Come il respiro

Non credo che certi doni, siano questi della mente o del carattere, si possano pesare come lo zucchero o il burro; nemmeno a Cambridge, dove son tuttavia così bravi nel dividere la gente in classi e nel mettersi un cappello in testa e una quantità di lettere e iniziali dopo i loro cognomi. Tutto questo attribuire superiorità a se stessi e inferiorità agli altri, appartiene a quella fase scolastica dell’esistenza umana.

No, per quanto sia delizioso il passatempo di misurare, è sempre la più futile delle occupazioni, e sottomettersi ai decreti dei misuratori, il più servile degli atteggiamenti. Finchè scrivete ciò che volete scrivere, questa è la sola cosa che conta, e se conti per un giorno o per un’eternità, nessuno può dirlo. Ma sacrificare un capello della vostra testa, della vostra immagine, una sfumatura del suo colore, per far piacere a qualche direttore di scuola con un vaso d’argento in mano, o a qualche professore con il suo campione di misura nascosto nella manica della giacca, quello è il più vile tradimento.
(Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé)

Quindi, scrivete. E non badate a tutti quei solerti misuratori che non vedono l’ora di timbrarvi in fronte il loro insindacabile giudizio.
Ma non sto parlando solo dei professori – alcuni dei quali, forse, sono più aperti di quanto riescano a dimostrare coi loro balbettati boiamondo.
Più o meno tutti abbiamo l’innata tendenza a giudicare, etichettare, inscatolare gli altri in qualche comoda definizione. Ci si orienta meglio, dopo; le nostre quattro futili Verità si guadagnano la maiuscola e non si perde troppo tempo a interrogarsi.

Eppure qualche volta, mentre conservavo tranquillamente in tasca la mia verità, m’è capitato di sbattere il naso (cose che capitano spesso a noi De Bergerac) sul Portone davanti alla Personalità di qualcuno. Allora mi sono messa a cercare l’etichetta giusta – sicuramente c’era! Si trova sempre, un’etichetta. Ma poi… ho sentito qualcosa. Eh, a far proprio silenzio, si riusciva a sentire una voce, da là dentro.
Balle. Attaccaci ‘sto cartello al portone, anzi scrivici proprio "Rompicoglioni", così non ti verrà in mente di tornare da queste parti – ché in ‘sto quartiere abitano Personalità fastidiose. Però… però… forse…
Ho dato un’occhiata da una fessura. E ho visto un tale guazzabuglio là dentro – volgarmente, un casino incredibile  – che le mie fiere verità sono saltate fuori dalla tasca impallidite, fuggendo con la coda fra le gambe.
Allora ho bussato piano, qualcuno lentamente ha aperto, e io ho scoperto che è spettacolare viaggiare nella gente. Ma questa, è un’altra storia.

[Ho letto da qualche parte:
"La persona coerente difende ogni nazionalità, anche quelle che contano solo due persone.
Entra negli altri come il respiro".
…Ma affinché il respiro possa scivolare nella serratura di ciascuno, deve farsi sottilissimo e leggero, abbandonando la zavorra del giudizio.]