Ora spetta a loro – 4

Cesare, indubbiamente, aveva vissuto tutto quel che poteva; prima e anche dopo – perché, come diceva lui, era molto più facile fare il paracadutista nei NOCS che arrabattarsi ora tra le sue quotidiane sfide di sopravvivenza.
– Ci hanno dato solo una vita – cantava spesso – soddisfatti o no, non rimborsano mai…

Più tardi, in ascensore, ha appoggiato la fronte sul mio manico.
– Ehi, non mi morire qui però – ho scherzato.
– No… no… non voglio morire – ha risposto.
– …Ma come… prima dicevi di sì – l’ho sfidato, sorridendo.
– E’ che… è che forse devo – ha mormorato, dopo un silenzio. – Ma vorrei vivere…

Mi ha fatto compassione, nel senso etimologico del termine, questo suo oscillare incerto tra umanissime paure. Non so poi se lo pensava davvero, o se l’aveva detto solo perché in ascensore c’erano anche Vlad e Dario, e di fronte a loro non voleva arrendersi.

La sera seguente però ne ha riparlato, mentre eravamo tutti in camera. Stava seduto sul suo letto, a petto nudo come al solito, coperto sotto dal lenzuolo. Avvertiva del fatto che non gli piacciono i fiori, mai piaciuti, lui al funerale vorrebbe tutti con bandierine tricolore. Vlad e Dario non rispondevano.
– Io te la porterei la bandiera – gli ho risposto io, inghiottendo qualcosa.
– Ma smettila, no parlare di queste cose – è intervenuto Vlad, infastidito. – Noi ti veniamo trovare, eh, Marisa ci porta con macchinone tutti ad altro ospedale, vero? – ha chiesto, rivolto a me.
– Non l’ho mai pensato in sei anni – ha ripreso Cesare, con voce stanca – ma stavolta spero davvero che sia un biglietto di sola andata.
C’è stato un silenzio.
– Ehi.. poi come fanno loro senza di te – gli ho detto tentando un sorriso, mentre accennavo ai suoi… figli adottivi.

– Io gli ho dato la mia favola – ha risposto, tranquillo. – Ora spetta a loro portarla avanti.