Cassaforte – 3

Poi racconto degli scherzi che facevo – anche belli pesanti, da mandare in panico due poveri genitori. Leggevo troppi libri avventurosi con ragazzini ribelli e creativi, e dato che io non potevo arrampicarmi sugli alberi o giocare agli indiani nel bosco, mi accontentavo di chiudere in bagno il papà.
Non mi sgridavano troppo, in fondo. Solo se svegliavo la mamma, nascondevo oggetti o disfacevo la valigia appena chiusa.

Alcune cose erano ancora diverse da oggi, oltre che del tutto dimenticate. Un giorno Rita ha suonato la chitarra mentre i miei cantavano. Ho dovuto rileggere quel paragrafo due o tre volte prima di crederci.
E poi volevo ancora giocare con mio padre.

Sento rumori dietro la mia porta, papà starà posando il borsello sul comodino, è rientrato. Magari busserà per salutarmi e prendermi in giro come al solito, e io come al solito risponderò vattene, secondo il nostro abituale gioco di ruolo.
O forse potrei rispondere – c’è stato un attimo, un brevissimo attimo in cui avrei davvero potuto farlo: papà, perché la mamma non giocava quasi mai con me?

Perché da quando vi conosco dormite in letti separati?

Quand’è stato che ho smesso di parlarti?

E perché?