Sono un po’ stanca,

stasera. Sono stanca di uscire dall’ufficio della preside sbattendo la porta, di dover strappare con le unghie e con i denti ogni brandello di libertà; sono stanca di saper argomentare alla perfezione un’arringa ciceroniana su qualche argomento filosofico, per poi sentirmi crollare la voce quando si parla di me. Sono stanca di litigare con dei muri sordi, di spiegare perché non posso fidarmi di chi dice “sì sì è accessibile” senza sapere di cosa sta parlando, di essere guardata dall’alto in basso, protetta, tutelata, assistita e sistemata da chi sa cos’è meglio per me ancor prima di chiedermelo. Niente per noi senza di noi.

Ma sì, domani mi passa e si torna a lottare, a incazzarsi, a cercare circolari su internet – perché non cambierà, sai, anzi sarà sempre peggio, meglio che ti abitui alla gente incapace. E poi sei una con le palle, tu, certo che te la caverai, sai difenderti e sai attaccare – è una vita che ti alleni contro i mulini a vento.
Già. Però oggi – solo per oggi, dai – avrei voglia di sfilarmi l’armatura, deporre le armi per un po’, prendere in prestito il corpo di qualcun altro e, semplicemente, fare quel che fanno tutti.