Natale drogato

[Pantomime]

La tovaglia bella, i calici, troppe posate per il poco che mangeremo. Quattro sconosciuti al tavolo tondo.
Mamma ha il raffreddore ma sorride e ostenta efficienza; si segna, improvvisa una preghiera banale – non guardo negli occhi nessuno; avranno notato che quest’anno una figlia in più evita il segno della croce?
Papà si adegua alla finzione, ma senza iniziativa, con una specie di ironica stanchezza.
Mamma è garante dei riti, zelante addetta al perpetuarsi dell’infanzia, perché da vecchi finalmente si può non vergognarsi – bisogna mettere il bambinello nel presepe, bisogna metterlo, e i re Magi sul cammello, da dove li facciamo partire?
Si mangia in fretta, quasi in silenzio; mia sorella finisce prima e si getta sotto l’albero senza aspettarci, mimando gridolini di giubilo da preadolescente. Mia sorella ha 28 anni. E sono sicura che, fuori di qui, li dimostra.
Papà sta al gioco, ironizza scartando l’ennesimo pigiama, s’adatta al buffo ruolo di cane bastonato.

[Incoscienza]

Coi regali arriva l’inadeguatezza – proprio quei maglioni, mamma, perché? – e con i siparietti squallidi la solitudine natalizia - ci sarà qualcuno su msn almeno, un qualche abbraccio non scritto nei ruoli? – Ma pare sia così difficile… (poi qualcuno arriva, e lo ringrazio).
Rispondo agli sms d’auguri – a quelli pensati, ché a quelli standard basterà uno squillo standard – e m’arriva un sorriso nel letto.
Perdo tempo e mi lascio perdere dal tempo, mi alzo a mezzogiorno, galleggio su internet – può andare come droga, tra i modi per stordirsi è il più sano – naufragando a caso in cerca di qualcuno che non so – si sa mai, chi ci trovi dietro un clic.
Lo studio lo rimando, e non ho più messe a cui andare. Quella di don M. in ospedale era l’unica che valeva, forse, e forse per te ci sarei andata, lì tra i semimorti, dove si zittisce ogni orgoglio, quello cristiano e quello ateo, per non interrompere nemmeno coi pensieri il singhiozzare dei commossi – ma non mi hai più chiamato, e io nemmeno.

Quello era un buon vaccino al mio pigro egocentrismo, al vittimismo della noia che ora mi schifa – via, me lo son concesso ‘sto Natale per aver conferme e un po’ d’attenzione - ogni tanto bisogna regalarsele – e per scaldare in una volta tutto il freddo accumulato.

Domani però metto la sveglia e mi obbligo a uscire di casa, o a gennaio mi troverete suicidata per un’unghia rotta.