Me ne sono accorta

all’improvviso, mentre poggiavo la mano sul bracciolo come al solito, per saltare sulla sedia. E’ stato in quel momento, mentre per scendere dal letto saltavo come un gatto su una sedia, come ho sempre fatto, come farò sempre. Stavo per andare in sala, dove papà, in pigiama, avrebbe soffiato sulle candeline del suo compleanno, e la mamma avrebbe scattato una foto mossa della patetica pantomima familiare. In due minuti tutto sarebbe finito, avrei lasciato nel piatto la mia fetta di torta troppo liquorosa e sarei tornata a chiudermi in camera.
Ma intanto, dicevo, vedendo la mia mano stringere il bracciolo, me ne sono accorta:

la mia vita è diversa. Lo è sempre stata e lo sarà sempre. Sempre. Ripeto l’anafora finché la parola perde il suo significato, disfandosi nei suoni: sempresempresempre. S e m p r e.

Quei due di là, che mi aspettavano per la pantomima, lo sapevano. Hanno scelto di far sì che un giorno, per festeggiare il compleanno di papà, io saltassi giù dal letto appoggiando una mano sul bracciolo di una sedia. Non accade a molti altri: loro due, trent’anni fa, hanno iniziato una vita profondamente diversa.

Anche il pensiero salta, e in un attimo dal sempre arriva al mai. Ci sono cose che non ho mai fatto. Che non farò mai. Che non saprò mai che effetto fanno.
E non mi riferisco alle molte banalità di scarso interesse cui probabilmente state pensando, come il modo di scendere dal letto.

Il vero rimpianto – l’unico forse – è che non potrò mai sperimentare davvero la tiepida, leggera sicurezza di chi si gioca tranquillo la vita e l’amore – magari d’azzardo, perdendo o scappando, ma almeno sapendo che potrà giocare con tutte, proprio tutte le carte che trova.

(E non restare per sempre incartato, aspettando quel Jack che ti manca per chiudere)

[E se fossero già usciti tutti?]