Sul ponte

– Beh, che fai qui?
[Sguardo stupito ponte sul fiume alberi grigi]
– Penso
[Anatre sballonzolano sulle increspature. Perplessità su una fronte.]
– A?
[Si appoggia alla balaustra e si volta]
– Alle ingiustizie irrisolvibili.
[E’ netto il "punto" a fine frase. Sconcerta l’inaspettata gravità. Due sopracciglia cercano febbrilmente l’espressione adatta – in fondo alla testa, il tonfo di un crollo e l’allarme: improvvisabreccianellemura – Attenzione, Verità!]

– (omissis)…e nessuno potrà mai amarlo sinceramente.
(Nessunonessunonessuno divineràtoccheràeviterà conbastanteallarmebastanteamore)

[Sale umidità, ho male alle ossa. Dimmi almeno che, sgrana almeno gli occhi, commuoviti, o qualcosa di umano, dai.
[Anzi, contraddicimi. Dimmi che non è vero. Qualcuno suona uno strumento a fiato in un punto lontano del parco, scivolano ripetitivi arpeggi appena sopra i versi e l’acqua e le foglie.
[Invece nemmeno tu sai rispondere, non è così?
[Certo che finiva con un punto, ma era una domanda, no, era una preghiera. Chissà quell’albero che pende sul torrente da quanto tempo sta lì.
Non seminano, non mietono, ma il padre vostro che è nei cieli. L’albero è ancora lì e vive in un suo strano modo, senza bisogno di essere amato. Che cosa buffa e pacifica, essere piante. Fa freddo e mi stai guardando. Le tue sopracciglia cercano ancora un’espressione poco sperimentata.
[Socchiudi due labbra asimmetriche, stai per dire qualcosa di inessenziale. Fa’ che sia intonato col ripetitivo arpeggio e i versi e l’acqua e le foglie, fa’ che sia reale. O almeno caldo.
[Sto nettamente percependo di esistere, e di esistere in un meccanismo guasto all’origine, insieme ad altre esistenze guaste condannate per sempre ad ondeggiare sui piedi con in mano una baguette.]

Scendendo dal ponte non c’era più nessuno, ho fatto tardi. Né c’era stato nessuno sopra al ponte, a dire il vero.