Lasciatemi in pace.

Non può essere che la mia felicità finisca – diciamo, venga sospesa – ogni volta che varco la porta della casa dei miei genitori.
L’ho aspettata per anni e non l’ho aspettata con le mani in mano, me la sono costruita a suon di compromessi, ho preso al volo ogni briciola di fortuna e l’ho piantata perché fiorisse. E ora non puoi minacciare di falciarmela via – se non mi dici dove stai ti verrò a inseguire – perché non dipende da te, perché non c’è quasi niente di te, sì, giusto il benessere economico di base e quel po’ di cultura che mi hai passato, per il resto l’ho tirata su nonostante,

nonostante la vostra soffocante ansia, nonostante i tentativi di aiutarmi asfissianti e completamente sballati, fuori fase, scollegati dei miei veri desideri,

che sarebbero semplicemente essere lasciata in pace, potermi godere finalmente, dopo anni inchiodata a un letto, a una stanza, alle vostre mani che mi portavano al cesso, potermi godere l’inebriante sensazione di essere sola.

Sola.

Dietro una porta che nessuno aprirà se non la apro io per prima.
Davanti a un paesaggio che potrò guardare per tutto il tempo necessario, senza che nessuno mi interrompa per assecondare qualche mio teorico bisogno che naturalmente non ho espresso.
Dentro una stanza che creo come mi piace, e dove ogni cosa rimane sempre come l’ho lasciata.

Non mi interessa se, dopo lunghe e diplomatiche trattative, potrei ottenere il rispetto della mia solitudine. Non mi interessano le promesse che tanto no, non verrete. Perché so molto bene due cose.

La prima è che avrei sempre, comunque, paura. Non potrei davvero fidarmi della vostra assenza. Le prime volte che uscivo di casa da sola continuavo a guardarmi le spalle, non mi sembrava vero che non foste dietro di me, ad accompagnarmi. I vostri maledetti cani da guardia me li avete infilati in testa da piccola e ora no, non usciranno più, ne sentirò i passi in fondo al cervello per sempre. Per vincere questa irrazionalità, ho bisogno delle certezze razionali più stringenti. Ho bisogno di sapere che no, in nessun modo potreste raggiungermi.

La seconda è che nessuna promessa varrebbe più della vostra ansia. Se per qualche motivo, vero o falso non importa, mi pensaste in pericolo, voi verreste. Considerando che mi credete in pericolo anche quando ho 37 di febbre, la cosa mi angoscia un po’.
Non sono così sola da non poter ricevere soccorso. Non abito in un igloo al centro dell’Antartide e molte, molte persone sanno dove abito. In caso di bisogno immediato, ho una lunga lista di persone autorizzate a occuparsi di me. E’ passato a loro il testimone, rassegnatevi. Il dopo di noi, tanto caro a te, mamma, nei tuoi bei convegni, me lo sono organizzato in modo efficiente. Mi sembra che abbiate più difficoltà voi a rassegnarvi a questo.

Lasciatemi in pace.