Ma se considerassi l’ipotesi

di essere felice anche da sola,
così,
solo perché apro la porta e lascio vorticarmi in casa la neve dei pioppi?

Cattiverie

Mi hai invitato ai tuoi ultimi compleanni? No.
Sei venuta al mio? No.
Sei venuta alla mia laurea? No.
Mi hai cercato negli ultimi anni? No.

Pagherò 15 euro per il tuo regalo di laurea?

No.

(Tutto ciò, senza rancore. Sono quei rapporti che si allentano così, naturalmente, senza traumi; magari un giorno capiterà di rivedersi, magari no, non importa. E anche io, dovendo fare un regalo costoso, avrei raccattato i conoscenti più remoti pur di raccoglier soldi, non è che mi scandalizzo. Solo, ecco, non scandalizzatevi nemmeno voi, se mi prendo la libertà di dire no. O almeno di chiedere uno sconto…)

[Tutta colpa di quei fogli sull’assertività]

Forse il punto

è smetterla di affannarsi per evitare la sofferenza,
inseguire strategie per aggirarla, ridurla, nasconderla,
sperare in una cura, un’ipnosi, o almeno un accomodamento.

Forse basta prendere un respiro, tuffarsi,
e restare sotto l’acqua tutto il tempo necessario,
centellinando il soffio, lentamente,
finché il vuoto schiaccia il petto e dopo ancora,
arrivando fino in fondo a soffocare.

Tanto dicono che non si muore,
anche i più indecisi, alla fine,
sono costretti ad alzare la testa.

Perdere

Strano tornare su quell’acciottolato. Via Zamboni vibra, si cavalca traballando, in uno slalom tra bici pedoni e persone che non voglio incontrare.

Detesto quegli incontri, sei costretta ai ma dai, quanto tempo, come stai, quando non te ne frega assolutamente nulla, ti fa male la schiena e hai il sole negli occhi.
Soprattutto, tu hai quei modi arrogantelli da piccolo fottuto vincente, e la cosa odiosa è che allo stesso tempo sei caldo e accogliente, anche gentile, non ti si può ignorare, né potrei ignorare la parte di me che si compiace a parlarti, perché purtroppo sei pure intelligente.
Ma sempre un piccolo fottuto vincente.

Almeno parlando con te ho potuto fingere di non vedere gli altri relitti dei tempi di lettere che si avvicinavano sotto al portico. Avrei dovuto spiegare per l’ennesima volta sì, è sotto scienze politiche, no, è un’altra triennale, sì, sono contenta. Della triennale.
Per il resto, una merda, grazie,

non mi ricordo più come si fa ad essere felici, ad essere leggeri, come quando riuscivo a descrivere quel portico con una certa poesia, invece che con questa acidità,

a volte ho paura di diventare in anticipo una frustrata incazzosa, praticamente
mia madre,

sono entrata al 32 per prendermi una bottiglietta d’acqua, sì la saletta fotocopie esiste ancora, e strano le macchinette vanno, oh no c’è un altro che conosco, fortuna che è al telefono,

ho letto un po’ di bacheche, gli annunci di conferenze pallosissime, e quell’aula a vetri adesso è occupata, prima era un magazzino, dice il cartello degli occupanti, ora ci siamo ripresi questo spazio,
non ho più nemmeno voglia di chiedermi se è giusto o sbagliato, sono stanca dei murales e dei piercing, fortuna che non c’entro più niente, questa strada è troppo arrabbiata, sono stanca della vostra rabbia,
sono stanca anche della mia,

e sono stanca di essere stanca, questo portico non promette più niente,

là in fondo non c’è che qualcosa da perdere.

My love life

my love life

Mattina

Che bello sapere di creare PANICO nel prossimo.

E: tutte le volte che mi metto a parlare con una, anche per una semplice conversazione, ho l’impressione che questa persona (ed eventualmente chi sta intorno) pensi che io ci stia provando con lei
I: uhm. Ed è vero che sotto sotto ci stai provando?
E: a volte si, a volte no!
con te non ci stavo provando! Con delle altre che erano li quel giorno non ci stavo provando
con delle altre invece si (in via teorica, come primo approccio distante)
ma in tutti questi casi
la mia testa diceva “ok, questa qui ha capito che ci stai provando” sia che ci stessi davvero provando o meno

I: ah ok
beh lo capisco, capitava anche a me, anche perché avevo sempre in testa l’idea – non so se giusta o sbagliata – che l’altro pensasse “oh no, questa cozza storpia sicuramente è sola e abbandonata e mi si sta incollando!”
E: in tutta onestà è quello che penserei io (anche se non penso “storpia” .-.) ma solo perchè io mi reputo una persona buona (ego smisurato) e quindi penso che certe persone, quando capiscono come io sono, vedono in me la salvezza XD

I: ahah beh grazie della sincerità! allora avevo ragione.. lo sapevo!
come faccio a non trasmettere questa immagine? o.O
me lo sono chiesta tante volte
E: a te chettefrega? sei fidanzata!!!
I: vabbè ma 1) non sono sposata, c’è sempre il futuro davanti :P 2) comunque è sgradevole pensare che gli altri mi vedano come una disperata in cerca di vittime

E: però in effetti
prima che tu mi dicessi di essere fidanzata
un po l’ho pensata
I: che ci provassi con te?
E: no, non provassi
che però fossi contenta delle mie “attenzioni”
e che eventualmente tu ti interessassi a me
quindi per un attimo ho avuto il panico del “oh no, e se succede davvero? Come me ne tiro fuori?!?”
poi però ho pensato “no, ok, è grande e intelligente, capisce anche lei che più di una botta e via non posso darle” ahahahaha
I: ahahahah
beh è molto interessante quello che mi dici
non tutti hanno la faccia tosta di dirmelo :D
quindi ti stimo.

Quando mi sveglio

passo sempre alcuni secondi con un senso di vuoto, di amnesia, come quando hai appena appoggiato una matita da qualche parte ma non ricordi dove, e ti guardi intorno un po’ smarrito. Io passo quei secondi cercando di ricordare, finché ecco, ecco di cosa mi dovevo preoccupare, allora lo stomaco riprende quella sua lieve, familiare tensione, un certo calore mi si sparge addosso, la fronte si contrae appena, un fiume di fotogrammi si svolge in un un istante, e mi riconosco.

Da accettare

Non so perché, ma i 24 anni sono i primi che mi sembrano davvero troppi. Avrei voluto avere più tempo, prima che arrivassero.

Prima che arrivasse il momento di rassegnarsi. Di essere in pari con gli esami, annusare il lavoro col tirocinio, annoiarsi alle feste, ostentare cortesia coi vecchi amici, uscire a coppie, amare per abitudine.

Almeno ho chiuso in bellezza. Un paio d’anni in crescendo e fuochi d’artificio finali, tanto per assaggiare anche le emozioni forti, in modo da poterle riconoscere, quando ne parlano gli altri.
Poi la normalità, coi suoi compromessi, la routine, le lenti grigie sull’autunno. E una felicità da accettare.