Storie

Passeggiando verso casa, stanotte, ho riconosciuto il vento di fine estate – e con lui, come sempre, i venti delle estati fa. Ma sono così insignificanti quei ricordi. Insignificanti, sono rimasti i segni senza significato: ricordo il segno, il contorno, appena la voce – ma il significato no, o meglio lo ricordo come segno anch’esso, come parole – tante, troppe parole! – spese e sparse, ma ormai parole senza più strette allo stomaco.

Invece – pensavo, stanotte che ero abbastanza felice – questo è il tempo delle storie, quelle che si raccontano. Anche molte amicizie diventano storie – non più condivisioni o progetti – ma storie da seguire a puntate distanti, sospese per mesi alla stessa pagina finché un incontro, un racconto, e ne leggi cento in un minuto. Dopo, in attesa del séguito, puoi solo sfogliare indietro, rivedere un passaggio, oppure fantasticare sui finali più diversi, con preoccupazione o speranza o affetto o solo curiosità di sapere se come vicenda sarebbe un buon romanzo, se la vita sarà più creativa di te.

Ché, alla fine, è quello che interessa. Sbirciare nelle vite degli altri come un apprendista nel laboratorio del maestro, acquattato per ore cercando di capire come diavolo si fa.