Niente da fare

Il Fatto Quotidiano è deludente.

1) Titoli gridati e quasi scandalistici – il che non è un male assoluto (potrebbe essere solo cattivo gusto) ma lo diventa quando, per gridare, si cade nell’approssimazione. E l’approssimazione non è perdonabile a un giornale che deve i suoi abbonamenti alla fama di Travaglio, il vate della pedanteria.

2) Articoli privi di qualsivoglia pluralità di punti di vista. Ho capito che vi documentate e sapete quello che dite, ma se c’è una divergenza di opinioni vorrei sapere anche le opinioni dell’altro. Poi dimostratemi pure che l’altro ha torto; però intanto voglio sapere cosa pensa.

3) Monotematico. La cronaca giudiziaria è interessante, ma l’ultimo inciucio di Gianni Letta mi riguarda meno delle leggi sull’Università, al momento. I fatti ci sono, sì, ma per lo più sono quelli utili ad alimentare la polemica politica, invece che a farci capire le cose.
Travaglio potrebbe spiegare alla perfezione le ultime leggi del Parlamento usando le stesse energie che ha impiegato per trovare le 17 (di numero) citazioni necessarie a dimostrare che D’Alema si è contraddetto.

4) Cattivo gusto e cadute di stile. Nei titoli, come già detto, e non solo. Ho riso, certo, sulla vignetta in cui Berlusconi parla peggio di un livornese, ma non erano propriamente risate compiaciute per la sottigliezza dell’ironia.

A sua discolpa: il Fatto Quotidiano deve “coprire un buco”, dando informazioni che gli altri non darebbero mai; perciò – anche visti i nomi dei giornalisti coinvolti – era prevedibile che si concentrasse sugli ambiti tipicamente afflitti da censura.

Altro punto a favore: i contenuti degli articoli sono, mediamente, molto più concreti e circostanziati di quelli cui siamo abituati, dove bisogna raggiungere metà articolo solo per capire di che diavolo si sta parlando.
A volte, ad esempio, il titolo grida qualche terribile scandalo, il tono dei primi paragrafi sembra convincerti che sì, sei di fronte a un’altra grave ingiustizia, ma poi, se leggi bene fino in fondo, il giornalista ti dà anche tutti i dati per dubitare. Ti urla che il servizio della Iene sugli immigrati uccisi dalla Guardia Costiera è stato oscurato, però riporta pure versioni molto contraddittorie sull’accaduto, chiarisce che il processo è ancora in corso e che via, in fondo pure le Iene stesse hanno convenuto che non è sbagliato aspettare la sentenza prima di mandarlo in onda.

Insomma, c’è qualcosa di buono, ma in fondo, troppo in fondo per un giornale che si millantava rivoluzionario per oggettività. E invece punta allo scandalo come tutti gli altri – se non di più.Il Fatto Quotidiano è deludente.

1) Titoli gridati e quasi scandalistici – il che non è un male assoluto (potrebbe essere solo cattivo gusto) ma lo diventa quando, per gridare, si cade nell’approssimazione. E l’approssimazione non è perdonabile a un giornale che deve i suoi abbonamenti alla fama di Travaglio, il vate della pedanteria.

2) Articoli privi di qualsivoglia pluralità di punti di vista. Ho capito che vi documentate e sapete quello che dite, ma se c’è una divergenza di opinioni vorrei sapere anche le opinioni dell’altro. Poi dimostratemi pure che l’altro ha torto; però intanto voglio sapere cosa pensa.

3) Monotematico. La cronaca giudiziaria è interessante, ma l’ultimo inciucio di Gianni Letta mi riguarda meno delle leggi sull’Università, al momento. I fatti ci sono, sì, ma per lo più sono quelli utili ad alimentare la polemica politica, invece che a farci capire le cose.
Travaglio potrebbe spiegare alla perfezione le ultime leggi del Parlamento usando le stesse energie che ha impiegato per trovare le 17 (di numero) citazioni necessarie a dimostrare che D’Alema si è contraddetto.

4) Cattivo gusto e cadute di stile. Nei titoli, come già detto, e non solo. Ho riso, certo, sulla vignetta in cui Berlusconi parla peggio di un livornese, ma non erano propriamente risate compiaciute per la sottigliezza dell’ironia.

A sua discolpa: il Fatto Quotidiano deve “coprire un buco”, dando informazioni che gli altri non darebbero mai; perciò – anche visti i nomi dei giornalisti coinvolti – era prevedibile che si concentrasse sugli ambiti tipicamente afflitti da censura.

Altro punto a favore: i contenuti degli articoli sono, mediamente, molto più concreti e circostanziati di quelli cui siamo abituati, dove bisogna raggiungere metà articolo solo per capire di che diavolo si sta parlando.
A volte, ad esempio, il titolo grida qualche terribile scandalo, il tono dei primi paragrafi sembra convincerti che sì, sei di fronte a un’altra grave ingiustizia, ma poi, se leggi bene fino in fondo, il giornalista ti dà anche tutti i dati per dubitare. Ti urla che il servizio della Iene sugli immigrati uccisi dalla Guardia Costiera è stato oscurato, però riporta pure versioni molto contraddittorie sull’accaduto, chiarisce che il processo è ancora in corso e che via, in fondo pure le Iene stesse hanno convenuto che non è sbagliato aspettare la sentenza prima di mandarlo in onda.

Insomma, c’è qualcosa di buono, ma in fondo, troppo in fondo per un giornale che si millantava rivoluzionario per oggettività. E invece punta allo scandalo come tutti gli altri – se non di più.