi di fronte.

La prof sembra grassotta, ansiosa, precisa e vagamente paraculo – senza dare al termine una connotazione del tutto negativa. Semplicemente, ha passato due ore elencando gli argomenti in programma, perché, ha specificato, "quando vi daranno i questionari per la valutazione dei professori, non potrete scrivere che io non vi ho fornito tutte le informazioni preliminari!"

Lingua e linguistica italiana

L’aula è in un’altra strada, e devo ancora capire come farò con la pioggia. Intanto, sono sfrecciata in fretta, senza sapere che i quarti d’ora accademici sono molto più comodi ed elastici delle campanelle.
Ho beccato la Sofi che andava a Storia del Cristianesimo e l’ho invidiata un po’; quindi ho cercato la mia sfigata stanzetta con sì e no una quarantina di persone, e mi sono piazzata accanto a una sedia a caso.
I – Scusa è questa lingua e linguistica…
C – Sì sì. Cioè, come?
Su quaranta persone, ho beccato quella straniera. Cristina viene dalla Moldavia ed è in Italia da un mese – non chiedetemi perché faccia linguistica italiana. Mi ha chiesto se sapevo gli orari dell’autobus, poi ha iniziato a prendere appunti con una calligrafia precisissima che neanche Word.

Il prof – un omino minuscolo dagli occhi azzurri – ha subito ceduto la parola alla sua assistente, o portaborse, o puttana, o non so. Alta trenta centimetri più di lui, spalle larghe e labbroni, confondibile con un trans, ci ha allietato con una serie di osservazioni abbastanza inutili su diatopia, diastratìa, diafasìa e qualcos’altro che ho rimosso. In sintesi: ni atri nun parrammo comme a chiddi d’u continente.
Si sentiva un microfono parlare da un’altra aula e cercavo di capire, il mito è un racconto, diceva.
Dopo la prima ora ci hanno dato dieci minuti di pausa, e io sono scappata.
(Mi spiace giusto per la moldava, potevo darle una mano).

Letteratura italiana contemporanea

Mi sono appollaiata fuori dalla porta, dato che la gente ormai strabordava da ogni pertugio per sentire; dev’essere di quelle lezioni in cui s’arriva mezz’ora prima per trovar posto – io l’avevo raggiunta alla seconda ora, figuriamoci. Sedute per terra, accanto a me, c’erano tre tipe che parevano più grandi e più sorridenti; dentro l’aula ho intravisto qualche conoscente.

Il prof era relativamente giovane, un buon oratore, tono sveglio e convinto; blaterava di Pavese, Jung, il mito e qualcos’altro. Ha letto qualche brano, l’ha letto fermandosi sul perché delle parole, ho intuito che la cosa si faceva interessante; poi da un’altra aula è uscita una folla rumorosa, e noi ch’eravam fuori non abbiamo più sentito nulla. Ho cercato di copiare gli appunti dell’ora precedente, sbirciando dall’alto sugli ignari quaderni di una ragazza seduta ai miei piedi.
Domani ci torno.

Istituzioni di filosofia morale

Che c’entra, direte voi? Niente. C’entra che avevo finito il mio orario, che là doveva andare una mia amica, e che io galleggio in rimorsi esistenziali per non aver scelto filosofia.
Il fatto che l’abbia ritenuta la lezione più interessante della giornata un po’ mi preoccupa; spero di ricredermi nel tempo. E’ che ‘sto prof sembra alla mano, parla in modo quasi coinvolgente, ha invitato chi c’è solo col corpo a stare a casa, ché se perdi una lezione non fa niente, basta che, quando ci vai, almeno vai convinto e partecipe.
Il suo programma tratta di uguaglianza; tra i testi si possono scegliere lettere di S. Paolo e saggi di Marx. 
Se non sarò troppo stanca, domani torno anche lì.

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Buoni propositi per il secondo giorno: sedersi accanto a persone più socievoli.