Fruscii sordi

Alcuni li leggo da lontano. Ad altri passo accanto, in altri ancora mi rimescolo come loro non sapranno mai.
Molti ne parlano, si lamentano, a volte si arrabbiano di trentennali frustrazioni; qualcuno invece pare quasi non saperlo, o non osa dirselo per sopravvivere – ma lo sa bene chi li guarda, che resteranno soli.

C’è un bel cielo freddino là fuori, qualche nuvola dietro le gru. Io trameggio i miei progetti quotidiani, scaldata da un piumino, una famiglia adottiva, qualche amico e un pugno di attese. La felicità è una cosa semplice.

– Tu lo senti?
– Cosa?
– Ssst. E’ come un fruscìo sordo
– Una metropolitana sotto terra
– Una fogna che gorgoglia
– Un fossato di Malebolge
– La corte dei miracoli stipata in dentro un pozzo
– O una cantina di bambini muti
– costretti a cucire palloni
– con cui non giocheranno
– Lo senti?
– Sì. E’ come un fruscìo sordo, un mormorare
– Ma è un giorno così bello
– Già. Le nuvole, dietro le gru
– Loro non possono vederle
– E io non posso non sentirli.

[Scoramento da felicità non condivisa]