Un vecchio

grassotto e curvo, coi baffi, che zoppica sul suo bastoncino da passeggio. Stretta sottobraccio, ripiegata in una custodia di cellophane, una bandiera tricolore. Lo osservo; c’è una scritta sopra, intravedo "eroic" e penso a un nostalgico della resistenza, magari un po’ spostato. Ci starebbe bene, nella fauna di ottantenni ex DS che (s)popolano la riunione di circolo del Partito Democratico.

Si avvicina al tavolo sul palchetto, armeggiando col suo cellophane. Nessuno lo ferma, l’uomo al microfono gli rivolge uno sguardo abituato di sorridente compassione. Qualcuno chiama il vecchio con un nome inequivocabilmente siciliano; poi spiegheranno che da anni s’è trasferito qui. Quello apre il cellophane, estrae un rotolo di scotch da pacchi, e voltando le spalle all’assemblea, incurante dei discorsi, attacca la bandiera davanti al tavolo. Appena s’allontana e torna al posto, qualche collo si allunga, e mormorando legge sul tricolore: Falcone Borsellino e l’eroica scorta.

Uscendo, mentre l’ex segretario DS mi spiegava a cosa servono i circoli di partito, viene a interromperci, e un po’ stizzito gli domanda biascicando: E la mafia? Quand’è che il Partito Democratico parla di mafia?

Non ho ascoltato la risposta del segretario, che lo assecondava con divertito affetto.
Ero troppo impegnata a guardare quest’uomo goffo coi baffi bianchi, il bastoncino e lo sguardo vuoto, incastrato su un brandello di memoria in loop; immaginandomi che vita avesse avuto, se li conosceva, se la mafia gli ammazzò qualcuno – qualcun altro, dico, oltre alla pace della sua vecchiaia.