E quindi non vedrò più

quella testa bianca di ceramica sullo scaffale, i tre quadri alla parete – ne ripassavo i ghirigori con lo sguardo trascorrendo purgatori di minuti-anni – sopra le sedie imbottite e incorniciate d’oro finto-antico

e sopra i seduti ad aspettare, espìanti ciascuno un peccato originale (proteici ammutinamenti, ore gobbe su scrivanie) in attesa di giudizio (un’infermiera chiamerà alle porte, stenderà sul muro le ossa controluce)

Spìavo auspìci nelle facce di chi usciva, come la sentenza fosse un voto dipendente dall’umore – invece che da … ? – sgranando occhi e rosari in tasca

Finché i saluti, lui dice puoi fare quello che ti pare, mamma dice grazie per questi anni (saranno almeno quindici, da quando ha cominciato con mia sorella – saprà anche lei i ghirigori in sala d’attesa?), io salto giù dal lettino

e vado a fare quello che mi pare.

[“Prossima visita solo al bisogno”]