Do’ vai? – 2

– Do’ vai?
Vlad non mi parlava mai, come del resto parlava pochissimo con tutti. Però, quando vedeva che stavo per uscire dalla sua stanza o dal bar dove ci trovavamo, mi fermava sempre: “Do’ vai? Resta!”
Allora ridevo di lui, davanti a lui, e lo trattavo come un bambino o uno stupido. Gli spiegavo cosa avevo da fare, scandendo bene le parole e ostentando un’aria più scocciata possibile, per coprire malamente il fatto che, in fondo, il suo interesse mi faceva piacere. Prima di uscire mi voltavo verso Cesare o Dario, cercando complice solidarietà al mio fastidio, e quelli volentieri ammiccavano ridendo. Ormai era diventato una specie di gioco, quando stavo per allontanarmi lanciavo un’occhiata agli altri e stavamo ad aspettare la frase di Vlad. D’altra parte lui non faceva assolutamente nulla per camuffare il suo goffo corteggiamento, per cui noi non facevamo assolutamente nulla per camuffare la derisione.
Tengo a precisare che Dario e Cesare lo prendevano in giro con grande affetto, un po’ come si ride dei bimbi che inciampano o fanno un’espressione buffa. In qualche modo lui lo percepiva, e si lasciava mettere alla berlina.
Un giorno che avevano un po’ esagerato, però, sentii una specie di compassione per Vlad. Mi venne istintivo avvicinarmi per allungargli una mano sulla spalla. Ci ho ripensato subito e mi sono fermata, ma allo sguardo esperto di Cesare non sono sfuggita.

– Guarda, era partita pe’ faglie ‘na coccola – ha detto ad alta voce – poi s’è fermata pensando “meglio de no, che se lo tocco questo ce se fa ‘na pippa”…

In effetti era esattamente quello che avevo pensato.

Naturalmente Vlad aveva perso ogni attrattiva ai miei occhi nel momento in cui avevo scoperto che era rumeno e abbastanza ignorante, e quindi che il suo silenzio non nascondeva chissà quali affascinanti abissi interiori, ma una semplice difficoltà linguistica. L’ultima briciola di fascino se l’è bruciata quando l’ho visto imbambolarsi dietro ogni ragazza – ma proprio ogni – per cui il suo interesse per me è passato in fretta da lusingante a degradante. Anzi, ho avuto modo di deprimermi fuggevolmente riflettendo su quanto riuscissi ad attrarre soltanto dei disperati.

– Do’ vai? – mi ha chiesto un giorno, per la millesima volta.
– In sala informatica – ho risposto – c’è un signore che mi ha chiesto di insegnargli una cosa al computer…
– E quand’è che tu insegni computer a me?
– Eh… c’è il corso base, lo tiene il mio collega. Se vuoi farlo parlane con l’educatore…
РMa no il tuo collega, voglio farmi insegnare da te. Perch̩ agli altri insegni tu e a me no?
– Beh quel signore mi ha solo chiesto un favore, io…
– E se te lo chiedo io?

Al che mi è sembrato il caso di affrontare l’argomento schiettamente.

[…continua…]