Do’ vai? – 1

Tenero. Così ho pensato la prima volta che l’ho visto entrare in sala informatica. Magrolino, una faccetta pallida con gli occhi piccoli e la testa rasata rivolta un po’ in basso. Chiedeva al mio collega di imparare a usare il computer. Il collega ha cominciato a spiegargli cos’è il desktop, ma il magrolino l’ha subito interrotto: “E macchine? Non ci sono giochi di macchine?”

Per un po’ di tempo io e lui abbiamo incrociato più sguardi del dovuto. Al karaoke si teneva sempre lontano, a distanza di sicurezza dal microfono, ma senza mai andarsene. Oppure se ne andava e poco dopo ripassava, fermandosi di nuovo a guardare.

– …ma dico, potevo conosce’ un rumeno che ruba, stupra, e invece che m’è toccato? Il rumeno col lavoro in regola…
C’è voluto Cesare, con la sua affettuosa violenza, perché potessi conoscere Vlad – o almeno, perché gli sentissi dire qualche parola.
– E che cazzo.
“E che cazzo” era indubbiamente l’espressione italiana che Vlad aveva imparato meglio. La usava un po’ in tutte le occasioni, comprese le rare volte in cui si difendeva dalle prese in giro degli altri. Nella maggior parte dei casi, però, si limitava a sorridere scuotendo la testina rasata.

Quando vedeva passare una ragazza, sgomitava a Dario e iniziava a fissarla ad occhi sbarrati, seguendo l’ondeggiare del culo di turno finché non spariva definitivamente dal suo orizzonte. Dario si premurava allora di esprimere a voce i coloriti commenti che Vlad si limitava a pensare.
A volte ammiccavano fra loro, o si facevano dei segni che mi lasciavano un po’ spaesata, finché non individuavo l’obiettivo e finalmente capivo.

Non sono mai stata così consapevole di essere donna come nei momenti in cui tentavo invano di inserirmi nel cameratismo maschile che si era creato tra loro – o quantomeno di comprenderne al volo i meccanismi. Allo stesso tempo, non mi sono mai sentita così poco donna, vedendo con quanta tranquillità, man mano che si prendeva confidenza, Dario mi metteva a parte dei loro commenti senza vergogna. In più, non ero certo tra le ragazze che loro si voltavano a guardare.
In qualche modo ero uscita dalla categoria donne-mondo-a-parte-con-cui-censurarsi-e-apparire-decenti, ma ovviamente non potevo entrare in quella degli uomini-con-cui-condividere-istinti-su-un-piano-paritario. Cercavo allora un ruolo in quel limbo di mezze confidenze.

[…continua…]