Dovevo vederla intorno alle quattro, da me. Ma per qualche motivo avevo deciso di vedere anche lui, poche ore prima. Con lui giravamo per uno sconosciuto angolo di città , ricordo un marciapiede assolato, andavamo verso qualche sorta di centro commerciale. Io iniziavo a guardare l’orologio. Lui parlava, ci dicevamo qualcosa, non so, era allegro. Siamo entrati nel centro commerciale, e la mia ansia cresceva.
Non avremmo mai fatto in tempo. Lui non poteva immaginare di dovermi riportare a casa così presto, lui pensava di avere davanti tutto il giorno, tutto il week end, tutta la vita. E io non sapevo come dirgli che avevo un appuntamento.
Dovevo trovare il modo di dirglielo, o tornando a casa si sarebbero incontrati sulla porta. Ma non sapevo come fare. Lui era così tranquillo, gironzolava tra gli scaffali.
Ricordo che a un certo punto piangevo, con la testa nascosta tra gli abiti appesi a un espositore. E lui era da qualche parte lì dietro, non so cosa dicesse, ma evidentemente gliel’avevo spiegato. Non sembrava poi troppo turbato. Mi caricò di nuovo in macchina e tornammo verso casa. Mi chiedevo se avrei fatto in tempo, o se l’avrei fatta aspettare troppo, se si sarebbero visti.
Poi l’immagine del cancello, il parcheggio, chissà se lei è già dall’altra parte, sulla mia porta.
Non ricordo come sia finito il sogno,
sempre che sia finito.
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