Giusto adesso

che c’è l’estate appollaiata alla finestra, ed è abbastanza notte perché salga solo lei e nessun rumore – tranne Gaber, piano piano, che dal computer si domanda quando saprà amare –

e che si parla a una cornetta sul lettone a luce spenta, di tutto e niente, per compagnia – e una strana dolcezza, a capolino fra l’ironia

càpito su foto d’altri tempi – e paure, innamoramenti – tirando nuove righe su nomi vecchi,
come cancellando voci nell’elenco dei "da fare", – qui invece, soltanto, da lasciare.

(Ma lasciarsi non come decisione: depennare è una constatazione,
amichevole
come dopo un incidente
un signore distinto a bordo strada,

che cortese esponga la dinamica dei fatti
con metà corpo spezzato ancora dentro le lamiere.)