Sottofondi

[Guardando mafie su youtube] 

Non possono metterci come immagine quel mare al crepuscolo e i promontori-ombre e le lucine tremolanti naviganti attorno a un molo – perché poi ci vuole un attimo a immaginarci là seduto qualche vecchio e una storia raccontata in un dialetto che ricordo – anche se forse ormai non so più dirlo.
Non possono coprire la mia storia con un’inchiesta in buona dizione – ditela per carità, e gridatela! ma inserite nel filmato che so io, una morta cattedrale nel deserto, un casermone rotto, un bidone rovesciato di benzina – lasciate stare il mare e i moli e la mia immaginazione.

Eppure questo è il modo vero: nessun paesaggio – dei miei – è mai rimasto solo a lungo. C’era sempre un grido – a manciari! – prima o poi, una bestemmia per il gioco a carte, una sciarra contro il nonno pedi pedi; una rete prima delle rose, una palma troppo grande in mezzo alla visuale, gelsi in terra ad impestare i passi, un flautista morto per errore.

– Non voglio cascate, Edel, ma la pace di un lago, non voglio querce ma betulle, e quelle montagne in fondo devono diventare colline, e il giorno un tramonto, il vento una brezza, le città paesi, i castelli giardini. E se proprio ci devono essere dei falchi, che almeno volino, e lontano.
– Si; ho capito. C’è solo una cosa: e gli uomini?
Il barone tace. Osserva tutti i personaggi dell’enorme tappezzeria, uno ad uno, come a sentire il loro parere. Passa da una parete all’altra, ma nessuno parla. C’era da aspettarselo.
– Edel, c’è un modo di fare degli uomini che non facciano del male?
Se la deve essere chiesta anche Dio, questa, al momento buono.
– Non so. Ma ci proverò.