Affollamenti

Pensavo.

Pensavo come si pensa col portatile sopra al piumino e fuori una mezzaluna tagliata dalla tapparella, dopo un giorno di (poco) studio e prima di un giorno di (tanto) girare, alla fine di una settimana passata a rimbalzare nel mio flipper irrequieto di facce accenti ritardi abbracci.

Pensavo: non scrivo più di nostalgie. Eppure sono qui, ce le ho tutte sedute sul lettone. Qualcuna mi condanna perché l’ho abbandonata. Qualcun’altra dice che ho perso un’occasione – e sento ancora le mani addosso. Altre ancora mi sorridono coi contorni morbidi di una foto mossa, invitandomi a chiuder gli occhi e galleggiare tra sfumature tiepide.

Pensavo: c’è quest’affollamento di settembre. A ottobre sarà il picco, le lezioni che tornano e la gente che ricomincia, ops, le lezioni che ricominciano e la gente che torn… ma no, ho detto bene, la gente non torna mai. Mai davvero.

E’ senz’altro tutto molto promettente, possibile, aperto ed intrigante.

Ora ci vorrebbe anche qualcosa di importante.

[Buffo, ho scritto tre paragrafi sui tre tempi, e guarda un po’ qual è il più lungo]