Festa

regali sparsi

Credo di essermi divertita a una festa per la prima volta in vita mia.
Ho cercato di intristirmi un po’ con l’intramontabile malinconia post-baldoria, vagando nella desolazione di bicchieri rovesciati e bottiglie vuote; raccontandomi, che so, qualcosa di poetico sul tempo che fugge, o mettendomi a contare gli invitati disertori e quellicheavreivolutoinvitaremaèinutileormaisonopassati. Ché ci avevo pensato, alla festa utopica dei diciott’anni in cui riunire idealmente tutti quelli a cui ho voluto bene (ma pare che loro siano già riuniti, in qualche posto dentro di me).
E invece poi ho alzato il volume, e ho cominciato a gironzolare per la casa vuota, cantando Gli anni e raccattando monnezza.

Cosa vuoi, il tempo passa per tutti lo sai
nessuno indietro lo riporterà neppure noi…

[Andare alla coop sotto la neve, fare il carrello tenendo in braccio sei birre, le amichevoli prese per il culo all’AC, Luca che schitarra per due ore di fila, Sandro che mi vuole convincere di essere intonata, le candeline che mi hanno obbligato a mettere, il brachetto che in fondo non fa troppo schifo, i sangiacomini che mi regalano Einstein, il braccialetto che non porterò mai o forse dovrò per non essere scortese, tacere ascoltando gli spettegolamenti altrui, ammucchiarsi in quattro sul lettone, l’Ele che parla nel sonno, il tè verde al mattino, Aldo Giovanni e Giacomo in divx, il rum che ho nascosto nell’armadio. Ecc, ecc ecc. ]