Cassaforte – 2

Poi ho trovato un quaderno a quadretti, più vecchio. Estate 1997. Avevo già una prosa notevole, tutti i verbi al loro posto.
La confusione era altrove.

Rita. Le prime pagine pullulano di Rita. Rita mi porta al mare, con Rita mi diverto in acqua sul materassino, Rita “accalappia tutti i bambini che trova in spiaggia” per farmi socializzare, avevo nove anni ma questo l’avevo già capito. Di papà, racconto una volta in cui giocavo a cavalcare la sua pancia. “Voglio uscire con papà per andare al negozio, perché deve esserci anche Rita? Ho detto di non farla venire con noi, lei diceva ma perché, io dicevo no, voglio solo papà, alla fine è venuta ma ha detto beh magari vado via a metà tragitto, ma io sapevo che chissà quando se ne sarebbe andata”.
La mamma non c’è. Cioè, c’è ma non la incontro, all’inizio non racconto mai nessuna diretta interazione con lei – a parte quando appare per dirmi di mangiare. E’ una voce: dà le regole, fornisce permessi.
Il 15 agosto sono triste, Rita ha la giornata libera, quindi non potrò tirare gavettoni a nessuno. La mamma, dalla sua sdraio, mi schizza con uno spruzzino; io raccolgo l’invito e le lancio un bicchiere d’acqua. Annoto: “avrà capito che oggi per me era una giornata persa, così ha voluto fare come se fosse una giornata normale, come se ci fosse Rita (o meglio, la sua presenza non è normale, ma ormai mi sono abituata) o come se avessi due genitori sani e spiritosi.

Sani e spiritosi.

A fine agosto festeggiano l’anniversario di matrimonio. Occupo pagine ad arrovellarmi su cosa regalare ai miei – ma quindi ancora gli facevo regali, all’epoca! – e riporto la battuta di un vicino: “a tuo padre? Regalagli una moglie”. Nel diario non aggiungo commenti. Forse all’epoca avevo solo intuito che poteva significare qualcosa di abbastanza importante per scriverlo, ma non sapevo bene cosa.
Ora un’idea ce l’ho.

[continua…]