è un concerto dei Sigur Ros (a che serve drogarsi, quando si può chiudere gli occhi e sentir vibrare la pedana di legno e i bassi dentro le ossa e i flash oltre le palpebre e i coriandoli sparati sulla gente e l’alternarsi – così vero – di tromboni scanzonati, battimani follettosi e cosmica acutissima malinconia?)
un ritorno a Ponte Vecchio, molti anni (sì, sempre di quelli che si contano in sé stessi lasciati alle spalle) dopo quella fotografia
tre virgola tre chilometri di solitaria libertà
e un tè freddo in un bar vuoto lungo l’Arno – con Rino Gaetano a deridermi dall’altoparlante, per non farmi poetar troppo sul paesaggio.
(Sigur Ros, Fljotavìk)
(…Ma non vi viene da piangere? é.è)
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