Lo dimentico così bene, quel tempo vuoto ma stracolmo nella testa,
finché una musica, di quelle che non senti più da tanto
(perché hai cambiato gusti, abitudini, ritmo)
e allora è come rigirarmi di nuovo in quel parco al pomeriggio o nel letto
di notte prima di dormire, guardando i fari disegnare sul soffitto
con lo stereo su vivaldi per costringermi a capire i violini -- sperando servisse
o su battiato per sentirmi intellettuale (e ovviamente delirare
su chi avrebbe superato le correnti gravitazionali)
(non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita)
[e naturalmente ho scritto / lettere / piene d’amore]