*** EPILOGO ***

I colleghi più stretti ci hanno salutato brevemente nella biblioteca con the alla pesca e qualche dolcetto. Mi avevano avvertito di invitare anche qualche paziente, se volevo, ma sapevo di avere ormai pochi inviti da fare: molti se n’erano tornati a casa, e ultimamente non mi ero impegnata per conoscerne di nuovi, forse per vaccinarmi dal distacco.
Solo più tardi sarebbero saliti a salutarmi Claudio e un altro ragazzo, uno che avevo conosciuto nei primi tempi del mio servizio e che ora, dopo vari mesi, tornava per un secondo ricovero.
La sera prima mi aveva fatto vedere le sue vecchie foto rimaste su facebook.
– Guarda in questa foto, si intravede una mia mano. Guarda che belle mani che avevo.
Mi ero impegnata a balbettare tutte le risposte banali che mi venivano in mente, sapendo benissimo che erano tanto vere – perché in realtà non ha affatto delle brutte mani, per essere un tetra è molto fortunato, è autonomo e riesce anche a camminare – quanto inutili. Sapevo che non potevo capirlo, che non potrò mai capire davvero com’è rimpiangere un corpo.

In biblioteca l’altro serviziocivilista, che finiva il servizio con me, ha letto ai colleghi un breve saluto colmo di buoni sentimenti che terminava con un salmo. Io l’ho improvvisato – il saluto, non il salmo – facendo ridere i colleghi ma tentando anche la sincerità: su quanto ho imparato, su quanto ammiro certe persone e l’ambiente di lavoro che hanno saputo creare.

La festicciola mancava di enfasi, anche perché l’addio era fittizio: mi hanno fatto un contratto a progetto, per cui continuerò a lavorare lì anche nei prossimi mesi.
Più “dietro le quinte”, probabilmente; d’altra parte come… consulente dei pazienti credo di aver fallito – troppo diverse le nostre vicende, un po’ maldestra io con certi tipi di persone – e viceversa ho scoperto di giocarmi ottimamente in altri ambiti.

Non dubito che, comunque, incontrerò di striscio un sacco di altre storie che mi affascineranno, degne di essere raccontate.

Ma ho deciso che non le racconterò, non qui, per un po’.

Ho dedicato un anno di blog alle vite in sopravvento sulla mia: ora, riguardo alla mia, ho sicuramente qualche arretrato da raccontarvi.

[…fine.]