Diego

– Ho trovato il mio nuovo spasimante – ha scherzato una tipa, indicandomi qualcuno. Non capivo a chi si riferisse. Poi ho visto un ragazzo camminare strano, un po’ ingobbito.
– Chi, quello con la maglia azzurra?
– Lascia perdere, – ride. Ah, era una presa in giro, non avevo colto. Meglio, se lo scopo era riderne hai sbagliato indirizzo.

– Ciao, io s-s-s-ono D-iego – deve aver detto, venendomi incontro; o qualcosa del genere per presentarsi, non ricordo. Occhi azzurrissimi, baffetti, lineamenti da versione carina di un hobbit.
– Ilaria, piacere!
Porgo la mano, mi arriva la sinistra da stringere di sbieco. La destra è un po’ rattrappita sul corpo, sembra più corta. Parla strascicando le parole; mi domando se abbia solo qualche muscolo sballato o anche qualche rotella fuori posto. Ecco, io chiarisco presto le cose con un bello slego filosofico, cosicché si coglie che sono folle ma non in senso clinico; invece, quando c’è difetto di comunicazione, non è mai facile distinguere.
– Quan-n-n-ti a-a-a-nni h-hai?
– Diciotto – sorrido.
– Aah, allora s-s-s-ono vecchio, io n-ne ho v-v-v-e-e-ntitre
– Eeeeh sì… accidenti… proprio vecchio eh! Ti vedo già qualche capello bianco…
S’è proseguito un po’, ondeggiando in equilibrio precario sulle banalità di circostanza. E’ finito a sedersi accanto a me, abbondando in pacche sulle spalle e contatti fisici, in misura superiore alla norma. Mai avuto niente contro questo genere di cose, in fondo lo faccio anch’io.

– Io r-r-esto seduto q-q-ui con te, perché so come si sta
– …?
– Sì, anch’io sono s-s-s-tato in c-carrozzella… è brutto
Lui? Uno così mi dice ‘ste cose? Va’, una vecchietta ci può stare, una suora rincoglionita pure, ma non uno che sta più o meno sulla mia stessa barca. Panico. (E ora cosa dico? Cosa diavolo dico per smontarlo senza offenderlo? Beh, proviamo con la verità).
– Eh……… mah.. veramente, io non… cioè, in realtà…
– …In realtà s-s-s-tai bene così?
– Ehm, sì. Sarà che ci sono abituata, per me è sempre stato… è normale così, ecco… non ci faccio caso…
Al che mi allunga il quarto mezzo abbraccio del giorno, poi dice ridendo al rallentatore "sei una ragazza splendida" e frasi analoghe.

S’è schiantato a tredici anni, in bicicletta. Poi riabilitazione, logopedia e cose del genere. Adesso lavora a sparecchiar tavoli e pelar patate in non so bene che posto; ma lui vorrebbe fare il cuoco.
– Come m-m-mio p-padre… lui è m-m-meridionale e non fa il c-cuoco, fa il cuuuuuuuoco – sorride, stringendo tutte le u e le o, alla napoletana.
E’ partita una canzone; Ligabue o qualcos’altro che non so; e ha preso a canticchiare. Era strano, cantando d’improvviso non strascicava più le parole, fluivano naturalmente una dietro l’altra, seguendo la musica; forse perché era lenta, chissà.

– Ma tu lo fai il gioco? – gli ho chiesto; ché dopo si partiva per la caccia al tesoro per le vie del paese, soliti passatempi da azione cattolica.
– No…
– Perché?
– Mmm… no, m-m-meglio di no.
Ho fatto finta di credere che non gli andasse, per non fare l’assistenzialista anch’io. Ma avevo voglia di prenderlo di peso, appenderlo su una qualunque carriola con le ruote e trascinarlo via con gli altri.

[Penso che non lo rivedrò più: altro paese, altra parrocchia; è stato per caso. Mi andava di scriver di lui proprio per questo: perché, in qualche modo, potessi portarmelo via]