Ora spetta a loro – 3

Anche quando ho sfogliato l’ultimo foglio di verità – e ancora mi chiedo se non ce ne sia un altro più sotto – non mi sono sentita abbastanza ingannata da smettere di essere solidale con Cesare. Per quanto sia stato reticente sui dettagli, magari vittimista per sembrare più innocente, non ha in effetti mai mentito sulla sostanza del suo agire: la volontà di far del bene a quei compagni di stanza e di sventura. E se c’è una cosa sicuramente falsa, è che questo sia stato per loro un cattivo esempio.

Per alcuni giorni, Cesare è stato male. Una sera dormiva, con la luce già spenta, quando l’abbiamo visto alzarsi di scatto, in silenzio, aggrappato al letto. Io ero vicino al letto di Vlad, parlavamo sottovoce. Cesare si è piegato su se stesso in modo strano, senza far parola; è rimasto lì sospeso per un tempo eterno sotto i nostri sguardi, poi è crollato di nuovo sul cuscino.

Qualche giorno dopo è riuscito ad alzarsi, e abbiamo ripreso a gironzolare per l’ospedale. Una volta, nell’ora del crepuscolo e delle zanzare, ci siamo piazzati davanti all’entrata del parco, ormai sbarrata. Lui sembrava relativamente in forma, scherzava come ai primi tempi, giocava col povero Vlad e la sua rumenità, raccontava le sue storie. Ha catturato la nostra attenzione raccontando di quando coi NOCS cercarono di liberare un sequestrato, e finì ammazzato quel noto Samuele ch’era suo compagno e lui chiama per nome.
Poi gli altri si sono allontanati, tornando dentro l’ospedale a verificare una scommessa – è o non è quella la finestra della nostra stanza? – così sono rimasta sola con Cesare. Lui deve aver detto qualcosa di inutile cercando di ingannare il silenzio, ma non ci riuscivamo. C’era una sola domanda che volevo veramente fargli, da qualche tempo.

– E’ vero che nell’intervento di venerdì hai l’ottanta per cento di probabilità di morire?
– Sì – ha annuito. – E spero che sia vero. Non è che non ho lottato, so’ sei anni che lotto… ma con ‘sti dolori non si può – sospira. – Non avessi dolori mi godrei benissimo la vita anche così eh… è ‘na cosa così bella la vita… dicono ch’è un dono, mo’ io non lo so se è vero.. ma è bella – ha detto, fermo, con la convinzione di chi l’ha vissuta davvero. – Però così non posso continuare, nun posso sta’ male pe’ sempre…

Non ho avuto il coraggio di contraddirlo, né di guardarlo. Allungavo lo sguardo piuttosto sulla striscia di cielo tra l’ospedale e gli alberi del parco, seguendo la virgola nera di un paio d’ali che planava piano contro la brezza azzurra; e pensavo che sarebbe stato bello comunque.
Bello. Di quella bellezza semplice ch’è propria delle cose naturali, dei prati incolti, della neve fresca, delle donne senza trucco e della gente che muore dopo aver vissuto.

[…continua…]