Quasi banale dire che la felicità sta nel compromesso, nell’addomesticare i desideri alle possibilità .
Ma a volte mi domando quanti desideri non sono mai nati perché palesemente irrealizzabili. Non dico desideri nati e poi scartati, parlo proprio di quelli che non si sono mai affacciati nella mente, quelli che quando te li nominano rispondi mah, no, non mi è mai interessato, non ci ho mai pensato, son cose che non mi attirano.
Più è vasta, quest’area di non-interesse, più è facile essere felici. Niente aspirazioni troppo ardue a realizzarsi, niente scontri con chi potrebbe ostacolarti, e nemmeno frustrazioni da noia o vita vuota, perché quel vuoto è condizione naturale, non mancanza di qualcosa – non si sente la mancanza di ciò che non si desidera. Basta quel che già si ha.
Io non ho molti interessi. Non c’è nessun posto dove voglia assolutamente andare, e nessuna cosa che vorrei assolutamente fare: posti e attività mi sembrano tutti più o meno uguali, interscambiabili, fa lo stesso, fa sempre lo stesso. Quasi tutti sognano un viaggio o hanno un locale preferito o una trasgressione da fare prima o poi – non so, salire di nascosto su una gru. Io no, non mi è mai interessato. Così, non ci ho mai pensato, son cose che non mi attirano.
Non mi attirano.
Non mi attirano.
Vero?
[E se avessi abortito per eccesso di prudenza anche qualche desiderio possibile?]
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